Koinonia Gennaio 2022


Non è il Sinodo a fare la “chiesa sinodale”

ma la “chiesa sinodale” a fare il Sinodo

 

RISCHIO SINODO

 

Si, il Sinodo è un rischio, non solo nel senso che sia a rischio nella sua celebrazione, ma soprattutto perché rappresenta un rischio per l’intento per il quale è stato voluto, e cioè per ridare fiato al Vaticano II: infatti non sembra questa la piega che sta prendendo, e se anche questo rilancio dovesse fallire, dopo periodiche iniziative e formule via via adottate, sarebbe davvero il requiem per la svolta conciliare di una chiesa che si confronta col mondo a 360°, per ripensare e ristrutturare se stessa in termini evangelici, per essere significativa per gli uomini.

Se davvero  il punto è l’evangelizzazione, come sembra serpeggiare da documenti e pronunciamenti ripetuti, questa va presa di petto e deve diventare l’”assillo quotidiano”, e non restare sullo sfondo di scelte e comportamenti che guardano a ben altro che a “credere al vangelo” come urgenza primaria (cultualismo, ritualismo, celebrativismo, devozionismo ecc...). E il vangelo ha le sue leggi e le sue regole interne per essere annunciato, senza ripiegare su metodologie di altra natura, religiosa, sociologica, psicologica, ecc....

È quanto ci siamo detti da sempre,  e cioè che una evangelizzazione  specifica postula un evangelismo di base, e quindi un soggetto reale di comunicazione  e di annuncio, che trascenda le semplici tecniche pastorali: una prassi di evangelizzazione  non può prescindere da una relazione interpersonale  tra chi annuncia e i destinatari dell’annuncio. E quindi tra una chiesa che sappia mettersi in rapporto al mondo in senso autenticamente evangelico.

La questione seria è una chiesa che sappia mettere sotto esame se stessa nella sua capacità di intendere e far risuonare la “Parola della croce” con parresia e senza facili riduzionismi. È in fondo quanto il Vaticano II ha inteso fare e ha proposto come nuovo modo di essere alla chiesa intera. Un esempio incancellabile di questo processo di attualizzazione del Concilio ce l’ha offerto il Card.M.Pellegrino con la sua Lettera Pastorale “Camminare insieme”, di cui viene riportata di seguito la prima parte, tutta da metabolizzare.

Qui la sinodalità non è tematizzata e programmata, ma è vissuta e praticata come connaturale modo di essere per una chiesa locale. Dove appunto c’è una “chiesa sinodale” del camminare insieme senza Sinodo, e dove si evince che non sarà un Sinodo a rendere sinodale la chiesa, se questa prima non si trasforma interiormente nella sua mentalità più profonda.

Quando il Card.Pellegrino passa a dare uno sguardo alla situazione, ben 50 anni fa punta il dito sulla mancanza, la qualità e le carenze della fede, e per lui basterebbe “questo accenno per renderci conto del compito immane che impegna l’opera dei pastori e di tutti i fedeli”. Se un Sinodo non si assume questo compito immane, mette seriamente a rischio il Vaticano II.

 

ABS

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