26 marzo 2023 - V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)

Caravaggio: Resurrezione di Lazzaro (1609)

Messina, Museo Regionale

PRIMA LETTURA (Ezechiele 37,12-14)

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele.

Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio.

Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 129)


Rit. Il Signore è bontà e misericordia.

Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.

Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.

Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.

Più che le sentinelle l’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.

SECONDA LETTURA (Romani 8,8-11)

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio.

Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.

Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.


 

VANGELO (Giovanni 11,1-45)

 

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

 

In altre parole…

 

Bisognerebbe vincere la forza gravitazionale che ci fa girare tutto intorno come singoli e come soggetti comunitari anche per quanto riguarda il nostro mondo religioso! Ed anche nei confronti di un Dio che parla al suo Popolo siamo preoccupati di capire ciò che fa al caso nostro e ci torna, interessati a ciò che eventualmente siamo chiamati a fare per essere a posto. Passa in secondo piano il fatto che sia un Dio a parlarci e quanto vuol farci capire di sé, per portarci nella sua orbita, nel suo Regno. Da parte nostra è sempre la paura a dominare, con la preoccupazione di farsi accettare. La storia del fariseo e del pubblicano al tempio non è solo un esempio morale di umiltà e di pentimento, ma è rivelazione del modo efficace di “pregare” o di rapportarsi a Dio: sapere se conta quanto noi facciamo davanti a lui o conta quanto lui è e fa per noi. Non basta però il semplice consenso di principio a questa verità, se essa non diventa spirito, mentalità e costume di chiesa, modo di essere al mondo da credenti!

 

In realtà siamo davanti a un Dio intenzionato ad aprire i nostri sepolcri e a farci uscire dalle nostre tombe: a volerci fuori da tutte le nostre depressioni, da tutti i nostri immobilismi, da tutte le nostre chiusure e nascondimenti. Se ci prestiamo a questa sua opera e ne facciamo viva esperienza, allora riconosceremo che egli è il Signore, ci renderemo conto di quanto opera in mezzo a noi: perché farà entrare in noi il suo Spirito e vivremo una vita nuova con la stessa efficacia della creazione. Perché continuiamo a vedere la vita cristiana fatta di altro e ridotta ad uno sterile gioco abitudinario di parole parallelo all'esistenza quotidiana?

Non possiamo sottovalutare o disattendere il fatto che l’orizzonte in cui si inquadra tutta l'esistenza cristiana e quindi della chiesa è il “dono di Dio”, il Verbo fatto carne, in cui “era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,4), e che ci dirà: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Ma è chiaro che per parlare di vita e tanto più di resurrezione non bastano insegnamenti o dichiarazioni, se non si viene introdotti a viverla, e quindi a condividerla con lo stesso uomo Cristo Gesù. Non si tratta di belle costruzioni spirituali in cui rifugiarci, ma di reale sequela per le strade del mondo, là dove egli è con noi tutti i giorni.

Nel suo incessante passare tra la gente non fa che dimostrare d’essere lui in persona la via, la verità e la vita. E dopo incontri “casuali” con estranei e sconosciuti (Samaritana, cieco nato…), ecco l‘incontro con la morte, ma questa volta si tratta di una persona cara, di Lazzaro, “colui che egli amava”, di un suo amico. Le sorelle Marta e Maria si premurano di fargli sapere della malattia del fratello, ma non per questo egli si precipita, obbedendo ad un proprio umano sentimento e alle attese che ci sono intorno. Evidentemente egli rimaneva nelle sue prospettive di sempre, e non sarebbe stata né la malattia né la morte dell’amico a fargli cambiare direzione: commozione, compassione, pianto sì, ma tutto dentro il compimento della dominante volontà del Padre.

Anche qui, come nel caso del cieco nato, ciò che conta è la “gloria di Dio”, che si attua nella glorificazione del suo Figlio e nella fede in lui. Ma tutto questo non come affermazione confessionale, quanto piuttosto attraverso situazioni e passaggi che devono far emergere l’opera di Dio più che la sua prestazione, e che al tempo stesso devono far maturare il rapporto vivo con lui. E quando autonomamente decide di andare in Giudea da Lazzaro, risponde all’avvertimento allarmato dei discepoli facendo ancora una volta riferimento alle ore del giorno in cui agire, come dire che egli si muoveva nella luce e in piena consapevolezza nell’orizzonte della sua vocazione messianica, non alla cieca o in semplice risposta a sollecitazioni esterne per accomodarsi o per accontentare. Ci sarebbe qui un principio pastorale da far valere!

I Giudei questa volta sono presenti nel racconto non come suoi avversari, ma per ragioni di solidarietà verso Marta e Maria.  Ostacolo da superare sono però i discepoli e anche  le stesse Marta e Maria: da una parte deve evitare  fraintendimenti e paure dei suoi, dall’altra deve indirizzare la fede delle due sorelle più direttamente a lui, al di là del suo stesso insegnamento sulla resurrezione. La prospettiva dei discepoli, che dovevano essere portati a credere, è quella espressa da Tommaso quando Gesù decide di andare a “svegliare” Lazzaro dal sonno della morte: “Andiamo anche noi a morire con lui!”. Le reazioni delle due sorelle, per quanto in momenti diversi, sono ugualmente di rimprovero per il ritardo e l’assenza di Gesù, che non per questo deflette dalla sua linea, per quanto sia amareggiato dalla poca fede di persone tanto vicine, e anche per la sfida che alcuni dei Giudei gli lanciano come avverrà sotto la croce: “Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?”. Siamo sempre sul piano miracolistico di una potenza divina che agisce in nostro favore, invece che farla agire in noi come spinta a credere e ad entrare nel suo Regno, come chiederà il buon ladrone.

 

Ed ecco allora il suo dialogo con Marta, che ricalca quello con la Samaritana e col cieco nato: senza più mezzi termini Gesù le dice di essere lui in persona la risurrezione e la vita, tanto che se uno crede in lui “anche se muore, vivrà”. È quello che Marta deve arrivare a credere e che porta anche lei a questa esplicita confessione: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”. All’arrivo di Maria non fa discorsi e passa invece all’azione, turbato e in pianto nella lotta contro la morte dell’amico e il dolore delle sorelle, ma anche per la solitudine interiore in cui si ritrovava in intimo colloquio col Padre. E quando, recatosi al sepolcro, ordina di togliere la pietra, non cede alle resistenze della solerte Marta, che avrebbe dovuto fare il salto di qualità nel credere, tanto da ricevere questa ammonizione: “Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?”. Non era bastata la vicinanza e la frequentazione di Gesù alla casa di Betania per ottenere la piena condivisione con lui!

 

Quello che per gli astanti sarebbe stato un miracolo operato da Gesù, era per lui la manifestazione dell’opera del Padre, perché tutti credessero in colui che egli aveva mandato nel mondo, non come prova dimostrativa di credibilità, ma come comunicazione di vita. Lazzaro chiamato a gran voce fuori dal sepolcro, sciolto dalle bende e lasciato andare libero, altro non è che l’anticipazione di quanto stava per avvenire di lui, qualcosa da non vivere a cuor leggero: un accostamento che possiamo cogliere nell’opera del Caravaggio. Nel racconto evangelico rientrano in scena a questo punto i Giudei, dei quali molti, “alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui”. È quello che dovrà avvenire – e in parte avverrà – dopo la Pasqua di resurrezione, in cui attraverso la fede il Padre ci incorpora in Cristo come sua carne mortale da portare a salvezza, qualcosa che è drammaticamente sempre in atto.

 

L’importante è che il nostro essere carne non sia solo tale e non si contrapponga allo Spirito di Dio che abita in noi, ma si lasci vivificare da lui, che ci rende membra del Cristo Risorto: “Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia”. Siamo nella carne, ma non più della carne, viventi per Dio in Cristo Gesù (cfr. Rm 6,11). Fermiamoci a considerare questa realtà di fondo del nostro credere! Sarebbe già abbastanza se queste parole si imprimessero nella nostra mente per creare consapevolezza della  reale esistenza cristiana. Per la verità, non sembra che questo spirito informi e strutturi la mentalità corrente dei cristiani, salvo circoli spiritualistici per pochi.

 

Del resto, non si rifanno le mentalità con le belle parole liturgicamente ripetute, se non c’è una esperienza e comunicazione interpersonale di fede alla base: ma dove avviene o può avvenire tutto questo? Teniamo almeno presente che  banco di prova per noi e sfida per il mondo circostante è il fatto che “se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”. Cristo risusciti in noi e noi con lui: perché il Tempo pasquale non è vissuto con la stessa intensità e impegno pastorale del Tempo quaresimale? (ABS)


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