Koinonia Novembre 2023


LA DIPLOMAZIA DI FRANCESCO NON È POLITICA (MA RISCHIOSA)

 

«Dio ama la piccolezza e ama compiere grandi cose attraverso la piccolezza». Francesco lo ha ricordato il 2 settembre ai fedeli riuniti nella cattedrale di Ulaanbaatar in rappresentanza della piccolissima comunità cattolica mongola, circa 1.500 fedeli.

Il viaggio in Mongolia iniziato il 31 agosto e concluso il 4 settembre ha riassunto la differenza della Chiesa cattolica. Anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, anche quando il Pontefice interloquisce da capo di Stato con altri capi di Stato, anche quando firma accordi internazionali, la Chiesa resta fedele alla sua alterità. Non ha «un’agenda politica», non si identifica con una cultura o una nazione, rigetta «l’ideologia» nei rapporti tra i popoli e al proprio interno, come Francesco ha precisato nella conferenza stampa sull’aereo che lo riportava a Roma. La Chiesa non è «una ditta funzionale», ha detto Francesco il 2 settembre, «non cresce per proselitismo». «La Chiesa è un’altra cosa», ha aggiunto: si definisce non per la sua «funzione», ma per la sua «comunione». Perciò, ha insistito il pontefice, i governi «non hanno nulla da temere dall’azione evangelizzatrice della Chiesa», perché essa «conosce solo la forza umile della grazia di Dio e di una Parola di misericordia e di verità, capace di promuovere il bene di tutti».

Il messaggio vale in particolare per i due grandi vicini della Mongolia, Cina (a sud) e Russia (a nord). Il rischio che la diplomazia vaticana si sta prendendo in proposito è altissimo. Nel viaggio di ritorno Francesco ha cercato di rassicurare. Da un lato le autorità cinesi stanno ripagando la fiducia vaticana con qualche libertà concessa ai credenti. Dall’altro le parole del Papa ai giovani russi sulla loro eredità culturale non intendono legittimare l’imperialismo putiniano. Resta tuttavia evidente l’ostilità del governo russo e di quello cinese che ha negato ai vescovi delle regioni vicine alla Mongolia il permesso d’incontrare il Papa. Cresce contestualmente l’impazienza delle vittime, a cominciare dai cattolici aggrediti in Ucraina e di quelli perseguitati in Cina. Però, appunto, «la Chiesa è un’altra cosa». Il suo orizzonte va oltre la geopolitica mondana.

Nel discorso alle autorità civili, al Palazzo di Stato di Ulaanbaatar, Francesco ha fatto proprio il proverbio mongolo «le nuvole passano, il cielo resta». Ai giornalisti, nel volo di ritorno, ha espresso la sua sintonia con la ricerca, da parte delle autorità mongole, del «terzo vicino» oltre Pechino e Mosca.

Si sente tale per la Mongolia, Francesco, proprio un «terzo vicino», e sente a sua volta tale per la Santa Sede la Mongolia, ma anche il Vietnam, citato nella conferenza stampa. Il conseguente abbraccio alla cultura mongola è l’altro rischio non temuto da un Papa capace di paragonare la luce discesa dall’alto per fecondare la mitica regina Alungoo alla luce divina che rende madre la Vergine Maria. Ispirato dall’«immenso e terso cielo blu che si contempla in Mongolia», Francesco ha indicato proprio in Maria l’esempio dell’alterità della Chiesa. «Perché ha ospitato in sé Colui che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere», ha detto il Papa a Ulaanbaatar, Maria è «nella sua piccolezza più vasta del cielo».

 

Marco Ventura

in “la Lettura” del 17 settembre 2023