12  febbraio 2023 - VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

James Tissot: Il Discorso della montagna (1886-96)

New York, Brooklyn Museum of Art

PRIMA LETTURA (Siracide 15,16-21)

Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;
se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.
Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua:
là dove vuoi tendi la tua mano.
Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male:
a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.
Grande infatti è la sapienza del Signore;
forte e potente, egli vede ogni cosa.
I suoi occhi sono su coloro che lo temono,
egli conosce ogni opera degli uomini.
A nessuno ha comandato di essere empio
e a nessuno ha dato il permesso di peccare.


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 118)


Rit. Beato chi cammina nella legge del Signore.

 

Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.

Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti.

Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge.

Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la custodirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge
e la osservi con tutto il cuore.

 

 

SECONDA LETTURA (1Corinzi 2,6-10)


Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria.

Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.

Ma, come sta scritto:

«Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,

né mai entrarono in cuore di uomo,

Dio le ha preparate per coloro che lo amano».

Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.



VANGELO (Matteo 5,17-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.

Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.

Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!

Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.

Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.

Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.

Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

 

In altre parole…

La Parola di Dio che ci è dato di ascoltare, fonte della nostra beatitudine, non è tanto materia da approfondire e da commentare in tutti i suoi risvolti, quanto piuttosto forza e guida per il nostro cammino di vita e di fede: un Dio che parla col suo Popolo è quanto di più significativo ci possa essere, ed è con questa percezione del cuore che dobbiamo rivivere il vangelo! Così, dopo che anche noi abbiamo incontrato il Messia e abbiamo ascoltato la sua predicazione del Regno con la proclamazione delle Beatitudini, siamo stati caricati della responsabilità di essere sale della terra e luce del mondo come riflesso del Padre che è nei cieli. Qualcosa che esige attenzione ai comandamenti e fiducia in colui che ci associa alla sua missione salvifica. Perché questa è la nostra condizione di discepoli nella sequela.

È un evento ed è un’urgenza, ma non si tratta di costrizione o imposizione, perché siamo messi davanti ad un scelta radicale, come davanti al fuoco e all’acqua verso cui potersi indirizzare liberamente. È come ritrovarsi a decidere per la vita o per la morte, per il bene o il male, a cui siamo come consegnati dalla “sapienza del Signore, forte e potente, che vede ogni cosa e conosce ogni opera degli uomini”, sapendo che “i suoi occhi sono su coloro che lo temono”. La recita del salmo 118 ci rende consapevoli di questo cammino, di chi va verso il suo Signore, ascolta le sue parole e le mette in pratica“ (cfr. Lc 6,47) nella consapevolezza di essere di fronte ad una scelta di fondo e che “essere empio” e “peccare”, comunque li si giustifichino, dipendono della propria libertà e responsabilità. È un’esistenza di fede, che ha una sua specificità e che vorrebbe avere un suo giusto rilievo!

Certamente le Beatitudini che aprono il lungo Discorso della montagna sono l’anima della nuova Legge in corrispondenza a quella antica del monte Sinai. Essa è tale da far diventare sale della terra e luce del mondo quanti ne vivono. Ma una volta calata nel suo contesto comunitario, questa nuova Legge non manca di suscitare problematiche e tensioni tra quanti ne devono essere interpreti. Ed ecco come Matteo cala l’insegnamento di Gesù dentro gli orientamenti e le tendenze che nascevano all’interno alla chiesa nascente. Prima di tutto a proposito del rapporto del vangelo del Regno con la Legge e i profeti, della Nuova Alleanza con l’Antica Alleanza. Ci è dato di capire come si pone Gesù rispetto a Mosè, e come alla Legge subentrano la grazia e la verità (cfr Gv 1,17): “Perché “la legge e i profeti hanno durato fino a Giovanni; da quel tempo è annunciata la buona notizia del regno di Dio, e ciascuno vi entra a forza” (Lc 16,16). Appunto attraverso una scelta radicale e facendo violenza a se stessi.

È la questione ricorrente di conflitto fra tradizione e novità, ciò che dà adito a tendenze diverse e non sempre conciliabili, quando subentrano prese di posizione e non ci si attiene al merito delle cose! E allora bisognerebbe leggere questo brano del Discorso della montagna per capire come uscirne. Intanto c’è da dire che non è data una soluzione astratta, ma tutto è legato alla persona di Gesù e al suo ruolo messianico. La sua non è opera di abolizione e di sostituzione della Legge e dei Profeti, ma di realizzazione in se stesso di quanto la Scrittura ha preannunciato del Figlio dell’uomo. Egli è l’esecutore e perfezionatore della Legge, e  se anche oggi c’è un processo in atto, questo non può non essere imperniato su un soggetto, individuale o morale che sia, in modo che garantisca in se stesso la continuità di fondo nella mutabilità funzionale al conseguimento del fine. Per questo possono pure passare il cielo e la terra, ma a questo punto anche uno iota o un dettaglio per quanto minimo ha una sua importanza per la realizzazione del tutto. Le vere mutazioni storiche nel cammino di fede nel mondo non sono né solo teoriche né solo strutturali, ma del soggetto del credere, e quindi dei credenti in carne ed ossa.

Il criterio di valutazione dell’osservanza di quanto la Legge e i profeti dicono del Cristo è il Regno dei cieli che viene in lui e per lui: chi non ne tiene conto gode di una considerazione minima nel nuovo ordine di cose, chi invece ne tiene conto e ne condivide la novità e la grandezza ha una posizione di privilegio nella partecipazione al Regno. Forse potremmo pensare alla parabola dei talenti, dove la diversità dei comportamenti determina una gradualità nel ricevere. Ma il principio e il senso generale di questo passaggio che avviene nella persona e nella vita del Cristo è così da lui enunciato: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”.

Ci viene detto che se il nostro modo di essere è regolato dall’osservanza solo formale ed esteriore della Legge e non dallo spirito di profezia che essa trasmette, l’accesso al Regno di Dio non avviene. È il rimprovero che Gesù fa a scribi e farisei: “Avendo tralasciato il comandamento di Dio vi attenete alla tradizione degli uomini». Diceva loro ancora: «Come sapete bene annullare il comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra!»” (Mc 7.8-9). Una tradizione che non prevede o non ammette un passaggio ininterrotto verso la realtà sempre nuova del Regno, ma è solo fedele a se stessa, non fa che ristagnare e sostituirsi alla ricerca del Regno.  La vera continuità è garantita dalla discontinuità, perché la fedeltà è a quanto abbiamo davanti più che a quanto è alle spalle. E se la tradizione non è la spinta propulsiva che ci spinge in avanti, è solo un fardello che blocca il cammino.

Gesù stesso non ci fa mancare una esemplificazione precisa di come questo salto in avanti va fatto rispetto a quanto è stato detto agli antichi: niente di quanto è stato prescritto viene annullato e niente vi si contrappone, ma è solo previsto un passo avanti, un salto di qualità, da cui non si può prescindere. Guardando l’insieme dei casi elencati da Gesù, sembra che in più ci sia e ci debba essere un supplemento di alterità e di solidarietà - e quindi di amore del prossimo - di interiorità, di sincerità. Non basta cioè attenersi al rispetto formale di quanto è prescritto - fosse pure l’offerta all’altare - se non c’è l’apertura agli altri nell’amore fraterno. Potremmo pensare al fariseo e al pubblicano al Tempio!

Questo passaggio alla realtà e alla logica del Regno di Dio richiede se necessario violenza su se stessi, nel caso fosse il nostro stesso modo di essere impedimento ad  entrarci a causa del nostro egocentrismo. Così come bisogna evitare di chiamare in causa Dio e le cose sacre come copertura dei propri comportamenti sul piano interpersonale, dove deve valere la regola elementare del “sì, sì”, “no, no”; il di più “viene dal Maligno”. Non abbiamo precetti superiori da attuare in più (come potrebbero essere per esempio i “precetti della Chiesa”), quanto piuttosto attenersi alle esigenze di vita da  assecondare e da non disattendere, perché il Regno di Dio sia tra di noi.

Quello che deve essere il nostro parlare tra quanti cercano questo Regno di Dio ce lo insegna ancora una volta san Paolo, il quale ci dice che parla sì di sapienza, non però di quella che viene da questo mondo, ma di quella di Dio, che è nel mistero rivelato per la nostra gloria: è il mistero del Regno riservato ai piccoli e nascosto ai dominatori di questo mondo. Le cose promesse nelle Beatitudini al di là di ogni umana attesa “a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio”.

Avremmo a disposizione questa riserva di immersione e di conoscenza della profondità di Dio, ed è su questo piano che dovrebbe svilupparsi l’esistenza di fede del Popolo di Dio. E se proprio vogliamo parlare di “spiritualità”, è da qui che deve nascere una spiritualità ecclesiale del soggetto-chiesa, più che da spiritualismi di altro genere che sono in voga tra noi, e che impediscono la maturazione di una coscienza evangelica tanto essenziale quanto necessaria. Un vero cambiamento epocale della chiesa nel mondo passa inevitabilmente attraverso una nuova soggettività e spiritualità del credere al vangelo! (ABS)


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