Koinonia Maggio 2021


IL FAMILISMO ITALIANO

 

Stavo riflettendo in questo periodo, con l'aiuto di alcuni autori, su come il momento storico che stiamo attraversando in Occidente, il cosidetto post-moderno, possa essere favorevole a una riscoperta e rivalutazione del Vangelo e del suo messaggio. In quest'ottica ho rivisitato le caratteristiche sociali, culturali, psicologiche dominanti in questo periodo e mi è sembrato un po' trascurato, nelle analisi che ne sono state fatte, un fenomeno che secondo me è invece dominante, l'attaccamento “smodato” alla famiglia. Uso questo aggettivo a ragione perché non voglio certo parlare dei giusti legami affettivi che uniscono fra loro i membri di una famiglia, ma di quell'ottica distorta per cui, in difesa e per la famiglia, si è disposti ad ogni nefandezza.

Si capirà che sono stata indotta a questa riflessione dal caso di cronaca di questi giorni, relativo al processo per stupro di gruppo del figlio di Beppe Grillo. Ho ripensato anche a quell'ufficiale di Marina che, sorpreso in azioni di spionaggio a favore della Russia, ha pensato bene di giustificarsi dicendo che aveva bisogno di soldi per la famiglia, sapendo che in Italia questo giustifica tutto.

Mi sembra infatti che per sfuggire alle angosce, al senso di disorientamento e di precarietà che caratterizza il nostro tempo, mentre i più giovani ricorrono al divertimento spesso portato all'eccesso, alla “distrazione” pascaliana, gli adulti, i buoni padri e madri di famiglia si rifugiano negli affetti familiari, fino a pensare che nulla ha importanza al di fuori di essa. Sulla stessa linea di pensiero si arriva ad ogni forma di corruzione e, in poco tempo, alla mentalità mafiosa che infatti prolifera in Italia

Mi sono chiesta, a questo punto, quanto di questo stato di cose sia responsabile anche la Chiesa e la sua predicazione. Uno dei passi evangelici che mi ha sempre spinto a “stimare” umanamente Gesù è quello in cui Gesù, a chi gli dice che fuori ci sono sua madre e i suoi fratelli che chiedono di lui, risponde:”Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli?”. Confessiamo che ascoltando, o leggendo, queste parole, tante volte la nostra compassione è andata a Maria, la povera mamma trascurata dal figlio un po' snaturato! Quanti predicatori, commentando questo passo, hanno sottolineato con forza la necessità di anteporre la volontà del Padre a qualsiasi forma di affetto familiare? O non si è piuttosto annacquata la radicalità del passo evangelico con mille contorsioni oratorie per non andare contro il sentimento diffuso nella mentalità dei fedeli?

Questo atteggiamento della Chiesa si traduce poi nel sostegno incondizionato alla famiglia “tradizionale”, senza preoccuparsi del fatto che spesso queste 'belle famiglie' si chiudono in se stesse per difendersi da tutto e da tutti. Mentre sappiamo bene, lo leggiamo ad ogni Natale, che l'evangelista Giovanni nel prologo del suo Vangelo ricorda che non è il sangue e la carne che contano, ma l'essere figlio di Dio, accogliendo Cristo nei nostri fratelli più deboli.  Per seguire Lui, i discepoli hanno abbandonato lavoro e famiglie (ma come avranno vissuto da allora in poi quelle povere famiglie?). Chi voleva seguirlo non doveva indugiare neanche per seppellire il padre: “Lasciate che i morti sepelliscano i loro morti!”.  A questo siamo arrivati, una società di morti? Tutti rinchiusi fra le mura domestiche a coccolare i nostri figli e i nostri animali: conosco coppie che, avendo un cane, non sentono il bisogno di avere un figlio. Sembra che durante la pandemia sia enormemente cresciuto l'acquisto di animali domestici: non trovando più cani o gatti, ci si è accontentati anche di un criceto, di un pesce rosso, pur di non fare la fatica di riversare il proprio interesse e il proprio amore sui propri simili, o almeno di riflettere sui loro bisogni in questa circostanza.

Mi chiedo se, in quest' ottica, non sia giusto difendere il celibato dei preti perché, almeno loro, possano fornire un esempio di sequela totale come chiede Gesù, o invece, creandosi una famiglia, non possano fornire un esempio di come, tradizionale o no, una famiglia cristiana dovrebbe essere.

Non voglio, per carità, ergermi a giudice. Conosco anch'io, per esperienza, l'affetto viscerale che lega un genitore ai figli! Del resto i profeti dell'Antico Testamento ci dicono che Dio ama gli uomini con un amore che viene dalle “viscere”, ma non dobbiamo dimenticare che lui consegna il primogenito alla morte per amore degli altri suoi figli, perché si possa diventare un giorno una sola famiglia in Lui.

 

Donatella Coppi

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