24 dicembre 2023 -  IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B)

Jan van Eyck: Annunciazione (1440)

Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza

 

 

PRIMA LETTURA (2Samuele 7,1-5.8-12.14.16)

 

Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te».

Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa.

Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.

La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».

 

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 88)


Rit. Canterò per sempre l’amore del Signore.

 

Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».

«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».

 

 

SECONDA LETTURA (Romani 16,25-27)

 

Fratelli,
a colui che ha il potere di confermarvi
nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo,
secondo la rivelazione del mistero,
avvolto nel silenzio per secoli eterni,
ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti,
per ordine dell’eterno Dio,
annunciato a tutte le genti
perché giungano all’obbedienza della fede,
a Dio, che solo è sapiente,
per mezzo di Gesù Cristo,
la gloria nei secoli. Amen.


VANGELO (Luca 1,26-38)

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da l

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In altre parole…

A parte il coinvolgimento emotivo e magari anche religioso che ci prende – e che in qualche modo ci unisce tutti nel sentimento di umanità e di fratellanza – non può mancare una visione del Natale, che lo renda significativo e ci accompagni al di là della stessa ricorrenza. Forse la parola-chiave può essere l’oggi nel messaggio degli angeli ai pastori, i primi destinatati in assoluto del loro annuncio di gioia, invitati a non temere con queste incredibili parole: “Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore” (Lc 2,11). L’eterno “oggi” di Dio si incrocia nel tempo con i “giorni dell’uomo”. Non diamo tutto per scontato: i pastori sconvolti, noi indifferenti e troppo assuefatti! Non abbiamo bisogno di una salvezza o questa è stata declassata se non derubricata?

L’oggi di Dio segna la “pienezza dei tempi”, in cui si realizza il suo disegno di “ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10); l’oggi di Dio che si attua con la nascita del salvatore a Betlemme: il mondo creato va riconquistato da colui “per mezzo del quale tutte le cose sono state create”! In effetti l’annuncio dell’angelo viene integrato e specificato dall’evangelista per darci da subito il contenuto essenziale del vangelo: “un salvatore, che è il Cristo Signore”. Per noi, è come entrare in una nuova creazione e in una diversa condizione di vita, “in Cristo”, una “esistenza cristiana” che trova in queste parole della lettera a Tito la sua motivazione e la sua regola: “È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo” (Tt 2,11-13).

Un’attesa che continua nel tempo più o meno lungo della nostra vita, perché non si tratta più di un messianismo solo di desiderio, ma presenza viva e speranza viva di qualcuno che ci visita e che si è fatto conoscere per essere creduto e assumerci a sé. Ma in questa luce forse possiamo tornare alla narrazione evangelica, quando i pastori ricevono un segno di quanto era stato loro annunziato: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). Il significato profondo di questo fatto è dato dal canto degli angeli, che dialogano con questi loro semplici e dispersi interlocutori. Frutto di una fantasia davvero fuori del comune. Le loro sono parole che danno il senso di quanto sta accadendo nel cuore del mondo e degli uomini: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2,14). Parole forse troppo abusate e lasciate cadere come segnale di festa nelle assemblee!

Ed ecco i pastori incamminarsi in pieno accordo verso il luogo indicato o segnalato, dove il dialogo continua con Maria e Giuseppe, a cui “riferirono ciò che del bambino era stato detto loro” (Lc 2,18), suscitando stupore e riflessione, come davanti a qualcosa di assolutamente nuovo e tutto da comprendere. Quanto ci sarebbe da apprendere da questi contatti, che sono il germe di un’umanità sana, non però in senso spiritualista interiorizzante! Il Salvatore nato è già lì, ed è operante, e noi dovremmo ripensare il mistero della salvezza nel mondo a partire di qui.

Di questi pastori non si fa la storia, ma si dice semplicemente che se ne tornarono “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e  visto”, evidente confessione di fede che li ha chiamati alla salvezza: una salvezza che si rivela dono gratuito di grazia e che richiede di diventare verità vissuta, come sarà successo senz’altro a quei poveri uomini, anche se noi non ne sappiamo nulla. “Ecco vi annunzio una grande gioia”, “è nato per voi il Salvatore”, “avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”: è su questa falsariga che dovremmo vivere il mistero del “Verbo fatto carne” se non vogliamo vanificare la nostra fede.

Cari amici fraterni, nessuno si senta negato o escluso dal rendere gloria a Dio, il solo sapiente, che ha il potere di confermarci nel vangelo che annuncia Gesù Cristo, avvolto per secoli nel silenzio, ma ora manifestato e “annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede”. Salvo restando che questa manifestazione non è piena e definitiva, per cui la condizione rimane quella per i più di giungere alla “obbedienza della fede”, ma unica ragion d’essere di una chiesa pensata e inviata alle genti fino ai confini del mondo, per questo compito con queste rassicuranti parole: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente”. “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno” (Eb 13,8).

Tutto sta a vedere quale visione prospettica si ha e si dimostra di questa presenza viva e reale, ma sempre nascosta. In ogni caso non sarebbe fuori luogo riandare a Betlemme, come al luogo in cui un’autentica icona di chiesa è data da Maria e Giuseppe, gli Angeli e i Pastori. (ABS)


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