I CRISTIANI UNITI IN UN'UNICA PREGHIERA


Non ho nessuna intenzione di abbozzare in due pagine un discorso sulla necessità dell'ecumenismo e sui principi direttivi che guidano il cammino di riavvicinamento tra le chiese cristiane: esso risulterebbe troppo astratto e generico, e non potrebbe che ripetere troppi luoghi comuni.
Voglio invece partire da un'occasione precisa, ossia dall'ottavario di preghiere per l'unità delle chiese, che ricorre ogni anno nella terza settimana di gennaio. In questo periodo si fanno orazioni per tutto le chiese cristiane, si celebrano liturgie con riti diversi, si intendono predicare dei responsabili di altre confessioni, si partecipa a delle celebrazioni ecumeniche di preghiera. Lo spazio e l'importanza riservati agli esponenti non-cattolici varia da Paese a Paese o da diocesi a diocesi, secondo la maturità ecumenica dei vescovi, dei sacerdoti o dei fedeli. Purtroppo l'Italia, a parte alcune lodevoli eccezioni, non detiene in questo campo una posizione di avanguardia. Anche le "piccole aperture", comunque, sono positive, e sarebbero state impensabili quindici o venti anni fa, quando era imperante l'"ecclesiologia del ritorno": tutte le chiese non-cattoliche, si pensava, dovevano convertirsi alla chiesa romana, sola detentrice di tutta la verità rivelata. Ora invece si afferma (anche se tale convinzione è lungi dall'essere passata nella mentalità di tutti) che ogni chiesa ha una parto di verità (è ovvio che per i cattolici la loro chiesa ha una maggior parte di verità delle altre), e che si tratta davvero di operare una,conversione e un ritorno, non a Roma però, ma a Cristo. E pertanto anche la chiesa di Roma deve essere in continuo stato di conversione.
Si riconosce pure che l'unità non è uniformità, e che quindi essa deve andare unita alla diversità, il che comporta un arricchimento, poiché si ritiene tutto ciò che è valido nelle tradizioni delle varie chiese. Questa attitudine interconfessionale si accompagna ad un simile comportamento all'interno della chiesa cattolica, dove la stessa fede fondamentale è espressa in modo sempre più differenziato, sia nella liturgia (agli antichi riti cattolico-orientali si aggiungono ora le varie liturgie del Terzo Mondo, molto attente alle culture dei singoli popoli, e le innumeri liturgie sperimentali dell'Occidente, che cercano anch'esse di incarnarsi in realtà socio-culturali diverse) che nella teologia (ove è definitivamente tramontato il periodo del monolitismo teologico, che era chiuso alle sollecitazioni e agli apporti esterni, e che esaltava l'imitazione e non certo la creatività).
Questi passi in avanti sono importanti, ed è per questo che, pur constatando che molti passi decisivi restano da fare, io continuo ad avere molta speranza nei confronti dell'ecumenismo. E' una speranza fondata sulla certezza che l'unità è fatta da Dio e non dagli uomini, e che quindi può non corrispondere in molti aspetti al nostro progetto ecumenico; ed inoltre tale unità non la si fa una volta per tutte, ma essa è dinamica, poiché traduce la necessità di continua conversione dei singoli cristiani e delle varie chiese (o anche, domani, dell'unica chiesa).
E' vero però che Dio per agire si serve degli uomini e del loro libero consenso: per questo la fede deve essere attiva, anche se questa operosità - è bene ricordarlo - è una risposta di amore all'iniziativa di amore di Dio, e non può quindi immiserirsi nella ricerca dei "meriti", come purtroppo spesso si pensa ancora. Se infatti la salvezza viene da Dio, essa è opera della sola grazia: ed è per questo che essa è concessa a tutti, anche ai malvagi. Del resto, qualcuno fra noi pensa forse di non essere un malvagio? Nessuno quindi è giusto, ma tutti sono giustificati.
Ho fatto un discorso teologico preliminare abbastanza lungo, ma lo pensavo necessario per affrontare "in positivo" (cioè facendo qualche proposta) l'argomento specifico, quello della preghiera interconfessionale. Io vorrei e chiederei che le preghiere per le chiese cristiane non-cattoliche e per i loro responsabili non fossero limitate al periodo dell'ottavario, ma divenissero preoccupazione costante per tutto l'anno. Ed inoltre proporrei che esso fossero inserite nel canone della Messa; in tal modo esso avrebbero una forma meno precaria, e sarebbero meno dipendenti dal l'eventuale ispirazione di alcuni preti e laici. Noi preghiamo durante ogni messa per la chiesa cattolica e per il papa Giovanni Paolo II. Dovremmo pregare anche per le chiese ortodosse e per Sua Beatitudine il patriarca ecumenico Demetrios, per la Comunione anglicana e per il suo presidente il Reverendo Coggan, per le chiese della Riforma e per il dottor Potter, segretario del Consiglio Ecumenico delle chiese; e dovremmo pregare anche per le chiese non-calcedoniane (copti, armeni...) e per le cosiddette "chiese libere" (avventisti, pentecostisti...) e ancora, l'orazione dovrebbe ricordare a Dio non solo i responsabili centrali delle chiese, ma anche quelli locali (come preghiamo per il nostro vescovo, dovremmo farlo per il pastore battista o valdese della nostra città...).
Non voglio pensare che qualcuno possa chiedersi se tale preghiera non sia per caso "sprecata". Che cosa chiederemmo infatti con essa? Che tutte le chiese e tutti coloro che in esse esercitano una responsabilità siano più fedeli al Cristo e allo Spirito.
Certo, la cosa più bella non sarebbe soltanto di inserire queste preghiere ecumeniche nel Canone della liturgia eucaristica, ma di inventare - sia pure con la dovuta prudenza - altri Canoni più ecumenici, più liberi e sciolti in quanto più biblicamente fondati. Le chiese locali dei primi secoli cristiani non si comportavano forse così? E poi questi Canoni potrebbero venire riconosciuti dall'autorità ecclesiastica. Ma questo lavoro non richiede soltanto una competenza biblica e teologica, nonché una grande apertura ecumenica. L'"immaginazione creatrice" è l'attività propria dei poeti: e tutte le chiese cristiane soffrono di una pressoché totale assenza di uomini e donne dotati non solo di spirito poetico, ma che siano disposti a "esprimere l'inesprimibile" della fede con un linguaggio poetico che sappia parlare al cuore dei nostri contemporanei.

Ettore De Giorgis





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