Koinonia Gennaio 2022


Un articolo di Enzo Mazzi su Antonio Sciortino

 

“CATTOLICESIMO PROGRESSISTA”

 

Ci trovano pienamente consenzienti le prese di posizione di don Antonio Sciortino sulla situazione attuale della politica, sulle scelte del governo che lui definisce “populiste” e sul pericolo che dal populismo si scivoli nell’autoritarismo e nella fascistizzazione della società. Le ha espresse su «Famiglia Cristiana» e su altri organi di informazione fra cui di recente «Micromega». Il suo è un atto di coraggio che apprezziamo, incoraggiamo e intendiamo sostenere. Anche esprimendo i nostri interrogativi.

Il principio di «uguaglianza delle idee e delle opinioni» che egli molto opportunamente rivendica e che sta a fondamento dei suoi interventi ci suggerisce di manifestare a nostra volta qualche perplessità. Non sul contenuto delle sue denunce, sacrosante, ma sulla cornice in cui sono inserite. E la cornice è il cattolicesimo progressista. Che riesce a gridare sui tetti parole dure contro l’autoritarismo della politica ma è muto contro l’autoritarismo della struttura ecclesiastica e contro il dominio totalitario del sacro. Una delle lamentele di don Sciortino, espresse nel suo contributo apparso su «Micromega», sta nello «scalpore che tutte queste cose le abbia scritte un giornale cattolico. Ciò che spesso difetta al nostro paese è l’idea che i cattolici, giornalisti e non, siano cittadini come gli altri e abbiano il diritto di partecipare al grande gioco della democrazia di opinione». È un problema complesso che riguarda il rapporto fra religioni e società, reso ancora più difficile, particolarmente in Italia, dal fatto che la religione cattolica è costituita come stato autonomo e indipendente, quasi come uno stato nello stato, per cui quando i cattolici si esprimono pongono il problema della doppia appartenenza, allo Stato italiano e alla struttura ecclesiastica. Qui nasce la nostra perplessità. Come cittadino italiano Sciortino può rivendicare a ragione il principio di uguaglianza delle idee e opinioni, e lamentarsi se ciò non avviene, ma come appartenente alla Chiesa cattolica egli è in condizione di rivendicare la medesima uguaglianza di fronte alla struttura ecclesiale?

Di fronte al «sacro potere delle chiavi» vale il principio di uguaglianza? Ma se si tratta di un principio universale, o vale per tutte le strutture o non vale per nessuna. Sciortino non può rivendicare per sé come cattolico di fronte allo Stato italiano il principio di uguaglianza ed evitare di rivendicarlo di fronte alla Chiesa. Tale omissione non è in definitiva un contributo alla negazione del principio di uguaglianza nella Chiesa? E non si configura in pratica come un sostegno implicito all’autoritarismo ecclesiastico? E non contribuisce a negare tale uguaglianza, ad esempio, al dissenso cattolico che nella Chiesa com’è noto non ha voce?

Apriamo qui una riflessione critica in senso costruttivo sulla linea strategica della cultura dei diritti di uguaglianza di tutti/e come rivoluzione.

I cattolici progressisti rifuggono per lo più dall’usare gli strumenti critici di trasformazione culturale, economica e politica della società nell’ambito proprio della loro appartenenza religiosa ed ecclesiale.

Di fronte al sacro molti cattolici si bloccano. E così fanno mancare al cammino umano proprio il contributo specifico di persone «credenti», contributo che sarebbe ed è fondamentale. Perché i credenti sono persone inserite nell’apparato simbolico religioso. Ed è proprio in quell’apparato che si trovano le radici più insidiose e profonde della ingiustizia e della violenza. Ed è su quell’apparato e sugli automatismi inconsci del sacro che bisogna lavorare per condurre avanti la liberazione verso una società in cui sia rispettato il principio di uguaglianza. Vivono (ma bisogna dire viviamo, perché in un modo o nell’altro ci siamo dentro tutti) una forma di schizofrenia. Pensiamo di immaginare e costruire «un mondo nuovo possibile» lavorando solo nell’orizzonte del visibile e del misurabile. E così la violenza cacciata dalla porta della politica rientra dalla ferita aperta nel sacro e nel profondo.

È un frutto, diremmo l’altra faccia, della secolarizzazione dimezzata, cioè basata tutta e solo sul dominio del mondo attraverso la mente. L’alfa e l’omega dell’ordine umano, sociale, politico, culturale, non è più l’onnipotenza di Dio ma l’onnipotenza della mente, nuova divinità. E le rivoluzioni moderne, quella di Marx come anche, fatte le debite proporzioni, quella di un don Sciortino, cambiano l’ordine dei fattori, il basso in alto l’alto in basso, ma il risultato è sempre il dominio della mente. L’altra metà dell’essere umano, il mondo simbolico, l’inconscio, il sacro, il mistero, è affidata alla vecchia casta dei ministri consacrati o alla nuova casta degli specialisti dell’anima.

Una tale visione critica dove vuole andare a parare? Non abbiamo risposte sicure. Dobbiamo trovarle insieme.

Per parte nostra non c’è la minima intenzione di svalorizzare e sminuire l’impegno di questo mondo cattolico in fermento. Don Sciortino, le sue idee, sono per noi e per tutta la società una risorsa preziosa. Vorremmo che anche il dissenso cattolico fosse considerato da «Famiglia Cristiana» una risorsa parimenti preziosa.

Riteniamo che il nostro atteggiamento sia e debba essere quello di un’attenzione di simpatia, nel senso di «sentire insieme», nei confronti delle contraddizioni che di nuovo si aprono, per contribuire ad orientarle verso un ripensamento delle sistematizzazioni religiose ed ecclesiali. E di rispetto verso i tempi e i passi del percorso di ognuno. Purché dia segni di essere in cammino sulla strada dell’esodo dal dominio del sacro e non solo dal dominio dell’autoritarismo politico.

 

Enzo Mazzi

da Compagni di cammino. Verso l’esodo dal dominio del sacro,

Libri liberi, Comunità dell’Isolotto, pp.153-155

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