29 marzo 2020 - V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)

Beato Angelico: La resurrezione di Lazzaro (1451-53)

 

PRIMA LETTURA (Ezechiele 37,12-14)

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele.

Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio.

Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 129)


Rit. Il Signore è bontà e misericordia.

Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.

Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.

Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.

Più che le sentinelle l’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.

SECONDA LETTURA (Romani 8,8-11)

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio.

Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.

Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.


 

VANGELO (Giovanni 11,1-45)

 

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

 

In altre parole…

Strada facendo, ci stiamo rendendo conto che Gesù si presenta a noi, nel vangelo di Giovanni, non tanto in atto di predicazione, con insegnamenti, parabole, miracoli e istruzioni per i discepoli, ma attraverso incontri i più disparati. Lo troviamo nel deserto a lottare con satana e ne esce come il Messia vincente; sul Tabor si incontra con Mosè ed Elia e riceve dal Padre l’investitura di Figlio eletto; con la samaritana al pozzo di Giacobbe lo scopriamo come acqua viva che sgorga dal cuore dei credenti; nei pressi del Tempio il cieco nato ce lo rivela come luce del mondo! Eccolo ora a confronto con la morte, per di più quella di un amico, nel pianto, nel fremito interiore, quasi in ribellione da sconfitto, mentre sa perfettamente che è proprio quello il nemico da combattere: “L'ultimo nemico che sarà distrutto, sarà la morte” (1Cor 15,26).

Per la verità, Gesù si era imbattuto altre volte nella morte, come quando, andando per strada incrocia un corteo funebre in cui “veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova”: quanto è bastato perché la sua compassione lo spingesse a restituirlo a quella madre desolata, suscitando timore e stupore in tutti, perché dicevano: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo” (Lc 7,16). Sempre il vangelo di Luca, al cap.8, ci racconta del capo della sinagoga Giairo che gli chiede di andare a soccorrere la figlia che stava per morire e che in realtà all’arrivo trova morta. Lui dice che “dorme”, suscitando derisione generale. Di fatto esclama dice ad alta voce: “Fanciulla, alzati!”, e “il suo spirito ritornò in lei ed ella si alzò all'istante” (Lc 8,55) tra lo sbalordimento dei genitori. Ma sembra che tutto finisca lì, in un atto di compassione profonda e come disponibilità ad andare incontro alla richiesta di un uomo disperato, a cui peraltro è richiesto di continuare a credere.

Per la morte di Lazzaro è diverso: nessuna riserva e nessun divieto a farne parola, ma evento pubblico e a rischio, perché questa volta egli si sentiva chiamato in causa personalmente a rispondere del senso stesso della sua presenza nel mondo e del suo messaggio. Momento di tensione e di incomprensione, tanto che Tommaso dice: “Andiamo anche noi a morire con lui!”. Egli invece ne esce affermando e riaffermando di essere “la risurrezione e la vita”, al tempo stesso in cui chiede di venirgli incontro, consentendogli di poterlo esserlo per davvero con la fede: “Chi crede in me, anche se muore, vivrà”. Perché doveva risultare a tutti che “l'Iddio di Abramo e l'Iddio d'Isacco e l'Iddio di Giacobbe non è l'Iddio dei morti, ma de' viventi” (Mt 22,32).

Era questo per lui il motivo stesso per cui era al mondo: “Io son venuto perché abbiano la vita e l'abbiano ad esuberanza” (Gv 10,10) “In verità, in verità io vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: L'ora viene, anzi è già venuta, che i morti udranno la voce del Figliuol di Dio; e quelli che l'avranno udita, vivranno.  Perché come il Padre ha vita in se stesso, così ha dato anche al Figliuolo d'aver vita in se stesso” (Gv 5,24-26). Precisamente a questo voleva portare i suoi e tutti come il vero fatto nuovo della storia di tutti e della vita di ciascuno!

La sua vera passione, il suo tormento era ed è l’incredulità, ma anche la facile credulità di maniera, l’indifferenza, la sordità, il rifiuto da cui si sente circondato, fino alla volontà di sopprimerlo. È vero che, dopo che Lazzaro era uscito dal sepolcro, “molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui”, ma è altrettanto vero che altri proprio “da quel giorno decisero di ucciderlo”. Cosa che avverrà di lì a poco, ed a cui ci prepara la morte di Lazzaro.  Stranamente, proprio questo fatto, - insieme alle parole che lo preparano e lo accompagnano in questo passo del vangelo - sembra diventare più significativo e più vero oggi, dopo che la morte sembrava relegata ai margini dell’esistenza come semplice accidente di percorso, esorcizzandola semplicemente come non-vita, purché la vita continuasse.

Oggi che la morte sembra aver riconquistato diritto di cittadinanza pubblica fino ad essere messa all’ordine del giorno della nostra esistenza, non possiamo evadere facilmente la sua presenza e al tempo stesso non interrogarci sulla consistenza della nostra fede, non solo quella personale ma della stessa chiesa: se davvero crediamo nella vita e quindi nella resurrezione della carne. Se davvero crediamo, come è richiesto a Marta prima e a Maria dopo - ma in fondo a tutti -, che quel Gesù sia in persona “resurrezione e vita”, al punto da vincere e farci vincere la stessa morte, al di là di ogni vaghezza del proprio universo religioso in cui ci ritroviamo per forza d’inerzia a celebrare la scadenza della Pasqua: ma se proprio, nostro malgrado,  dovessimo omettere la celebrazione liturgica della Pasqua (auguriamoci naturalmente di no), potrebbe essere l’occasione di valutare cosa effettivamente ci difetta?.

In sostanza, dovremmo dirci se siamo disposti a sottoscrivere le dichiarazioni che il Signore Dio fa per bocca del profeta Ezechiele al di là del loro contesto storico relativo alla liberazione dalla schiavitù e al ritorno in patria: è comunque un rivivere, come stiamo desiderando tutti in questi giorni. Per il momento possiamo riconoscerci in quel cumulo di ossa aride di cui ci parla il profeta nella prima parte del capitolo 37, che faremmo bene a leggere. Perché proprio a partire di qui, da una situazione di morte e di abbandono, prende corpo la promessa di vita: “Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò. Oracolo del Signore Dio”. Verrebbe da chiedersi se ci sia e chi sia oggi colui che deve profetizzare sulle ossa aride per farle riprendere carne e rivivere come opera di colui che 2non è un Dio di morti, ma di viventi; poiché per lui vivono tutti” (Lc 20,38).

Eccoci allora, su precisa richiesta di Gesù, davanti al sepolcro in cui avevano deposto Lazzaro. E lo vediamo lì commosso, turbato e in pianto, quasi che presentisse la lotta contro la sua stessa morte, al punto che alcuni lo sfidano, come succederà poi sul Golgota: “Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?”. “Ancora una volta commosso profondamente”, ordina di rimuovere la pietra, dovendo superare le resistenze di Marta, a cui replica: “Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?”. Quello che conta e che sta veramente a cuore a Gesù è questa gloria di Dio o – come dice a proposito del cieco nato – che si manifesti l’opera di Dio. Mentre nel caso della vedova di Naim e del capo della sinagoga sono gli altri a percepire l’opera di Dio e a rendergli lode, riguardo a Lazzaro dichiara espressamente che si deve riconoscere la gloria di Dio nel credere in lui. Diverso anche il suo modo di intervenire e di coinvolgere i presenti: siamo presso un sepolcro e Lazzaro è sepolto da 4 giorni, e tutto lascia presagire la sua propria morte e resurrezione.

Che si tratti già di un momento eucaristico anticipatore del mistero della croce, lo lascia capire chiaramente la preghiera che Gesù rivolge al Padre prima di intimare a Lazzaro di venir fuori dal sepolcro e di farlo liberare dalle bende della sepoltura, quasi un inizio della preghiera sacerdotale prima della passione, quando con gli occhi rivolti al cielo dice: “Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato”. Che cioè Marta, credendo come aveva detto, avrebbe visto la gloria di Dio, ciò di cui lui era sicuro come risposta del Padre alla sua richiesta, ma soprattutto perché la gente che lo attorniava credesse che il Padre lo aveva mandato: mandato ad essere “resurrezione e vita” anche per i nostri corpi mortali.

In un certo senso, sembra che arrivi a compimento il mistero della incarnazione, in quanto viene assunta non solo l’umanità ma la stessa morte. E al tempo stesso abbiamo le primizie del mistero della resurrezione, in quanto “l'ultimo Adamo è spirito vivificante” (1Cor 15,45). Ed ecco allora Paolo affermare senza esitazioni che “se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, Colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”. E se nella incarnazione è il Verbo di Dio a coinvolgersi nella nostra umanità mortale, nella resurrezione è lui a coinvolgerci nella sua vita, “dal momento che il suo Spirito abita in noi”.

Tutto questo ci può sorprendere e risultare inaccettabile, ma non per questo possiamo pensare di rimuoverlo o adattarlo a noi nella sua verità profonda di “mistero” in quanto opera di Dio, magari per farne un simbolo vuoto di rinascita spirituale o morale, vanificando in realtà la fede in Cristo. D’altra parte Gesù è a questa fede che ci vuole portare: a credere in lui morto e risorto per opera del Padre nello Spirito Santo. E per farlo non ha accettato di dirci una cosa per un’altra, ma ci ha messi davanti a se stesso e a quello che è, come quando ci dice: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,6). Possiamo non farne conto, ma non possiamo affatto spiritualizzare troppo le sue parole, fino a renderle insignificanti per la nostra esistenza. A Lazzaro Gesù ridà un corpo, così come risorgendo glorifica il suo stesso corpo per poter essere con noi tutti i giorni, anche in questo tempo di pandemia! Che ci sia dato di crederlo e di viverlo. (ABS)


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