Koinonia Settembre 2022


DEMOCRAZIE MALATE

 

Sono infastidito dalla retorica con cui vengono raccontate le atrocità commesse dall’esercito russo in Ucraina. E non perché non creda alle violenze sui civili, agli stupri, ai bombardamenti su obiettivi non militari, tutti orrori cui assistiamo ogni giorno, a ogni ora. Quello che non sopporto è che vengano presentati come la tragica conseguenza di una guerra provocata da uno stato totalitario (l’impero del male) contro i valori dell’Occidente: assolutismo contro democrazia, dittatura contro libertà.

Non possiamo certo chiudere gli occhi di fronte alle pretese di un dittatore di voler ricostituire la Grande Russia di un tempo a scapito dei paesi confinanti schiacciando il sacrosanto diritto di quei popoli all’indipendenza. E tuttavia il mio fastidio diventa insopportabile quando l’Occidente si presenta come maestro di democrazia.

Recentemente abbiamo tutti assistito con costernazione alla strage perpetrata da un giovane appena ventenne in una scuola elementare americana. L’ennesima strage del genere nel paese che si dichiara democratico e libero per eccellenza: libero al punto di permettere ad ogni cittadino di possedere quante armi vuole, e non parlo di fucili da caccia, ma delle più sofisticate e letali armi leggere.

Ma il divieto di possedere armi è un tabù negli States. Lo propose, inutilmente, il presidente Obama anni fa. Oggi, anche dopo questo eccidio efferato, lo stesso Partito Democratico stenta a presentare un progetto di legge in tal senso. Biden sa bene che non passerebbe non solo per l’opposizione dei repubblicani, ma anche per la defezioni di alcuni rappresentanti del suo stesso partito.

Quei bambini morti? Danni collaterali. Mica si possono colpire i sacrosanti profitti delle lobbies delle armi. Sarebbe un attentato alla libertà degli americani: degli industriali di produrle e dei singoli cittadini di possederle.

E che dire dei giovani neri delle periferie (un migliaio, forse più) ammazzati ogni anno per reati minori, o del tutto innocenti, da poliziotti protetti da un senso di impunità, in presenza di uno stato che non è in grado di educare le stesse forze dell’ordine alla legalità? Anche questi danni collaterali: non è forse un dovere dello stato difendere la cittadinanza da delinquenti veri o presunti?

Un Paese diventato grande grazie allo sterminio dei popoli nativi e alla schiavitù dei neri, un Paese che fino a pochi decenni fa praticava la segregazione razziale, un Paese in cui ancora oggi è presente, e quanto, il virus del razzismo, un Paese, il più ricco del mondo, in cui accanto a patrimoni stratosferici permangono sacche di desolante povertà e degrado, può presentarsi come campione mondiale di libertà?

Eppure lo pretende. E l’Occidente intero (o almeno i suoi gruppi dirigenti) è propenso a credere in questa favola, o finge di credevi. Del resto quale nazione non ha i propri scheletri nell’armadio?

Pensiamo al nostro Paese. Nonostante la nostra meravigliosa Costituzione che sa legare in un vincolo indissolubile giustizia e libertà, anche la nostra è una democrazia malata. L’Italia “ripudia” la guerra, e tuttavia si lascia trascinare sulla china pericolosa del confronto armato con la Russia, assieme agli altri paesi della NATO. La nostra Carta costituzionale afferma i principi della pace: non si possono inviare armi ai paesi in guerra. Eppure avviene esattamente l’opposto. Ed è ipocrita dire che il nostro Paese non c’entra in quanto sono le imprese private a farlo. Solo a titolo di esempio ricordiamo che l’Italia è uno dei maggiori paesi esportatori di armi in Africa e in Medio Oriente, a vantaggio di dittatori e signori della guerra. Come sempre, anche qui, ciò che conta sono gli affari (dei privati, s’intende), e non principi di giustizia. E la crescita delle spese militari anche in tempo di Covid, in presenza di bilanci sempre più risicati per i servizi pubblici, per la scuola, per la ricerca, per la sanità?

La voce di papa Francesco si erge contro queste ipocrisie. Non è certo la sua, per fortuna, l’unica voce in tal senso, ma è certamente la più autorevole. La grande stampa o ignora o minimizza i suoi richiami, che tuttavia vengono rilanciati con forza non solo da significative realtà del mondo cattolico (dalla Caritas a Libera, da Beati i Costruttori di Pace ai Centri Missionari diocesani, per citarne solo alcune), ma anche da ambienti, gruppi e associazioni di matrice laica, in odore, alcune,  persino di anticlericalismo, che tuttavia vedono nelle parole di Francesco un baluardo contro l’attuale pericolosa deriva guerrafondaia.

Le iniziative MILLE CONTRO LA GUERRA PERMANENTE, grandi manifestazioni per la pace che si stanno realizzando nel capoluogo toscano, la città di La Pira, don Lorenzo Milani e padre Balducci, testimoniano un comune sentire che accomuna credenti e non credenti. In tutti questi eventi i relatori, al di là delle loro diverse appartenenze ideologiche o religiose, hanno sempre testimoniato un comune sentire al punto che i vari interventi potevano tranquillamente essere interscambiabili. Da Rosy Bindi a Luciana Castellina, da Vannino Chiti  a  Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, da padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato, ai vari rappresentanti dell’ANPI o di LIBERA, tutti hanno parlato un linguaggio comune. Un’abissale differenza rispetto ai nostri politici di area di centrosinistra che, gelosi del proprio orticello, sembrano fare apposta a sottolineare le differenze e accentuare le divisioni, a costo di consegnare il paese a una destra capace di mettere a rischio la nostra stessa Costituzione.

 

Bruno D’Avanzo  

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