9 febbraio 2020 - V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

Beato Angelico: Il Discorso della montagna (1438-40)

 

 

PRIMA LETTURA (Isaia 58,7-10)

Così dice il Signore:
«Non consiste forse [il digiuno che voglio]
nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti?
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
Allora invocherai e il Signore ti risponderà,
implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”.
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
se aprirai il tuo cuore all’affamato,
se sazierai l’afflitto di cuore,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio».


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 111)

Rit. Il giusto risplende come luce.

 

Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.

Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto.
Cattive notizie non avrà da temere,
saldo è il suo cuore, confida nel Signore.

Sicuro è il suo cuore, non teme,
egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte s’innalza nella gloria.

 

 

SECONDA LETTURA (1Corinzi 2,1-5)

Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.
Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

VANGELO (Matteo 5,13-16)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».


In altre parole…

 

Ancora un’immagine di fra Giovanni da Fiesole (detto Beato Angelico), che ci riporta al Discorso della montagna, da cui è tratto il passo del vangelo di questa domenica, e che in qualche modo sembra anticipare l’ultima cena con i Dodici. Ad evitare significati generici di tipo spiritualistico o moralistico, è bene fare un passo indietro, per vedere come si arriva ad affermazioni così coinvolgenti.

 

Si parte dall’attività quotidiana e itinerante di un Gesù che predica per città e villaggi il Regno di Dio vicino, a cui convertirsi: siamo al cuore del suo messaggio e scopo primario della sua missione. Se poi vogliamo una esplicitazione ed esemplificazione di questo Regno, l’abbiamo nelle Beatitudini, che sono in sostanza la rivelazione della stessa immagine di Dio: consolazione, terra promessa, giustizia a sazietà, misericordia, visione beatifica, paternità generosa e ancora regno dei cieli dove sarà grande ricompensa per i suoi figli. Se da un lato le beatitudini rivelano il volto di Dio, dall’altro lo fanno vedere incarnato nell’uomo Cristo Gesù, che lo rende visibile a tutti!

 

Quando dunque egli dice “voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo”  non fa altro che trasmettere  a quei discepoli la dignità e il compito di dare continuità e visibilità nel tempo a questo Regno di Dio in atto alla stessa maniera in cui lui ha fatto. Terra-mondo, città-casa, lucerna-candelabro: è questo il contesto in cui il discepolo è chiamato ad agire dopo la consegna e l’insegnamento di Gesù, salito “sulla montagna e messosi a sedere”. E gli viene indicato una volta per sempre in quale modo egli deve rapportarsi al proprio ambiente come uomo delle beatitudini: e cioè come sale e come luce, sulla scia del proprio Maestro, mite e umile di cuore. Da una parte egli ha dato sapore e dignità ai poveri di spirito e dall’altra ha dichiarato espressamente “Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo” (Gv 9,5).

 

Il sale comunica le sue proprietà – di purificazione, di conservazione, di alimentazione del fuoco, di insaporimento dei cibi, ecc. – sciogliendosi e consumandosi; la luce esercita la sua azione mettendo in evidenza, dando visibilità e splendore alle cose tutte e consentendo agli esseri viventi di muoversi in libertà, di rapportarsi con gli altri e poter disporre di se stessi. Sale e luce danno perciò simbolicamente il senso delle beatitudini: consentire agli altri di essere al meglio se stessi grazie al Regno dei cieli ormai a portata di mano 

 

È nella linea del Regno di Dio il motivo profondo della beatitudine per ogni condizione umana, ed è qui che va posto l’accento prima ancora che su quanti ne usufruiscono. Le beatitudini da un lato sono le sfaccettature del regno di Dio vicino e quindi rivelazione di Dio stesso. Nell’altro lato ci dicono chi sono coloro a cui esso è dato – i poveri di ogni tipo – e ci indicano le vie di accesso al Regno e le modalità di conversione per tutti. Chiediamoci semplicemente se “convertirsi perché il regno di Dio è vicino” altro non sia che vivere le beatitudini nel quotidiano prima che rivestire atteggiamenti religiosi convenzionali.

 

A questo proposito non può sfuggire la preoccupazione e la raccomandazione di Gesù, che ci mette in guardia dal pericolo di fraintendimento e di fallimento di questo incontro di grazia che sono le beatitudini: il pericolo che il sale perda il suo sapore e che la luce venga occultata, contro la loro stessa natura. Perché di suo una città che sta sopra un monte non può rimanere nascosta, e una lampada non la si accende per rimpiattarla: sarebbe un controsenso! Gesù ci vuol dire che purtroppo nell’ordine della grazia questo assurdo si può verificare? È quanto sembra farci capire anche quando dice che è venuto a portare il fuoco sulla terra, ma che questo purtroppo stenta a diffondersi. (cfr. Lc 12,49)

 

Il fuoco, il sale e la luce ci parlano di proprietà e potenze intrinseche a questi elementi destinate inevitabilmente a comunicarsi e produrre effetti. Non è altro che il vangelo in quanto potenza di Dio che deve diventare salvezza per ogni credente, che a sua volta emani calore, sapore e luce per tutti quelli che sono nella città e nella casa in maniera quasi istintiva e impercettibile: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”.

Non si tratta di efficienza dimostrativa, di perbenismo, di correttezza, di bravura, ma di una giustizia che supera “quella degli scribi e dei farisei”, senza la quale non si entra nel regno dei cieli (Mt 5,20). Non si tratta di buone opere che rassicurano noi stessi e ci procurano successo, ma che riflettano e comunichino la stessa bontà di Dio, fino a farlo riconoscere in noi: appunto come sale della terra e luce del mondo!

E qui si torna alle beatitudini, rivelative dell’opera del Padre ed esemplificazione dell’agire di Gesù in mezzo a noi, ma al tempo stesso traccia di vita per chiunque si faccia discepolo del regno dei cieli ed “estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). Non è da pensare - e far pensare - che questo sia ideale proponibile solo a pochi eletti, ma è il senso della stessa vocazione cristiana da interpretare da parte di tutti come singoli e come insieme. Si potrebbe dire come uomini e donne convertiti al regno di Dio al di sopra di ogni altra cosa!

È quanto ci fa capire anche il profeta Isaia, quando ci dice in cosa consiste il vero “digiuno”, e cioè il rapporto giusto con Dio: non nella pura e semplice osservanza religiosa, ma nel farsi strumenti delle beatitudini! Egli ci dice: “Allora la tua luce sorgerà come l’aurora… Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà… allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio”. Non è tanto questione di essere “uomo religioso”, ma “uomo giusto” l’uomo che vive di fede, l’uomo delle beatitudini! Perché la vita cristiana non è più quella del discepolo e del credente ed è invece sempre di più quella di qualche osservanza?

Perché sia così, bisognerebbe avere la stessa preoccupazione di Paolo: che la nostra fede “non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. Perché questo avvenga, però, si dovrebbe poter arrivare a dire con lui “di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso”. Infatti, se questa fede può essere vanificata dalle sole proprie opere, può andare a vuoto per “l’eccellenza della parola o della sapienza”, per “discorsi persuasivi di sapienza”. In ogni caso sarebbero una propria giustizia o verità a farsi valere. Mentre è decisivo che l’annuncio del mistero di Dio e la predicazione si basino “sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza”.

Non importa se tutto questo debba inevitabilmente avvenire “nella debolezza e con molto timore e trepidazione”. Ma quanto sarebbe importante riportare l’asse dell’azione pastorale a questa linea originaria! Lasciatemi però dire che questo non bisogna aspettarselo da nessuno, ma spetta a ciascuno che si senta chiamato, praticante o non praticante, credente o non credente, purché abbia a cuore e ricerchi il Regno di Dio vicino!

Siamo alla ricerca di un tesoro nascosto in un campo: che possiamo avere la gioia di trovarlo e poterlo fare nostro per condividerlo (cfr. Mt 13,44). (ABS)


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