1 maggio 2022 - III DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)

 

Caravaggio: Crocifissione di san Pietro (1600-1601)

Roma, Santa Maria del Popolo

PRIMA LETTURA (Atti degli Apostoli

In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo».

Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati.

E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono».

Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.

 

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 29)


Rit. Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

 

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

 

 

SECONDA LETTURA (Apocalisse 5,11-14)

 

Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce:
«L’Agnello, che è stato immolato,
è degno di ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e forza,
onore, gloria e benedizione».
Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano:
«A Colui che siede sul trono e all’Agnello
lode, onore, gloria e potenza,
nei secoli dei secoli».
E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.


VANGELO (Giovanni 21,1-19)

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

 

 

In altre parole…

 

Forse non è fuori luogo fissare lo sguardo e l’attenzione su Pietro in un momento poco considerato della sua esistenza: la sua crocifissione, che Gesù stesso gli aveva preannunciato, “per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio”. E soprattutto quando gli dice perentoriamente “seguimi”, con evidente allusione alla sua morte, di uno che gli aveva detto “darò la mia vita per te!” (Gv 13,37)! Pietro capisce e sa dove la sequela di Cristo a questo punto potrà portarlo, e si familiarizza con questa idea guida, tanto che nella sua prima lettera avverte (4,12): “Carissimi, non vi stupite per l'incendio che divampa in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano”. Quindi aveva capito quanto precedentemente aveva rimosso, rimproverando addirittura Gesù quando cercava di mettere i discepoli davanti alla sua morte in Gerusalemme ed egli insorge: “Dio non voglia, Signore! Questo non ti avverrà mai” (Mt 4,22). L’esortazione di Pietro ai cristiani è quanto mai attuale, per le situazioni di imprevedibilità che viviamo, ma soprattutto è un richiamo alla realtà di fondo del discepolato, che non esclude il martirio, e che ci chiama ad una testimonianza di vita prima che di opere.

 

Può sembrare abbastanza strano che il vangelo di Giovanni chiuda in questo modo non consono a tutto l’insieme. In effetti si tratta di un’appendice, che però a suo modo è significativa. Si parla di una nuova manifestazione di Gesù ai discepoli, che però non ha più una funzione pedagogica ed organica, quella di portarli alla fede in lui.

È la narrazione di un episodio, che in qualche modo ci riporta alle origini e che forse vuole segnalare un nuovo inizio: siamo in Galilea e i discepoli più vicini quasi al completo si ritrovano presso il mare di Tiberiade, dove Pietro improvvisamente decide di tornare a fare il pescatore, mentre gli altri si accodano. La pesca non è delle più favorevoli, quando inaspettatamente qualcuno li interpella e invita a riprovare. Sappiamo come è andata, e se all’inizio non si erano accorti che era Gesù, ora nasce il sospetto e, memore dell’altra pesca miracolosa (Lc 5,4-9), è ancora Giovanni a dire a Pietro “è il Signore!”. Pietro non si smentisce e anticipa tutti incontro al Signore, che invita tutti a portare del pesce fresco per mangiare insieme.

 

Ma anche qui c’è un momento di sospensione, tra la certezza interiore di una presenza e il timore di chiedere chi fosse colui che voleva mangiare con loro: in qualche modo si ripete la scena di Emmaus, tant’è che quando Gesù dà loro del pane e del pesce la manifestazione si fa piena e rassicurante. Non solo, ma si ripete anche la scelta di Pietro come guida, questa volta però in termini di coinvolgimento personale con la triplice domanda “mi ami?”: più che una investitura, è una consegna e un affidamento, in cui l’amore di Cristo è presupposto e garanzia dell’amore per il gregge.

 

Tutto lascia pensare, insomma, che qui ci sia una riproposta e un aggiornamento di quanto c’era stato all’origine, quando ci fu la chiamata a diventare pescatori di uomini. Verrebbe da dire che qui assistiamo alla prova generale della nuova pesca nel mondo di pesci di ogni genere e in abbondanza. Un’azione in cui Gesù sembra defilarsi, al tempo stesso in cui rimane fedele alla sua promessa di essere con loro tutti i giorni e accompagnarli nella loro nuova missione. Le parole conclusive del vangelo di Marco infondono forza e fiducia per questa pesca: “E quelli se ne andarono a predicare dappertutto e il Signore operava con loro confermando la Parola con i segni che l'accompagnavano” (Mc 16,20). Non ci dice nulla il fatto che tutto avvenga a cielo aperto e non nel tempio o in qualche assise ufficiale?

 

È quanto ci è dato di vedere negli Atti degli Apostoli, dove li troviamo impegnati ad insegnare nel nome di Gesù, in sua vece e riguardo a lui, e dove cominciano ad avere le prime avvisaglie di opposizione e le prime opportunità di rendere testimonianza, “lieti di essere giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”. Forse per noi “insegnare nel nome di Gesù” è diventato più che altro dottrina, catechesi, esegesi,  precettistica, elevazioni spirituali, in altre parole qualcosa che si inquadra in un sistema mentale e pratico di comportamento, magari facendo leva sull’affermazione avulsa che “bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”. 

 

Si dimentica che obbedienza a Dio è prima di tutto fede in lui e nella sua opera da proclamare apertamente, in quanto quel Gesù che essi avevano “ucciso appendendolo a una croce” il Dio dei padri lo ha risuscitato. E questo in risposta a quanti volevano impedire l’insegnamento nel suo nome e non accettavano che si facesse ricadere su di loro il sangue di quell’uomo. Il conflitto non era da poco, ma viene da chiedersi se per noi tutto non sia stato appianato e normalizzato, tanto da far perdere rilevanza ad un’affermazione decisiva della nostra fede, divenuta quasi insignificante nella coscienza cristiana: e cioè che “Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati”. Quanto è presente nella nostra predicazione questo richiamo ad una verità tanto decisiva? Non sarebbe necessario riportare il credere della chiesa ai suoi capisaldi al di là di rifacimenti e aggiustamenti?

 

Diversamente perderebbero di senso le parole dell’Apocalisse, che peraltro ci prospettano gli esiti e il compimento della pesca di uomini nella storia, tanto da parlare di moltitudini immense di redenti. Non possiamo dimenticare che “il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni genere di pesci” (Mt 13,47) e così come se ne fa una cernita tra il buono e quello che non vale nulla, alla stessa maniera “avverrà alla fine dell'età presente” (ib. 49).

 

Dovrebbe avere un suo valore anche nel nostro oggi il fatto che il canto finale di tutti i redenti sarà quello di chi si è reso conto di come e di quanto la grazia di Dio ha operato in noi, e rende grazie in eterno con gli angeli e i santi, con un “Amen” totale, che ora ha i suoi vagiti nella nostra fede. (ABS)


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