21 marzo 2021 - V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B)
Marc Chagall: Geremia (1980)
PRIMA LETTURA (Geremia
31,31-34)
Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore.
Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.
SALMO RESPONSORIALE (Salmo50)
Rit. Crea in me, o Dio, un cuore puro.
Pietà
di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.
SECONDA LETTURA (Ebrei
5,7-9)
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.
VANGELO (Giovanni
12,20-33)
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci.
Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.
In
altre parole…
Come nel caso del serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto, come in tanti altri casi, siamo portati ad interpretare subito passi dell’Antico Testamento in funzione e alla luce del nuovo. E così l’Antica alleanza viene immediatamente riassorbita nella Nuova, quasi che fosse definitivamente compiuta e noi fossimo già trasferiti “dal potere delle tenebre nel regno del suo Figlio diletto” (Col, 1,13). In realtà questo passaggio è sempre in fieri, per cui non sarebbe male chiederci a che punto siamo di questo cammino come qualità di fede.
Geremia, che Chagall ci presenta, sembra voler rinnovare al popolo la promessa di un’alleanza nuova. Facendosi voce del suo Signore, ci fa sapere che questa “non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore”. Quindi ci è assicurato qualcosa che regga, qualcosa che noi non possiamo più compromettere con le nostre infedeltà. Ma mentre riceviamo la promessa di una alleanza futura, non possiamo dimenticare da dove veniamo e dove siamo incamminati, da una Pasqua all’altra, fino a quella eterna!
È un passaggio ininterrotto dalla Legge scritta su tavole di pietra a quella scritta dentro di noi in cuori di carne, quando ci sarà reciprocità e intimità tra Dio e il suo Popolo: un Popolo messianico di sacerdoti e di profeti, che vive il rapporto col suo Dio senza altre mediazioni, perché tutti lo conosceranno, dal più piccolo al più grande. Questo almeno è il traguardo da tenere presente, anche se andiamo avanti per approssimazioni. Ma il punto di forza di questa storia della salvezza è il fatto che “oracolo del Signore – io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato”. È questa riconciliazione gratuita e rappacificazione unilaterale il punto di forza del credere: “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi” (1Gv 4,16). Un dono a cui aprirsi senza riserve.
Dentro la prova che stiamo vivendo e che sembra compromettere anche la Pasqua, di fatto le parole della fede si spogliano di tanti orpelli e appaiono più facilmente nella loro realtà. Siamo un po’ come quei Greci che desiderano vedere Gesù e cercano mediazioni per ottenere udienza da lui: essi rappresentano quanti non sono nell’ovile e le pecore perdute della Casa di Israele. Alla loro richiesta Gesù sembra negarsi, ma in realtà ne prende spunto per dirci dove tutti indistintamente, Giudei e Greci, potranno vederlo nella sua nudità, sulla Croce!
Sì, perché è ormai la sua “ora”, quella che aveva rinviato e scansato, ma che ora arrivava come compimento della volontà del Padre: l’ora della sua glorificazione, della sua piena manifestazione come rivelazione del volto e dell’amore del Padre. Egli infatti è come il chicco di grano seminato in terra, che proprio morendo darà molto frutto e genererà figli di Dio nel mondo mediante la fede in lui morto e risorto. È questa la via segnata anche per chi lo vuole servire e seguire, perdendo come lui la propria vita per riaverla rigenerata e poter stare con lui dove lui sta: per essere partecipi della sua glorificazione. Questa in fondo è la Pasqua!
È solo un discorso figurativo o è la realtà della vita e delle cose nella storia della salvezza? Il vero problema della nostra fede non è l’informazione nominale dei suoi misteri, ma che questi siano fatti reali e siano la realtà di fondo della nostra vita, come li sentiamo nei momenti più critici: quelli che segnano anche per noi la nostra ora! Quando del resto recitiamo la preghiera del Signore e diciamo “sia glorificato il tuo Nome, sia fatta la tua volontà” è un po’ come vivere questa nostra ora e condividere con Gesù la preghiera del Getsemani, che qui è anticipata.
Arrivano sempre i momenti in cui anche noi dobbiamo dire: “Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome”. È quando tutto deve risolversi in totale autonomia e solitudine. Gesù non si era risparmiato nell’andare incontro e nell’insegnare alla gente, ma alla fine si ritrova solo con se stesso, e lascia che si compia per lui e in lui il volere del Padre, appunto alla sua ora! All’intimità del Cenacolo subentra l’abbandono e la solitudine del Calvario. Ma è in questo momento che si fa sentire qualche voce dal cielo, per dirci che proprio allora sta avvenendo la nostra glorificazione, se da parte nostra desideriamo che sia glorificato il suo Nome.
Ascoltando questa voce dentro di noi, possiamo intenderla o fraintenderla in tanti modi. Ma Gesù stesso ci avverte che questa voce viene per noi, per ricordarci che la sua “ora” altro non è che l’ora del giudizio di questo mondo, quando “il principe di questo mondo sarà gettato fuori”. In genere sorvoliamo su queste parole, quando sarebbe da prenderle in più seria considerazione, perché è lì che si gioca il mistero della redenzione sempre in atto. È ciò per cui Gesù può dirci: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Dove c’è la risposta più vera al desiderio dei Greci di vederlo, perché ormai è sotto gli occhi di tutti sulla croce: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37). Infatti “diceva questo per indicare di quale morte doveva morire”.
Purtroppo queste verità fondamentali - sul giudizio del mondo e sulla cacciata del principe di questo mondo nella morte di Gesù - non sostanziano più la nostra fede: sono lasciate sullo sfondo nel nostro orizzonte cristiano, mentre in primo piano ci sono i nostri comportamenti religiosi con pratiche di pietà e devozioni varie: pensiamo alle “Via crucis”, ai misteri dolorosi del Rosario, a coroncine di ogni genere, a processioni del venerdì santo ecc… Senza nulla togliere al loro valore, dobbiamo però renderci conto che non possono sostituire la pura e semplice verità della Parola di Dio ascoltata e creduta, non riducibile alle sue molteplici espressioni: non possiamo svalutare il fatto che la Parola di Dio ha per il credente un suo significato proprio, proponibile a tutti “sine glossa”.
Le scarne parole della lettera agli Ebrei ci mettono sotto gli occhi questa nuda verità di chi si è fatto carico della nostra passione umana di morte, perché possa diventare in lui e attraverso di lui passione di vita e di resurrezione: nella fede! Possiamo riconoscerci in Colui che “nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito”.
In un modo o nell’altro è l’invocazione di tutti noi, che però non abbiamo la capacità e la forza di un pieno abbandono per essere esauditi. Ma sappiamo che con la sua sofferenza il Figlio ha riattivato per tutti questa obbedienza al Padre, divenendo per questo causa di salvezza eterna. Da parte nostra non c’è che prestare a lui l’obbedienza della fede, comunque la si voglia dimostrare! Perché “per l'obbedienza di uno solo tutti sono costituiti giusti” (Rm 5,19). (ABS)