Koinonia Novembre 2023


DARE UN’ANIMA ALLA SINISTRA

 

Vannino Chiti, studioso del movimento cattolico, attualmente membro della Commissione accademica della Scuola di formazione per il dialogo interreligioso e interculturale di Firenze, intravede un orizzonte che ancora non si era riusciti a scorgere dopo la nascita del governo Meloni e l’elezione di Elly Schlein a segretaria del Pd: un orizzonte in grado di aprire un varco nel cosiddetto «spazio pubblico». Nell’epoca populista attuale, è ancora salda l’idea che sia legittimo non mettere realmente in questione le storture del capitalismo finanziario, che da tempo ha esaurito la sua spinta benefica per gli strati più ampi della popolazione. Nella rinuncia a questa messa in discussione la retorica populista trova il suo punto di forza, e nel vacuo nazionalismo il suo trampolino. 

Tuttavia la condizione politico-esistenziale di ciascuno è ormai quella della finanziarizzazione dell’economia, che lascia indietro molte persone senza farsi troppi problemi. A rendere più chiara la situazione sono i dati allarmanti dell’aumento della povertà anche nelle nostre società occidentali. Dagli Stati Uniti all’Europa, il divario tra ricchi e poveri è sempre più profondo e percepito come naturale. Non tutti però si arrendono a tale evidenza, che è piuttosto un risultato storico e pertanto modificabile. L’A. è uno di quegli uomini politici progressisti che ci ricorda che intervenire sulla realtà non solo è possibile, bensì è auspicabile: «La sinistra deve porre l’obiettivo di un nuovo compromesso con il capitalismo: nuovo, perché deve comprendere i diritti di chi lavora, la piena occupazione, il welfare non solo per chi è cittadino da sempre, ma per quanti risiedono in un territorio, la sostenibilità ecologica delle produzioni e dei metodi della produzione, la democrazia e le libertà nell’epoca del digitale trionfante» (p. 47).

Questo nuovo compromesso non può che avvenire superando i limiti asfittici della retorica nazionalista attuale, che in Italia assume le sembianze di un conservatorismo di stampo anglosassone, propagandato da politici sempre più estranei a quella matrice. I problemi e le sfide del XXI secolo, anche per l’Italia, vanno inquadrati all’interno di un mondo che corre verso la ricomposizione di due blocchi. «Nella sfida ormai in corso tra USA e Cina prende campo la creazione di due blocchi economici e militari contrapposti: una NATO mondiale a guida statunitense e un’alleanza organizzata attorno a Cina e Russia, potenzialmente capaci di attrarre quella vasta area del mondo ricca di materie prime e di giovani, ma più povera nelle condizioni di vita» (p. 96).

Sarebbe utile ricordarsi che noi, l’Occidente, siamo l’altro dell’altro, e la sinistra dovrebbe avere il coraggio di intercettare nell’altro che ci guarda, specie nel Sud globale e in Oriente, le spinte e desideri che animano quelle società. Il bisogno di correggere le storture della finanziarizzazione dell’economia è un’urgenza portata avanti da tante forze progressiste nelle latitudini più disparate. Scrive l’A.: «Tornando al tema dell’Occidente, vorrei richiamare un aspetto a volte sottovalutato: al suo interno esiste, con lati oscuri e luci, una specificità dell’Europa. […] C’è un universalismo che, nelle più alte espressioni del pensiero liberale, socialista e cristiano, ha cercato di difendere una relazione con il resto del mondo fondata sulla libertà, sulla solidarietà, sul valore del pluralismo, sulla democrazia come scelta autonoma, originale nelle sue forme e percorsi, non un’imposizione» (p. 98).

«Senza un vero Partito Socialista europeo e senza un’Internazionale Progressista, la sinistra è impotente: non è in grado, neanche se è chiamata a ruoli di governo, di far prevalere l’opzione di una sfida tra Occidente e Oriente che escluda la guerra, redistribuisca risorse e sviluppo, contribuisca a ridurre ovunque la povertà. […] Senza rapporti duraturi con le forze progressiste dell’Asia, dell’Africa, dell’America non si può essere protagonisti del cambiamento: nella tempesta della globalizzazione si finisce per essere subalterni o impotenti di fronte alle ricette della destra» (p. 100).

La destra attualmente al governo è riuscita a farsi percepire come alternativa politica a un presunto pensiero dominante, ma in realtà non è altro che la proiezione acritica delle strutture di potere finanziario. La sinistra deve riconoscere la sua sconfitta e non deve commettere l’errore di vendersi nel mercato elettorale come portatrice di una «politica della promessa», bensì deve avere il coraggio di ascoltare tutti quei giovani e meno giovani che credono che il proprio compito sia quello di lottare per una giustizia sociale che sia di tutti, così come sono di tutti l’ambiente, il diritto al lavoro, la sanità, la pace e l’educazione dignitosa delle prossime generazioni.

 

Giovanni Luchetti

Civiltà cattolica - Quaderno 4158, pp. 572-574