31 maggio 2020 - DOMENICA DI PENTECOSTE - MESSA DEL GIORNO (ANNO A)


 Beato Angelico: Pentecoste (1450-1455)

 

PRIMA LETTURA (Atti 2,1-11)

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.

Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 103)


Rit. Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

 

Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.

Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.

 

 

SECONDA LETTURA (1Corìnzi 12,3b-7.12-13)

Fratelli, nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo.

Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune.

Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.

VANGELO (Giovanni 20,19-23)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».




In altre parole…

 

La suggestiva immagine dell’Angelico affascina per la sua armonia, ma al tempo stesso ci fa interrogare sul messaggio che vuole trasmettere, perché non è solo illustrativa, ma profondamente teologica. Così come non è solo racconto di un fatto,  quello narrato da Luca negli Atti “mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste”: è rivelazione di un mistero perenne pronto a rinnovarsi, come ebbe a dire Giovanni XXIII quando parlò del Concilio come “nuova Pentecoste”! Se Pentecoste è compimento, rendiamoci conto che anche l’evento-Vaticano II deve ancora compiersi, fino a portare tutti a dire: “Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?”.

 

Giovanni ci fa capire che il luogo con le porte chiuse, dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, era il cenacolo. Nella immagine appare come spazio interno ad un edificio sacro, figura del Tempio in cui secondo alcuni potrebbe essersi verificato l’evento, in ogni caso prefigurazione di una chiesa che viene allo scoperto proprio in quel momento: qualcosa di imprevisto succede infatti all’improvviso in quel gruppo, anche in relazione a quanti sono fuori.

 

Stando sempre al testo di Giovanni, la sera dello stesso giorno in cui Maria aveva annunciato di aver visto il Signore, Gesù in persona viene in mezzo a loro ed essi gioiscono “al vedere il Signore”: lo vedono dunque  come “il Signore”, così  come del resto era successo allo stesso Giovanni una volta arrivato al sepolcro e come stava succedendo in quella stessa sera ai discepoli di Emmaus: “Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.” (Lc 24,31). È quel rinascere dall'alto o di nuovo dall’acqua e dallo Spirito di cui Gesù parla a Nicodemo come condizione per entrare nel regno di Dio. (cfr. Gv 3,3).

 

E se ora egli saluta quel “piccolo resto” dicendo “pace a voi”, vuole che capiscano che tipo di pace sia la sua e da dove viene: dalle ferite delle mani e del fianco, quelle piaghe da cui siamo stati guariti. (cfr. 1Pt 2,25). Ed è sempre dal ripetuto saluto di pace, frutto della sua morte e resurrezione, che nasce il mandato del Padre trasferito ora su di loro: pace che è riconciliazione e perdono, ma che di fatto è accolta da alcuni – “i figli della pace” (cfr Lc 19,5-6) – e rifiutata da altri. Da qui il giudizio secondo cui rimettere o non rimettere i peccati, a seconda appunto che venga accettata o meno la loro predicazione del vangelo. Ma tutto questo è grazie al fatto che egli comunica ad essi con un soffio il suo Spirito, e così li abilita a continuare la sua opera nel mondo. Si compie dunque la promessa più volte fatta e che ora li investe di forza nuova come dono del Crocifisso-Risorto, ormai “spirito datore di vita” (1Cor 15,45).

 

Per Giovanni, lo sappiamo, non ci sono tempi e scadenze, e tutto avviene contemporaneamente ad opera del Cristo glorificato. Luca invece sta anche ai fatti e ci dice quando e come sono avvenute le cose. In effetti, sempre nella immagine dell’Angelico, vediamo il gruppo con le lingue di fuoco sul capo, un apostolo con un vassoio probabilmente con dei pesci - segno evidente della presenza del Risorto - mentre Pietro è già in atto di fare il suo discorso di Pentecoste per proclamare le grandi opere di Dio in tutte le lingue e per tutti i popoli. Qualcosa che non poteva non essere esplosivo e non avere risonanza universale, tanto che “a quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua”. Ma a volte si ha la sensazione che anche lo Spirito di Cristo – fragore, vento impetuoso e fuoco – debba sottostare alla ordinaria amministrazione, dimenticando che “il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà” (2Cor 3,17).

 

Non basta perciò registrare questo evento come fatto di cronaca passata: Pentecoste è invece qualcosa che struttura la vita della chiesa, anzi ne è l’anima, non solo quanto alle origini ma come principio vitale costitutivo. Giustamente la fede della chiesa è incentrata sulla Pasqua, ma come non sarebbe concepibile una Pasqua senza la crocifissione e morte di Gesù, così non sarebbe pensabile senza Pentecoste, che purtroppo è intesa come accessoria e provvisoria. Questo spiega una concezione di chiesa ripiegata su se stessa, ecclesiocentrica e quando va bene cristocentrica, ma raramente “pneumatologica”, e cioè sotto la potenza dello Spirito.

 

Ed allora torniamo a dirci che Pentecoste non è un’appendice alla Pasqua, ma il suo compimento e la sua pienezza; e se abbiamo una chiesa attestata prevalentemente sull’evento pasquale – che è già un recupero rispetto ad una chiesa “società perfetta” – sarebbe ormai il caso di spostare l’asse sulla Pentecoste, non solo come concessione a qualche moda, ma come suo naturale modo di essere. Nella storia c’è chi ha pronosticato un’era dello Spirito dopo quella contrassegnata dal Padre e dal Cristo. Ma forse è il momento di dirci che questa epoca altro non è che il terzo lato di una fede trinitaria vissuta fin da subito nella nostra storia. Niente di misticheggiante o di esoterico, ma chiesa “in stato di missione” come norma e non come eccezione

 

Quando oggi si parla di “chiesa in uscita”, la cosa sa troppo di correttivo o di opzionale, quando invece dovrebbe essere lo stile di sempre. C’è solo da chiedersi se a questo si arriva a partire dall’esistente già costituito e non ci sia invece da scendere subito in campo, dove c’è quell’“ospedale da campo” che è già chiesa. La missione, la evangelizzazione, la predicazione del Vangelo, chiamiamola come si vuole,  è ciò che fa nascere la chiesa, che perciò non è un fenomeno cenacolare: Pentecoste accade in un cenacolo, ma per essere sbalzati fuori dal vento impetuoso dello Spirito, che è poi il soffio stesso del Risorto sui suoi, quel respiro e alito di vita di cui c’è bisogno quanto e più del pane: “È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita” (Gv 6,63). La chiesa è veramente tale quando e in quanto è spinta dallo Spirito alle genti, alla stessa maniera in cui Gesù dice d’essere stato mandato o di essere venuto non per i giusti ma per i peccatori!

 

Forse è bene anche ricordare che momento fondante dello stesso mistero eucaristico è l’epiclesi, vale a dire la solenne invocazione dello Spirito sui doni del pane e del vino in rendimento di grazie, perché diventino per noi cibo e bevanda di vita eterna! Se l’eucarestia si fa chiesa – e fa la chiesa – è in forza e per la potenza dello Spirito che ha fatto risorgere il Cristo morto e sepolto e che fa rivivere quanti nella morte di Cristo sono battezzati. In qualche modo è come il primo soffio o alito di vita per cui l’uomo fatto di terra “divenne un essere vivente” (Gen 2,7); o come quando la Parola del Signore profetizza sulle ossa aride dicendo: “Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete” (Ez 37,4). 

 

La chiesa è chiesa quando pronuncia la Parola di Dio e comunica lo Spirito, tant’è che la stessa eucarestia è sì mistero di comunione, ma è e deve diventare di suo annuncio: è la Pasqua del Signore ma proprio in quanto Pentecoste, in quanto cioè sotto l’azione dello Spirito possiamo dire e proclamare “Gesù è Signore!”, che è il senso stesso del credere e della missione. Che la chiesa sia presente e operi nel mondo con tutte le sue membra, ma come un corpo solo, accade perché è “così anche il Cristo”, ed è così di quanti “siamo stati battezzati mediante un solo Spirito” di cui tutti ci siamo dissetati, “Giudei o Greci, schiavi o liberi”. Ecco la Pentecoste per tutti i popoli, da non confinare nei tempi e spazi liturgici in cui la celebriamo!

 

Ma c’è anche da stare attenti a non ridurla a riflessione ed esperienza spirituale per pochi eletti, perché è il senso stesso della esistenza cristiana nel mondo, sequela pasquale e comunione trinitaria, come ci conferma sempre Paolo, secondo cui carismi, ministeri e attività sono il dono di un solo Spirito, di un solo Signore, di un solo Dio, per cui “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune”. Certamente possiamo e dobbiamo fare analisi, tracciare linee pastorali e programmare piani tecnici di evangelizzazione, ma forse bisogna tornare ad impostare l’esercizio della vita cristiana in maniera meno convenzionale ed epidermica e più innestata nel mistero stesso della fede, che ha una sua struttura e una sua dinamica.

 

Bisognerebbe non vendere e non accettare più sottoprodotti e contraffazioni di una fede che rimane sì sullo sfondo di una pratica liturgica, ma non sostanzia ed innerva la vita di uomini e donne credenti, qualificati come tali più per connotazioni esterne e sociologiche che per l’invocazione “Gesù è Signore!” sotto l’azione dello Spirito Santo. Una invocazione che sembra troppo poco e in contrasto con il grande apparato di una chiesa strutturata che occupa spazi. Ma in realtà c’è tutta la potenza di una fede che salva e che dà vita a processi di salvezza che rinnovano di giorno in giorno la Pentecoste, nella perenne attesa di cieli nuovi e terra nuova!

 

Come Popolo di Dio che nasce dalla Pentecoste non possiamo rimanere indifferenti davanti al fatto che la maggior parte dell’umanità ignori o sottovaluti il mistero della creazione e della redenzione, disattendendo in parte o in tutto il senso biblico della storia della salvezza; ma non possiamo neanche contentarci che questa eredità di grazia e di speranza diventi riserva esclusiva di alcuni. Ecco la missione che fa la chiesa o la missione-chiesa: che ci sia data forza dall’alto! (ABS)


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