12 giugno 2022 - SANTISSIMA TRINITÀ (ANNO C)
Lorenzo Lotto: Trinità (1519-1520)
Bergamo, Museo Adriano Bernareggi (deposito temporaneo)
PRIMA LETTURA (Proverbi 8,22-31)
Così parla la Sapienza di Dio:
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 8)
Rit. O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi.
Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.
SECONDA LETTURA (Romani 5,1-5)
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
VANGELO (Giovanni 16,12-15)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
In altre parole…
Volendo dirci qualcosa di quanto il mistero della Santissima Trinità possa ispirare, ciò che interessa non è certamente la trattazione di un tema, quanto piuttosto tentare di decifrare la nostra stessa esistenza umana e cristiana: è come far emergere nella nostra coscienza che “in lui viviamo, ci moviamo e siamo” (At 17.28). E se questo è vero per la nostra condizione esistenziale, a maggior ragione lo è in quanto battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, e cioè in quanto segnati per la vita eterna.
Quella figura d’uomo che Lorenzo Lotto ci presenta nella luce del Padre, e fonte a sua volta di luce nello Spirito, sta a dirci che siamo entrati anche noi come umanità nella “speranza della gloria di Dio” (Rm 5,2). E tutto questo all’orizzonte di quel creato che all’origine era “cosa buona”, e che ritrova ora il suo senso come nuova creazione. Non sono mondi separati e sovrapposti, ma distinti e comunicanti. E forse non ci rendiamo conto che ci si aprono davanti spazi sconfinati di esperienza e di vita “secondo la misura del dono di Cristo” (Ef 4,7).
È davvero un peccato che l’esistenza cristiana risulti confinata in formule dogmatiche, in pratiche, osservanze, precetti ecc. e non sia più un’avventura da vivere nello Spirito di Cristo Signore verso il Padre. Ed anche quando facciamo riferimento al Vangelo, pensiamo sempre a qualcosa di predefinito e di normativo, e non invece alla prospettiva di comunione col Padre, il Figlio e lo Spirito santo. In realtà, del Padre, del Figlio e dello Spirito santo ci parlano tutta la creazione, tutta la storia, tutta l’esperienza umana in profondità e in estensione, e non sono mai mancate voci che riportano il cuore dell’uomo a questo nucleo vitale dell’universo. Quali che siano le configurazioni assunte da questa anima del mondo, è innegabile che essa è stata intesa dai molteplici interpreti come ciò che c’è di irriducibile e di incondizionato nel variare delle cose e degli eventi: l’eterno nel tempo!
Ma è chiaro che avvicinarsi o addentrarsi, alla luce delle Scritture, in questo “mistero nascosto da secoli nella mente di Dio, creatore dell'universo” (Ef 3,9; cfr. Col 1,26) porta a considerare quanto “viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento” (Gc 1,17). E tanto più quando leggiamo che questa Sapienza che è nelle cose “è un'emanazione della potenza di Dio, un effluvio genuino della gloria dell'Onnipotente… un riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell'attività di Dio e un'immagine della sua bontà. Sebbene unica, essa può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso le età entrando nelle anime sante, forma amici di Dio e profeti” (Sap 7, 24-27). Sono parole incisive che valgono indistintamente per tutti: tutto sta a vedere se in ogni ambito culturale, tanto laico quanto religioso, c’è una ricerca di sapienza, e se questa sapienza rimane un tesoro desiderabile per se stessa, in un tempo in cui beni particolari di ogni tipo diventano valori assoluti e di chiusura.
Celebrare la “Santissima Trinità” non è perciò limitarsi a ciò che c’è di specifico e di più esplicito nel mistero cristiano, ma è luce per scrutare la presenza e l’attività di Dio attraverso la sua sapienza. Cosa che possiamo fare attraverso le letture proposte, a cominciare dal libro dei Proverbi. Qui la Sapienza di Dio presenta se stessa in piena attività creativa ma increata e generata, co-principio, co-eterna, co-agente della creazione, in un compiacimento interattivo fino a far traboccare la delizia che ne scaturisce sui figli dell’uomo: generosità totale e incontenibile che ci coinvolge! Non ci sarebbe motivo di levare questa sapienza di vita di sotto il moggio per rimetterla sul candelabro di casa, almeno dentro la chiesa?
Ma in senso più strettamente cristiano, le cose vanno ancora più avanti, e questa sapienza di Dio come sua Parola creatrice non è che il Verbo fatto carne che prende dimora presso di noi, lei o lui che in principio era presso Dio. Dimentichiamo troppo facilmente che tutta la vicenda umana e storica di Gesù vuole portarci a questa sapienza di Dio, sapendo che “per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1Cor 1,30); e sapendo soprattutto che si tratta di Cristo crocifisso “potenza di Dio e sapienza di Dio” (1Cor 1,24).
Se c’è una proclamazione e visibilità pubblica della “Parola della croce” (1Cor 1,18), non ci deve sfuggire il fatto che Gesù ha a cuore di introdurre i suoi a questa partecipazione intima nello scambio ininterrotto che c’è tra lui, il Padre e lo Spirito di verità. Egli si rende perfettamente conto che come suoi discepoli non siamo in grado di portare il peso delle cose future e di ciò che deve accadere (cfr. Lc 21,36), ma non ci abbandona e non ci lascia in balia di noi stessi. Vuol dire che egli continuerà a parlarci mediante il suo Spirito in maniera ancora più efficace e più intima, per cui il campo della esperienza e della comprensione è tutt’altro che chiuso, anzi è più che mai aperto. Le sue parole sono spirito e vita, e sarà il suo Spirito a seminarle nei nostri cuori, sapendo però che sono sue e che non sono diverse da quelle che il Padre comunica a lui: ed in questa circolazione interna di vita siamo coinvolti anche noi. Perché non dirci queste cose come fonte e prospettiva di vita, e magari far credere che diventare discepoli di Cristo sia solo un gran peso?
Se la nostra fede in Cristo vale a qualcosa, è appunto per rimetterci in pace con Dio come nostro orizzonte di vita: è un nuovo stato di grazia in cui siamo messi, “saldi nella speranza della gloria di Dio”. Una speranza che è messa alla prova nella tribolazione, ma che non delude, “perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. È quello che intendiamo quando si parla di vita di grazia, di esperienza teologale, di partecipazione trinitaria: altro non è che esistenza cristiana di battezzati “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo”. Confessare e celebrare il mistero della Santissima Trinità è quanto di più coinvolgente si possa pensare, ma poi sta a noi lasciarci portare da questo vento di libertà dei figli di Dio! (ABS)