Koinonia Agosto-Settembre 2021
IL 4 AGOSTO DI LUIGI BETTAZZI
Il 4 agosto 1936 nella cappella della Madonna in san Domenico a Bologna veniva ordinato presbitero Luigi Bettazzi. Settantacinque anni dopo il già ausiliare del card. Lercaro e vescovo emerito di Ivrea è tornato allo stesso altare, festeggiato dall’arcivescovo card. Matteo Zuppi e dal sindaco di Bologna, da Pax Christi locale e da alcuni amici, venuti anche da Ivrea. Vale la pena di accompagnare l’anniversario - celebrato dalla sua Chiesa anche con un messaggio cordiale di papa Francesco - ripensando la storia di anni che o non sono conosciuti da chi è troppo giovane o dimenticati da chi c’era. Bettazzi è stato testimone del Concilio Vaticano II, ma anche presidente di Pax Christi Italiana prima e Internazionale poi, la Pax Christi degli anni in cui era fonte anche per i politici e i giornalisti di conoscenza del Sud del mondo, dal Vietnam al Sudafrica, alle dittature dell’America Latina. Storia di un vescovo un po’ eccezionale che ha speso la vita nel servizio ai fratelli, non solo cattolici. Va ricordato, anche se le testimonianze che si possono recuperare sono una marea e mi permetto di selezionarne simbolicamente alcune a caso per accendere qualche scintilla.
Prendo l’inizio da un’intervista di Famiglia Cristiana dello scorso anno che parte dal Concilio: “Io c’ ero. Ho iniziato a partecipare ai lavori della seconda sessione il 29 settembre 1963. Meno di un mese prima ero stato nominato vescovo ausiliare di Bologna. Il documento più bello? Forse è la Dei Verbum, che ha rimesso la Parola di Dio nelle mani e nel cuore di tutti i battezzati. Quello più attuato? Probabilmente la Sacrosanctum Concilium, che ripropone la liturgia come preghiera di tutto il popolo di Dio. Anche se oltre l’ uso delle lingue volgari, non si è fatto molto per superare il clericalismo, la prevalenza cioè del clero (e non solo nella liturgia); e oggi c’è una spinta per il ritorno all’antico con il pretesto che è più mistico. Il più importante, se possibile? Antipatico dover scegliere, ma direi la Gaudium et spes, che cambia prospettiva. Non più Chiesa giudice severa e cittadella assediata, ma aperta a leggere i segni dei tempi, compagna di strada dell’uomo. Magari fossimo capaci di attualizzarne fino in fondo lettera e spirito”. È una sintesi efficace, mancava solo il ricordo dell’impegno preso da un gruppo di padri conciliari, il “patto delle catacombe” del 1965 per una Chiesa povera e serva, profetica e samaritana, che sono i principi conciliari della sua fedeltà alla Chiesa e a se stesso.
Ma il luogo a cui deve andare l’impegno di tutti per “fare” - non solo predicare - la libertà, la giustizia, la pace è il mondo. Il card. Gianfranco Ravasi in una recensione ad uno dei suoi libri constata che “monsignor Bettazzi è spontaneamente aperto agli orizzonti più ampi: sembra quasi che egli s’affacci sempre oltre il perimetro ecclesiale o lo voglia allargare rispetto a una mera definizione canonica, pur legittima”. Basta ricordare qualche titolo a caso dei suoi libri: Aprirsi agli altri, aprirsi a Dio; La carne di Dio; In dialogo con i lontani (memorie e riflessioni di un vescovo un po’ laico); Il Vaticano II; Pentecoste del nostro tempo; Non spegnete lo Spirito (Continuità e discontinuità del Vaticano II; Apocalisse, messaggio di speranza; Anticlericali e clericali (dal Risorgimento alla nonviolenza); L’anima della sinistra (umanesimo, passioni e storia).
Poi i titoli di qualche articolo: il Bettazzi “politico” è conosciuto soprattutto per la lettera a Berlinguer , la più famosa (a una persona che, almeno in ritardo, rispondeva), anche se le “lettere ai leader” sono state più d’una. Una lettera critica Indignazione cristiana la ricevette a Ferrara anche il collega mons. Negri. Recentemente un’ultima, a Egregi evasori fiscali che non ha bisogno di commenti. Dalla mole di articoli e interviste disseminate un po’ ovunque, doveroso ricordare Il risveglio popolare della sua diocesi e Mosaico di pace. Inoltre le prolusioni delle lauree Honoris causa e premiazioni varie a partire dall’Unesco, ma soprattutto dei convegni del “Centro Studi economico-sociali per la pace” su cui riponeva molte aspettative per impegnare Pax Christi allo studio per problemi sempre più complessi che aspettavano al varco il nostro paese (esemplare la sessione “Indagine sulla crisi”, del 1992 in cui ribadiva Quattro principi per il futuro, la libertà, la giustizia, la solidarietà. la denuncia profetica). Pochi titoli simbolici degli interessi in gioco non solo per lui: Il patto delle catacombe, per dire ciò che il Concilio non volle dire; Paradiso, Concilio e Cardinali; La parola e la prassi, liberazione al Sud del mondo; La speranza non abbandona la Terra Santa; Quelle favole sulla Somalia; Fiorisce in Chapas il diaconato permanente; Un’obiezione al cappellano; Disarmati!; Il prete, un pastore istruito dal gregge; Troppe assenze tra i valori non negoziabili; Dio è unico; Questo Papa piace troppo... Una serie significativa di interventi, tenendo conto che neppure ora c’è attenzione da parte dei nostri pastori, riguarda la situazione delle donne nella Chiesa: a parte un intervento caritatevole sull’aborto (che provocò una serie di ulteriori chiarimenti in materia), Bettazzi ha scritto Per la Chiesa è “lontana” anche la donna; “Donna-prete” la gran domanda; e, quando uscì la lettera apostolica di Giovanni Paolo II a confermare l’ordine riservato ai maschi, Il Papa e l’ordinazione delle donne, ma l’ordine deve esprimere servizio e non potere; Se il maschio fa la guerra, sarà la donna a fare la pace?
Resta certo sfuocata l’immagine di un uomo, di un prete certamente non comune, che tornerà nella città che l’ha conosciuto presbitero e vescovo (ma anche cittadino, se il Comune lo ha confermato tale ad honorem) per partecipare a settembre alla beatificazione di un suo compagno di seminario, don Giovanni Fornasini, ucciso dai nazifascisti a Monte Sole, uno dei preti vittime della strage efferata (centinaia di morti, villaggi distrutti) rimasta occultata (avrebbe esteso l’importanza di Marzabotto comunista) fino a quando un altro prete, don Luciano Gherardi, che non ne sapeva nulla, pubblicò la storia della sua ricerca - Le querce di Monte Sole - nel 1986. Certamente don Luigi scriverà una testimonianza.
Giancarla Codrignani