Koinonia Marzo 2017


LEGGENDO KOINONIA DI FEBBRAIO

 

Da Alfio Pellegrini

 

Caro padre Alberto,

         non immagini (ma è solo un modo di dire) quale e quanto piacere mi abbia procurato la lettura delle tue riflessioni su “Quale Vangelo nella ‘capitale della cultura’” uscito in “Koinonia” di febbraio.

Ho ricevuto il fascicolo solo ieri ed ho subito letto questo tuo intervento di apertura, per andare poi a “Dopo Atene”, al quale rinvii e che si legge in chiusura.

Non ci sono, in me, le tue stesse motivazioni di fede, lo sai. Ho respirato lo stesso a pieni polmoni (forse senza neppure comprendere tutto fino in fondo), perché per come vedo io le cose, tu metti il dito nella piaga.

Noi trattiamo sempre più la cultura come un oggetto. Da qui l’uso strumentale, “turistico”, “neutro”, “consumistico”. Mettiamo in evidenza (in mostra) le “belle cose” che abbiamo, che i nostri predecessori ci hanno lasciato. Non è importante? Sì che anche questo ha un suo rilievo e può essere importante. Ma dimentichiamo, limitandoci a questo, il nucleo vitale che tutto ciò ha reso possibile. La cultura o è lievito o non è. Voglio dire: o è atto vitale del presente nel presente o si riduce a inerte archeologia, peggio, a mero antiquariato e tutt’al più a estetismo.

Quindi parlare di Vangelo nel modo in cui ne parli tu (che a me pare molto in sintonia con quello in cui ne parla Papa Francesco) vuol dire anche ai miei occhi agnostici scardinare l’inganno e riportare la cultura al suo significato profondo, che è di fermento appunto (lievito, dicevo sopra). Cultura non è mero sapere. Cultura è accendere scintille, scintille di futuro.

Mi pare tu intenda anche altre cose, che almeno vagamente mi pare di capire, ma già questo mi basta per tornare, salutandoti, ad abbracciarti con tanto affetto. E grazie per il lavoro che stai svolgendo.

Alfio Pellegrini 

 

 

Da Daniele Garota

 

Caro Alberto,

         ho letto e riletto con attenzione il tuo “Dopo Atene” sull’ultimo numero di Koinonia. Lì il tuo mettere in luce i problemi veri dell’evangelizzazione è così autentico che potrebbe forse essere adatto più alla Chiesa di oggi che a quella di 40 anni fa.

Sento parlare troppa gente di Vangelo precipitandosi a dire a tutti ancora prima di cominciare (spesso in maniera saputa quanto compiaciuta), di essere non credente; e troppa altra gente che crede di credere in maniera devotissima senza essere mai entrata col cuore nel dramma evangelico della fede nel Dio crocifisso, per non fare mie ancora oggi queste tue parole esortative: “Rendere la fede Vangelo e il Vangelo fede. E questo perché c’è troppa fede vissuta in senso semplicemente devozionistico e in modo poco evangelico, mentre dall’altra parte c’è troppo Vangelo vissuto senza fede con conseguenze gravi di mutilazione e falsificazione sia in un caso che nell’altro”.

Mi ha fatto tanto bene e di questo ti sono fraternamente grato. Un abbraccio,

Daniele

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