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   13 agosto 2023 - XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

Ivan Aivazovskij:  Gesù cammina sull'acqua (1888)

Collezione privata

PRIMA LETTURA (1Re 19,9.11-13)



In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore».

Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.



SALMO RESPONSORIALE (
Salmo 84)


Rit. Mostraci, Signore, la tua misericordia.

 

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

 

 

SECONDA LETTURA (Romani 9,1-5)


Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.

Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.

Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.




VANGELO (Matteo 14,22-33)

 

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.

La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».

Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».

Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».



 

In altre parole…


In genere, l’”orazione colletta” della liturgia domenicale esprime in preghiera  quanto la Scrittura consente di comprendere e di tradurre in pensiero e in azione: che l’incontro di preghiera sia fonte  di quanto crediamo e operiamo rimane sempre vero! Ma questo non solo riguardo alle parole che ascoltiamo, quanto piuttosto per l’esperienza condivisa del credere, per la percezione e sensibilità di fede dei credenti (“sensus fidei” o “fidelium”): qualcosa che non è automatico o formale, se prima non viene suscitato, alimentato e maturato in un clima e ambiente di comunicazione aperta. Ciò a cui dovrebbe portare l’ascolto e la predicazione della Parola di Dio: al primato reale del “Popolo sacerdotale”.

 

Nella seconda “orazione colletta” di questa domenica si chiede al Signore del cielo e della terra di poter riconoscere la sua Parola “nelle profondità dell’uomo, in ogni avvenimento della vita, nel giubilo e nel gaudio del creato”. Ci ritroviamo coinvolti in una comunicazione totale, a 360°, ed è quanto ci è testimoniato dalla vicenda e dalla figura del profeta Elia, che si rifugia in una caverna sul monte Oreb e che risponde in questi termini al suo Signore: “Io sono stato mosso da una grande gelosia per il Signore, per il Dio degli eserciti, perché i figli d'Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita”.

Non basta però limitarsi a cogliere il simbolismo del vento gagliardo, del terremoto, del fuoco e infine del “sussurro di una brezza leggera”, se prima non si tiene conto del messaggio che è Elia stesso, e che è decisivo, se Gesù stesso dirà di Giovanni che “egli è quell'Elia che deve venire” (Mt 11,14), e se il richiamo ad Elia è continuo nei vangeli. Siamo messi davanti alla necessità di camminare innanzi al Signore “con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto” (Lc 1,17). Quanto sarebbe necessario ritrovare lo spirito e la forza di Elia per far fronte ad una crisi epocale di fede in una società idolatrica più di quanto non si creda.

Ritrovarsi rifugiati in una caverna, al di fuori dei tanti conflitti e delle grandi folle, è come un invito a ricercare in solitudine la presenza del Signore, ma anche per ricevere forza e insieme l’avvertimento che lo zelo non deve tradursi in violenza ma in mitezza. Quando Gesù, dopo il grande evento della moltiplicazione dei pani, congeda la folla e sale sul monte solo a pregare, non è per consentirsi una pausa, ma per riportarci al senso stesso del suo agire, alla sua fonte e alla sua ragione ultima. Non senza aver prima costretto i discepoli riluttanti a prendere il largo e andare altrove, ad evitare che si lasciassero andare all’entusiasmo e si unissero al grido della folla che lo voleva re: vuole che anche loro diventino strumenti  di salvezza al di là di eventi prodigiosi.

La barca su cui erano saliti è agitata dal vento, ma non sembra questo il motivo del loro sconvolgimento, quanto piuttosto vedere qualcuno camminare sul mare come un fantasma. In realtà era lui, che li aveva costretti a precederlo all’altra riva, e che però li rassicura dicendo loro: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”. Non per questo si sentono rassicurati, tanto che Pietro sembra dare sfogo all’entusiasmo represso e, pur nel dubbio, è pronto a lanciare la sua sfida: dimostrami che sei tu, dando anche a me la capacità di poter venire da te sulle acque!

Gli è accordato e si incammina, credendo che bastasse questa autorizzazione per riuscire nell'impresa. Ma è preso dalla paura a causa del vento forte e, per quanto uomo esperto, sta per affondare, per cui cambia tono e grida “Signore, salvami!”. È anche questo salvataggio che gli fa capire cosa vuol dire essere pescatori di uomini. Si rende conto che nonostante tutto l’entusiasmo, alla riuscita della prova era mancata la partecipazione attiva da parte sua: in sostanza la fede necessaria, questa condivisione di vita e di forza fino alla immedesimazione con chi alla fine ci afferra per la mano per salvarci dalle acque.

La fede in effetti non è semplice adesione mentale o affidamento episodico in vista di qualche beneficio passeggero: è abbandono totale per una salvezza totale, almeno nella sua espressione piena. È a questa pienezza che Gesù vuole portare i discepoli, che da parte loro non possono non prostrarsi davanti a lui e riconoscerlo Figlio di Dio, con la consapevolezza e convinzione possibili al momento. Questa salvezza, lo sappiamo, è l’assillo quotidiano di Paolo non solo per le sue chiese, ma anche per i suoi fratelli israeliti, suoi consanguinei secondo la carne. È per tutti, Giudei e Greci!

È questa la passione che egli vive secondo la verità in Cristo e la testimonianza nello Spirito Santo, con grande dolore e sofferenza continua, al punto che sarebbe disposto a separarsi lui da Cristo se questo potesse essere di qualche vantaggio per coloro con cui condivide le promesse e le premesse di questa salvezza. Appunto gli Israeliti. È la passione che era di Elia ed è il fuoco di cui brucia Paolo: qualcosa che dovrebbe tornare ad infuocare e fondere i cuori dei credenti in Cristo, che trasmette così la sua passione: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,49). Qualcosa che non può essere fuoco di paglia, sia pure di grandi manifestazioni. (ABS)


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