23 maggio 2021 -  DOMENICA DI PENTECOSTE (ANNO B)

 

Jacopo Vignali: La Pentecoste (1648)

Borgo San Lorenzo (Fi), Pieve di S. Lorenzo

PRIMA LETTURA (Atti degli Apostoli 2,1-11)

 

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.

Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

 

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 103)

Rit. Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

 

Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.

Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.

 

 

SECONDA LETTURA (Galati 5,16-25)

 

Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.

Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge.

Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.



VANGELO (Giovanni 15,26-27; 16,12-15)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

 

 

In altre parole…

 

Questa immagine di Jacopo Vignali, nella sua varietà di volti, ci dice subito come la Pentecoste coinvolga tutti in maniera diversa e personalizzata: e il fatto che il quadro si trovi nella vicina Pieve di Borgo san Lorenzo ci fa pensare che è qualcosa che si rinnova in casa propria. Come avvenne appunto nella casa del centurione Cornelio a Cesarea (cfr. At 10), dove Pietro si rende conto dell’agire di Dio nei confronti dei “pagani” e assiste alla discesa dello Spirito Santo sopra tutti coloro che ascoltavano il suo discorso. È quando egli arriva a compromettersi davanti ai Giudei dicendo: “Forse che si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?” (At 10,47). È stata anche questa una Pentecoste, così come quando Paolo ad Efeso incontra i discepoli che avevano ricevuto solo il battesimo di Giovanni ed impone loro le mani perché ricevano lo Spirito Santo (cfr. At 19,1.6). A parte manifestazioni particolari, Pentecoste è il modo abituale di agire di una Chiesa che si vuole “in uscita”!

 

È l’esperienza che essa stessa fa dello Spirito che la può convertire. In qualche modo Pietro è un convertito ad opera di Cornelio, le cui preghiere erano state esaudite ricevendo la sua visita. E possiamo sapere quale fosse il discorso di Pietro che provoca la discesa dello Spirito santo su quanti lo ascoltavano: che Dio ha risuscitato al terzo giorno Gesù e “ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio” (At 10,42). La parola dell’apostolo serve a provocare e far nascere il contatto col Risorto, che è “Spirito datore di vita” (1Cor 15,45) e che agisce direttamente su quelli che si aprono a lui. La sua azione si riassume in queste sue parole rivolte al Padre: “E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola” (Gv 17,22). Il dono dello Spirito assicura queta comunicazione e circolazione di vita, da cui non possiamo prescindere!

 

Non c’è da pensare a Pentecoste come ad evento aggiuntivo, quando invece è questa continuità di vita col Cristo glorificato: il compimento di quanto andava dicendo loro per prepararli al dopo Ascensione, così come in precedenza aveva cercato di prepararli alla sua crocifissione e morte. In questo senso possiamo ascoltare le sue parole, quando ci dice espressamente che questo Spirito di verità, che procede dal Padre e che egli trasmette, ci darà testimonianza di lui, e cioè ce lo farà conoscere nell’intimo e in profondità. Ma questa stessa testimonianza che il suo Spirito dà a noi è quella che noi in continuità dobbiamo dare a lui e di lui, perché abbiamo preso parte al mistero della sua vita: siamo stati con lui!

 

Questa testimonianza nasce dallo Spirito di verità e non può essere intesa e ridotta a semplice buon esempio o buona azione, ma deve comunicare lo stesso Spirito: la testimonianza non attiene tanto alla bontà, quanto alla verità, come ci fa capire Gesù davanti a Pilato. Ed è per questo che essa è propriamente “martirio” ed espone a persecuzione. Ce lo ha fatto presente immediatamente prima Gesù quando ci ha detto: "Il servo non è più grande del suo signore. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo ve lo faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato” (Gv 15,21-22). Gesù ci dirà ancora: “Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo” (Gv 17,14). Questo non autorizza crociate, ma ci dice che abbiamo bisogno dello “Spirito di verità”, del Consolatore, del Paraclito, perché ci illumini e ci sostenga interiormente nell’inevitabile confronto con quel mondo che ha in odio il Padre e il Figlio prima di noi. Qualcosa che può succedere anche al proprio interno!

 

Per questo è necessario rimanere in attento ascolto e in dialogo, perché Gesù ci dica via via ciò di cui possiamo portare il peso, in modo che il suo Spirito ci conduca alla verità tutta intera senza comodi riduzionismi falsificanti: nessuno è negato a questa comunicazione, che perciò non va negata a nessuno! Quanto però teniamo conto che egli ci dirà “tutto ciò che avrà udito e annuncerà le cose future?”. Quanto ci sta a cuore di partecipare a questa “sacra conversazione” che ci rende partecipi dello scambio che c’è “in seno al Padre” (“in sinu  Patris”, Gv 1,18)? Di qui la glorificazione e quindi la vera testimonianza del Figlio, che ci rassicura con queste parole tutte da scolpire nel cuore: “Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”. Perché non familiarizzarsi con queste verità e non farne motivo di vita, anche quotidiana?

 

È quello che ci esorta a fare san Paolo: “Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito”. C’è come uno spartiacque tra la vita animata dallo Spirito Santo e la vita della pura e semplice condizione umana regolata dalla Legge ma sempre in eterno conflitto tra quanto il nostro egoismo ci spinge a cercare e quanto nelle nostre intenzioni di bene vorremmo perseguire. Una lotta interiore senza sosta in cui possiamo essere vincitori appunto se facciamo nostro il sentire di Cristo grazie allo Spirito che egli ci dona. Infatti: “Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri”.

 

Potremmo parlare di una Pentecoste interiore ed intima come costante di una vita cristiana guidata dallo Spirito. Ma è chiaro che quando ciò avviene, non può non avere una risonanza esterna e pubblica, appunto come testimonianza del tutto spontanea. Ed è quanto risulta dalla narrazione degli Atti degli Apostoli al compimento dei 50 giorni di Pentecoste: non indicazione cronologica né semplice cronaca di fatti, ma discorso profetico ed escatologico di annuncio e di attesa. È quanto si sarebbe dovuto avverare e quanto deve sempre compiersi, quasi nuovo Sinai e Nuovo Popolo di Dio nel mondo!

 

In effetti, ci viene presentata la prima uscita pubblica della Chiesa di Dio come nuovo Israele, ciò a cui bisognerebbe tornare ed attenersi, se vogliamo comprendere  il mistero della Chiesa nel mondo non più in termini “cenacolari”  e cultuali - “si trovavano tutti insieme nello stesso luogo, seduti”, ”assidui e concordi nella preghiera” (At 1,14) - ma cominciando “a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”: in modo cioè che tutti i popoli possano sentir parlare nella propria lingua ”delle grandi opere di Dio”.

 

È qui lo specifico di una chiesa, che non può e non deve essere surrogato da niente altro. Lo Spirito promesso da Gesù agli apostoli, per metterli in grado di essere suoi testimoni, deve tradursi immediatamente nella parola della predicazione, quasi come effetto; mentre lo stesso Spirito dà vita alla comunità cristiana, che nasce in stato di missione: “Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatté impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano seduti”. Per cui è un controsenso continuare a ripetere a vuoto che la chiesa è missionaria di suo, quando questa rimane comodamente seduta, introversa e autoreferenziale. Sarà vera Pentecoste?  (ABS)


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