Koinonia Gennaio 2024
La dignità della persona umana
VIVERE IN MODO COERENTE CON LA NOSTRA IDENTITÀ
Il primo capitolo della costituzione conciliare considera la dignità vera, profonda, inalienabile, di ogni persona umana, creata a immagine delle Persone divine. Tale dignità è regola delle relazioni con gli altri. Il peccato l’ha deformata ma non distrutta. Essa rifulge nella Chiesa nella misura in cui si manifesta nella misericordia e nel farsi carico dei bisogni degli altri.
Fernando Palazzi nel suo Vocabolario descrive la dignità come la «nobiltà che una persona ha per sua natura, per i suoi meriti; il rispetto che per tali ragioni ha di sé stesso ed esige dagli altri; il contegno nobile e dignitoso». Il primo aspetto di questa descrizione è quello che, soprattutto, ma non solo, dal concilio Vaticano II, è il più frequentemente e autorevolmente richiamato nei documenti di Giovanni Paolo II e con lui di tutto il magistero coerente alla dignità della sua origine e missione.
Il risveglio alla coscienza di sé. Chi sono? Che dico di me? Del mio fine?
1 - Il Vaticano II nella stessa sessione del 7.12.1965 emanò due documenti che fanno storia su questo tema: la Gaudium et spes (Parte Prima, cap. 1, nn. 12-22) e la Dignitatis humanae. In seguito sono apparsi altri testi non meno ricchi e costruttivi. Ricordo il Catechismo della Chiesa Cattolica: nel suo insieme costituisce una sintesi feconda delle iniziative delle tre Persone divine per il bene dell’umanità e della persona.
La memorabile enciclica Evangelium vitae (25.3.1995) compendia l’anelito incessante di tutta la Chiesa a favore della dignità della vita della persona, dal concepimento alla morte naturale, così frequentemente minacciata non solo mediante atteggiamenti personali e comunitari di ogni genere, ma anche attraverso interventi legislativi che scardinano l’assetto della vita associata. Ultimamente il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (25.10.2004) espone con chiarezza e precisione i riflessi socio culturali politico-economici di detta dignità.
Studiati con intelligenza e perseveranza, questi testi incidono in profondità nella mentalità e nelle decisioni. Essi possono essere letti sotto diverse prospettive. Per esempio smascherano in modo incisivo le molteplici violazioni cui la dignità personale è sottoposta nel mondo attuale sia da parte di persone singole sia da parte dei poteri politici. Sono gravidi di prospettive pedagogiche per aprire orizzonti di speranza e di verità alle giovani generazioni. Prospettano le deviazioni dottrinali, sono matrice e frutto di una mentalità riduttiva nei confronti della persona e delle sue potenzialità.
2 - La dignità della persona umana è vera, profonda, inalienabile, insopprimibile, grande, bella, non perché noi persone ne siamo convinte e ne rispettiamo le esigenze vivendola con coerenza, ma per il fatto stesso che ogni persona è in sé, in modo personale, indistruttibile, creatura di Dio, immagine delle Persone divine, capace di riconoscersi da e per Dio, di corrispondere alle iniziative sue, di relazionarsi con lui e con tutti, di convergere alla pienezza del proprio bene nella comunione eterna di Dio. Gli attentati contro questa dignità rendono martiri coloro che li patiscono e assassini coloro che li mettono in atto.
La persona è talmente inseparabile dalla sua dignità che anche per sottrarsi alle esigenze di essa deve servirsi delle prerogative costitutive. Anche quando ci comportiamo in modo disumano e tradiamo, rinneghiamo, la nostra verità, agiamo da persone. La convivenza umana diventa molto sofferta quando è in balia di persone indegne e si sviluppa in contesti malavitosi.
Parlare di dignità non è perciò proporsi un’esercitazione accademica erudita, venata di citazioni abbondanti. Ciò rischierebbe di offendere popoli e persone vittime di angherie, i quali si attenderebbero che parlassimo meno e fossimo coerenti con le responsabilità che scaturiscono per tutti dall’appartenenza alla famiglia umana.
In un mondo in cui, almeno a guardare dalle apparenze, si fa appello alla dignità solo per rivendicarne i diritti o per mettere al bando chi li viola, si rischia di accrescere il numero di coloro che, per il fatto di aver parlato, si sentono legittimati dall’omettere gli atteggiamenti che alleviano il dramma umano.
Solo le persone degne della verità del loro essere, riconoscono ed entrano in comunione amica con le altre che “agiscono a regola d’arte” e, con il loro vissuto eloquente, costituiscono un esempio vivente e persuasivo dei tratti della persona degna, e fanno nascere e crescere il desiderio di volersi ispirare a esse.
Operare in sintonia con le esigenze della dignità umana è vivere secondo la grazia dell’iniziazione cristiana, è lasciarsi costantemente rigenerare nel perdono implorato, accolto e condiviso, è non sottrarsi allo svolgimento responsabile e cosciente dei propri doveri personali, familiari, civici, religiosi. Le esigenze della dignità, non solo selettive, scaturiscono dal consenso sempre rinnovato alla propria vocazione e missione senza compromessi e senza mezze misure.
Propongo alcune semplici riflessioni per pensare insieme noi stessi alla luce della verità che ci svela la nostra identità profonda e che ci è annunziata come specchio di verifica della qualità e identità del situarsi nella storia in fedeltà a Dio. Non seguo nessuna di queste piste e mi propongo di favorire una presa di coscienza sul rapporto dignità-responsabilità.
Mi ispiro al Vangelo dei talenti (Mt 25,15ss.), in particolare ai talenti donati, talenti fruttati o traditi, e al rendiconto per il loro uso.
Per Gregorio di Nissa siamo creati per essere genitori della nostra perfezione finale (citato in Veritatis splendor 71). A lui fa eco la teologia: attesta che la persona è creata a immagine perché, come Dio il creatore opera tutto in intelligenza e amore, così anch’essa è intelligente e libera e ha il potere di disporre di sé, per corrispondere in modo intelligente e libero al dono nel quale siamo donati e diventare noi stessi dono. Conferma che, creati da Dio e per Dio, solo nella docilità al suo disegno di salvezza possiamo diventare quali siamo chiamati a essere ed evadere dalle situazioni di peccato delle quali spesso diventiamo prigionieri, traditori della nostra dignità.
Moltiplicare i talenti, realizzando il proprio bene nella comunità umana che Dio chiama all’unione con sé, è la via per camminare verso il Padre sulle orme del Cristo che ci ha lasciato un esempio perché lo seguiamo (cf 1Pt 2,21).
La dignità è talento da far fruttificare
1 - Dio misericordioso premia il buon uso che si è fatto dei talenti nel corso della vita. Il dono della sua beatitudine è anche premio della fedeltà alla verità del nostro essere creaturale e filiale. La docilità intelligente, amorosa, perseverante alla propria dignità è segno e frutto di amore per il nostro vero bene e di conformità con la volontà del Signore che ci vuole operatori di pace.
I tratti che secondo la Gaudium et spes sintetizzano la dignità della persona umana sono il suo essere immagine di Dio che il peccato ha deformato ma non distrutto. Esso costituisce la sorgente delle deviazioni che offuscano la mente e intorpidiscono il cuore, lo rendono diviso, renitente a riconoscersi nella relazione con Dio e i fratelli (GS 12-13). Costitutivi della persona sono l’intelligenza, la verità, la sapienza (15); la coscienza morale (16); la libertà (17) e la mortalità (18).
Queste prerogative oggi debbono confrontarsi con le più svariate forme di indifferenza e di ateismo serpeggianti anche nel cuore delle persone e delle comunità che si professano credenti, ma di fatto si lasciano ammaliare dalle forme, dalle cause, dalle espressioni, dagli atteggiamenti che inquinano il vivere associato (21).
Un luminoso paragrafo su Cristo uomo nuovo di intensissimo valore (22) indica la fonte, il vertice, la sorgente, la misura del bene di tutta la persona in ogni persona.
La descrizione sviluppata nel testo è densa ma non astratta. Il riferimento al peccato e alle sue ramificazioni, abbinato alle brevi ma luminose linee sulla figura del Cristo sorgente e vertice di bontà e santità, evidenzia il carattere eminentemente educativo dell’esposizione. Fornisce inoltre indicazioni preziose, per mostrare che è possibile assecondare le richieste e le esigenze di quella che è la sola condizione per vivere nella pace di Dio che si irradia nelle opere giuste e amiche che rendono umana e bella la storia.
2 - Alibi capziosi e inconsistenti legittimano un atteggiamento scettico nei confronti di tutta questa realtà; del legame dignità-responsabilità; del fatto che “non siamo nostri” e dobbiamo rendere conto dell’uso che facciamo di noi stessi e dei nostri talenti; della possibilità di essere fedeli nella vita quotidiana, e con perseveranza, al disegno del Creatore e del Redentore.
La vera origine di queste rimozioni di responsabilità e del disinteresse, della disattenzione in cui viviamo, è da ricercare nel cattivo uso o nel non uso che facciamo dell’intelligenza, della coscienza, della libertà, del potere di agire, dell’appartenenza alla famiglia umana, della solidarietà senza la quale nessuno di noi potrebbe perseverare.
Sono i doni di Dio. Quando li trascuriamo, non vogliamo bene a noi stessi e non siamo solleciti del nostro vero bene; pretendiamo che i nostri problemi siano risolti da altri, attribuiamo con rabbia a comunità e persone tutti i nostri mali nel momento stesso nel quale contribuiamo a potenziarli con le nostre azioni e omissioni.
Il nocciolo della questione non è se oggi disponiamo o meno delle condizioni per essere coerenti con la nostra identità, ma se senza che essa fermenti in profondità il nostro vivere è possibile perseverare in una condotta di vita che sia di pace amica per noi e le comunità in cui siamo inseriti, e gradita a Dio. Creati da Dio senza di noi, non conseguiamo la perfezione in lui senza che amiamo realizzarci nel nostro bene finale, nella nostra relazione con gli altri in, con e per lui.
Solo nella sintonia con la dignità iscritta nella dimensione profonda dell’io, nell’intimo della coscienza e nella struttura della libertà, e nella disponibilità ad assecondarne le esigenze di natura e di grazia possiamo essere noi stessi e non barare di fronte alle responsabilità della pace interiore, della relazione amica, della corrispondenza filiale alla paternità di Dio che ci ama per primo.
Il Signore non chiede cose impossibili, aiuta a compiere quello che possiamo, a implorare perdono per quello che non realizziamo.
3 - La via della pace non ammette alternative, corto-circuiti, scorciatoie. È eloquente e piena della fecondità della persona vivificata dalla Pace di sorgente e amica di essa. La meta non si consegue da soli, in modo isolato. Nel corpo del Cristo vivificato dallo Spirito siamo non solo costantemente rigenerati per non restare vittime delle nostre miserie, ma per crescere nella solidale cooperazione con tutti coloro che nati da Dio, in, con e per lui, fruiscono della riconoscenza, delle esigenze del bene, perseverano nella virtù, nella preghiera personale e liturgica, nell’attuazione delle proprie potenzialità realizzando il piano di Dio. L’esperienza di questa verità è connaturale, non teorica; ne sono maestri e maestre le persone cui il Padre si compiace di svelare i suoi disegni di misericordia.
Dignità e misericordia
La bellezza della dignità umana che oggi più rifulge nella Chiesa, madre e maestra di santità, è la misericordia per le miserie umane, intesa come disponibilità a farsi carico, insieme con tutti, del superamento delle strutture causa di discriminazione, ingiustizia, violenza.
La dignità umana non è una camicia di forza, non è una palla di piombo, non impedisce di avanzare nella via della libertà. Nonostante il carattere conflittuale del modo in cui è vissuta e sperimentata, si irradia per la “seduzione” che emana dalle persone semplici che, con la loro condotta bella, senza parole parlano ai cuori addormentati. La libertà non è il potere di fare a piacimento quello che ci aggrada . È donata per personalizzare il bene che la persona è chiamata a operare. È la grande alleata della coscienza, la luce interiore e la sorgente feconda delle energie che potenziano la via del bene.
Spesso conosciamo la coscienza solo attraverso i rimorsi che suscita nel cuore quando la persona devia dalla via del bene. L’esperienza della pace e del conforto, che scaturisce dalla coscienza sintonizzata con le Persone divine che la guidano nel suo cammino spesso irto e difficoltoso, è di una tale delicatezza che solo coloro che ne fruiscono la comprendono e si difendono dall’indifferenza apatica e abulica.
L’ascolto della Parola, la celebrazione della Pasqua, la fedeltà a camminare nella Via alla vera vita sono generatrici di personalità misericordiose e compassionevoli, che sorreggono la storia e, nonostante le contraddizioni che ne ostacolano il cammino, rendono concreta la speranza di pace. La parola di Dio autenticata dai pastori e l’esempio dei santi che crescono nel popolo di Dio mostrano che la via della compassione e della misericordia è quella che oggi lo Spirito fa percorrere alla Chiesa di Dio peregrina nel mondo.
Tragedie di proporzioni immense, guerre sempre più cruente e durature, violenze crescenti, torture, terrorismi, malattie epidemiche e distruttive, disordini personali e familiari, rivendicazioni assurde, sono tanti i mali che oggi chiedono che ci si risvegli tutti e tutte alla dimensione samaritana della presenza nella comunità umana. Nessuno di noi può fare tutto da solo, ma nessuno ha nulla da poter fare.
La prerogativa maggiore della carità odierna e il contesto in cui essa matura nella relazione con Dio è la creatività delle iniziative che chiede di porre in atto, la sincerità e intensità dell’implorazione, la solidarietà sincera con tutti coloro che hanno inventiva e potere per far fronte ai più urgenti bisogni umani, soprattutto dei popoli della miseria e della desolazione.
Le nostre sofferenze intime e quelle delle persone con cui viviamo in rapporto, delle famiglie cui apparteniamo, ci chiedono di sperimentare ciò che i santi attestano e cioè che solo se non ci lasciamo bloccare dai nostri mali e perseveriamo nel coltivare i germi della speranza nei cuori desolati riusciamo a sperimentare quella pace che ci sostiene nel dire grazie anche nelle situazioni più negative.
Le persone samaritane, quando sembra che restino senza forze per il crescente impegno che esige il vivere da persone fedeli, si rendono conto che la principale fonte delle risorse che le sostengono è costituita dalle iniziative che continuano a prendere per far fronte ai bisogni di cui si rendono conto. Le persone chiuse nel loro egoismo apparentemente sono meno disturbate, in realtà sono sempre infelici, non riescono a sperimentare la gioia che si sprigiona dalla dignità assecondata nelle sue esigenze più profonde.
Dalmazio Mongillo op
Vita pastorale, n. 6/2005