Koinonia Novembre-Dicembre 2021


In ricordo di un amico

Non passa mese che non ci sia un’amica o un amico da ricordare perché hanno lasciato la nostra dimora terrena per entrare nell’abitazione eterna del cielo. Il pensiero va ora a don Umberto Guidotti (1941-2021), noto in area pistoiese, ma che è bene  avere presente da parte di noi tutti, per la sua testimonianza veramente universale. Lo ricordiamo con le parole sentite di Lisetta Bongi, ma soprattutto con le sue, quando nel 2015 salutò la sua gente brasiliana per fare ritorno in Italia.

 

UMBERTO GUIDOTTI

 

Ho conosciuto don Umberto Guidotti nel lontano 1972, pochi giorni prima del mio matrimonio. Silvio, il mio futuro e attuale marito, me lo fece conoscere perché voleva che fosse lui a celebrare le nostre nozze.

Per questioni gerarchiche il nostro desiderio non fu esaudito, ma da allora Umberto fu il principale punto di riferimento della nostra famiglia.

Porterò per sempre nella mente e nel cuore il ricordo di quel giorno dell’ottobre 1974 in cui egli ci venne a salutare, prima di partire per il Brasile. Da allora, nonostante l’enorme distanza che ci separava, Umberto ha camminato al nostro fianco e ci è stato vicino nelle gioie e nei momenti bui che abbiamo attraversato in cinquant’anni di matrimonio. Infatti siamo sempre rimasti in contatto, tramite le lettere che inviava in risposta alle nostre ed i contatti che regolarmente avevamo sia con i suoi genitori che con i numerosi familiari che incontravamo alle celebrazioni eucaristiche, alle cene e alle conferenze alle quali partecipavamo tutte le volte che Umberto faceva ritorno in Italia.

Questi incontri ci mettevano in contatto con una realtà scomoda che ci toccava nell’animo, anche perché nei suoi resoconti sentivamo il suo farsi carico dei problemi degli “ultimi” ai quali si approcciava sempre con concretezza e profonda conoscenza.

Oltre ad avere un cuore grande, Umberto aveva una grande “testa” che gli permetteva di indirizzare le sue energie in efficaci campagne di “sensibilizzazione”. Egli infatti ha sempre anteposto all’assistenzialismo (del quale però non sempre poteva fare a meno) la presa di coscienza dei problemi e l’impegno nella lotta per la rimozione dei fattori sociali e strutturali che ostacolavano il rispetto dei fondamentali diritti umani.

Questo metodo ha contraddistinto la sua opera fin dall’inizio della sua missione in Brasile, sia quando operò nella colonia di lebbrosi di Paricatuba,  sulle sponde del Rio Negro, che quando, dopo aver contratto la “malaria falciparum” si spostò a Manaus e ricoprì l’incarico di Coordinatore della Commissione dei Diritti Umani. Incarico che lo vide impegnato in prima persona nella difesa dei “ragazzi di strada”  e nella denuncia delle torture dei prigionieri, per cui venne definito “difensore dei banditi” e fu minacciato di morte.

Fra le tante cose che ricordo di lui non posso non citare le sue omelie, sempre più spesso intramezzate da termini portoghesi, che oltre a risvegliare le nostre coscienze, fornivano spunti di approfondimento tanto che alcuni dei presenti prendevano appunti.

I ricordi che ci legano ad Umberto sono infiniti e non è possibile rammentarli tutti. In ultimo però mi viene spontaneo notare che il Brasile ha unito le nostre vite: Silvio, brasiliano di nascita, ha trascorso la vita ed ha creato una famiglia in Italia, mentre Umberto, pur essendo italiano, ha vissuto, abitato e creato in Brasile la SUA “famiglia” dedicando a questa Terra tutto se stesso.

Non è possibile descrivere l’enorme vuoto che ha lasciato in noi.

 

Lisetta Bongi Ribeiro

.

.