Koinonia Maggio 2022


Da «la Repubblica» 11 aprile 2022

 

IL MEDIOEVO ILLUMINATO DI CHIARA FRUGONI

IN RICORDO DELLA STORICA SCOMPARSA A 82 ANNI

 

Non è facile districare dal nodo di emozioni e di ricordi che si affollano nella mente da quando ho appreso la notizia, del tutto inaspettata, della morte di Chiara Frugoni – scomparsa a Pisa, all’età di 82 anni – qualcosa che esprima con la nitidezza di pensiero e di parola che le erano così connaturate (nomen omen), quanto sia triste che la sua voce si sia spenta. Benché quasi coetanei, e con non pochi affetti in comune (essendo amico di Salvatore Settis, suo ex marito, i suoi figli sono stati grandi amici dei miei), ci siamo conosciuti meglio e frequentati solo negli ultimi vent’anni, complici editori come Giuseppe Laterza, che ci ha coinvolto in progettazioni di collane e cicli di lezioni pubbliche. C’era stima reciproca. Lei era una storica medievista, io uno storico dell’arte piuttosto eclettico, che si è occupato un po’ di tutti i secoli, meno che di Medioevo. Cosa ci accomunava? Due cose, fondamentalmente: la convinzione che le opere d’arte (non importa se di artisti sommi o modesti) parlano a chi le sa interrogare e rispettarne la voce (ovvero, non tradendone il senso che esse avevano per chi le aveva prodotte e tenendo nel debito conto il contesto culturale e sociale in cui si collocavano). E la volontà di non distinguere tra comunicazione scientifico-accademica e divulgazione. Il rigore storico e la capacità di interessare e farsi capire da un pubblico il più ampio possibile non sono in insanabile contrasto. Chiara in questo era davvero una maestra, e io le ho francamente invidiato la scioltezza narrativa e la mirabile concretezza con cui ha saputo insegnare a tutti noi a leggere le immagini del Medioevo, ma non solo. Questo interesse per le opere d’arte discendeva a Chiara da suo padre Arsenio Frugoni, grande storico medievista, di cui Chiara, proprio l’anno scorso, ha curato l’edizione in due volumi di un intero ciclo di conferenze poco note, scritte tra il 1943 e il 1946, che costituiscono un sorprendente manuale di Storia della pittura e dell’architettura in Italia (Brescia La Morcelliana, 2021). Ma questo talento innato, Chiara ha saputo svilupparlo, affinarlo e adeguarlo alle mutate condizioni di un’epoca, la nostra, che ha visto una crescente e salutare democratizzazione della cultura. Nascono così libri come Francesco e l’invenzione delle stimmate. Una storia per parole e immagini fino a Bonaventura e Giotto (Einaudi, 1993), che ottenne il premio Viareggio per la saggistica. Primo capitolo di una straordinaria serie dedicata dalla Frugoni al Santo “che sapeva ridere” e alla “solitudine abitata” di sua sorella Chiara. O i volumi, non meno straordinari, che decifrano i messaggi degli affreschi senesi del Buono e del Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti (usciti come tanti saggi dal Mulino). Ma io amo anche molto – e forse perfino di più — libri come Medioevo sul naso. Occhiali, bottoni e altre invenzioni medievali (Laterza), o quel vero e proprio forziere, colmo di preziose sorprese che è La voce delle immagini. Pillole iconografiche dal Medioevo (Einaudi). Ma sono troppi i libri che andrebbero elencati e non è questo il luogo. Qui voglio solo concludere con un ricordo bello, di Chiara che mi convoca per telefono, un po’ misteriosamente, e mi dà appuntamento perché vuole che io verifichi una cosa di cui non è ancora sicurissima. Si presenta porgendomi, con una certa apprensione, un libro in cui è riprodotto a tutta pagina l’affresco giottesco del ciclo della basilica superiore di Assisi, con la scena che rappresenta La morte di San Francesco e l’assunzione della sua anima in cielo. Mi dice di guardar bene quella fioccosa nuvola che si frappone fra la folla dei frati che si assiepano attorno al nudo catafalco del santo e il paradiso in cui la sua anima è ascesa. E mi fa: «Secondo te, c’è o non c’è?» o qualcosa di simile. Mi accosto un po’ scettico e aguzzo la vista. Lì per lì, non vedo niente, poi, d’un tratto, me ne accorgo. Ma sì, è proprio un ghignante profilo di diavolo quello che orla la nuvola, in alto a destra. «Sì, c’è – le dico – non te lo sei immaginato». E Chiara mi abbraccia e sorride, contenta come una Pasqua.

 

Antonio Pinelli

.