Koinonia Luglio 2019


Personaggi e vicende a cura di Sara Rivedi Pasqui

 

Mary Borden

 

Mary Borden, figlia di un ricchissimo uomo di affari americano, nasce a Chicago nel 1886. Fin da piccola manifesta un temperamento esuberante, un carattere determinato ed al tempo stesso avido di conoscenza. All’età di diciotto anni le muore il padre ed eredita un patrimonio di tale entità da garantirle una rendita annua di 10.000 sterline. Nel 1908 si laurea presso il Vassar College. La madre, una credente evangelica, le organizza un viaggio in giro per il mondo affidandola ad una coppia di suoi amici appartenenti alla stessa confessione religiosa. Desidera che la figlia visiti le varie missioni che la famiglia Borden ha sostenuto finanziariamente nel corso degli anni. Mary, giunta a Lahore  in India, conosce  George Douglas Turner segretario della locale Y.M.C.A. e figlio di missionari scozzesi il quale si interessa anche delle opere missionarie in favore dei bambini indiani. I due giovani si fidanzano, Mary riprende il suo viaggio e George la raggiunge in Svizzera, a Losanna, dove si sposano il 28 agosto 1908. Da quest’unione nascono tre figli. Durante i primi anni di matrimonio la giovane donna segue il marito nelle sue attività missionarie e dunque viaggia molto. Nel 1911 i due coniugi si stabiliscono a Londra e Mary inizia un’intensa vita sociale. Nel 1912 pubblica il suo primo romanzo dalla forte connotazione autobiografica. Nel 1913 partecipa alle manifestazioni delle associazioni femminili per rivendicare i diritti civili delle donne. Allo scoppio della Ia Guerra Mondiale la scrittrice si trasferisce in Francia e presta servizio come infermiera nella Croce Rossa Francese. Nel 1915 ottiene dal generale Joffre l’autorizzazione a finanziare la costituzione di un’unità ospedaliera mobile che segua gli spostamenti dell’esercito francese sul fronte occidentale. Durante il conflitto incontra il capitano Edward Spears che sposerà dopo aver ottenuto il divorzio dal primo marito. Per il suo ospedale mobile così funzionale ed efficiente che lei ha diretto personalmente riceve la Croix de Guerre dal governo francese. Finita la guerra riprende a scrivere ed a pubblicare romanzi e racconti. Con la recessione ed il crollo di Wall Street (1929) perde tutto il patrimonio ereditato dal padre, da quel momento deve confidare solamente sui proventi che le derivano dalla sua attività di scrittrice. Allo scoppio della II Guerra Mondiale Mary Borden, con il contributo di Lady Hadfield, sovvenziona una nuova unità ospedaliera operativa in Francia e costituita da 10 infermiere britanniche e 15 guidatrici di ambulanze. Negli anni successivi alla fine della guerra continuerà a scrivere ininterrottamente. Muore a Londra il 2 dicembre 1968 dopo una intensa vita segnata dall’amore per il suo mestiere di scrittrice e l’amore per il prossimo mantenendo così vivo lo spirito filantropico della famiglia. I suoi manoscritti sono conservati presso la Mugar Memorial Library della Boston University.

 

Mi sono soffermata a tratteggiare il profilo biografico di Mary Borden perché la scrittrice americana è stata completamente ignorata dagli editori italiani, al momento l’unico libro pubblicato è Zona proibita (2006), merito della piccola casa editrice Interlinea che offre sempre ai suoi lettori delle novità significative

 

Il libro è una raccolta di 12 bozzetti, 5 racconti e 5 liriche che hanno come argomento la Grande Guerra. La scrittrice, pur non facendo mai riferimento alla sua esperienza personale, tuttavia è da essa che attinge la materia narrativa che elabora e sviluppa in una successione di quadri assai suggestivi. La giovane, bella, ricca e famosa, solita frequentare la buona società inglese e circondarsi di poeti, scrittori, artisti, allo scoppio della guerra, dopo l’arruolamento del marito decide di partire come infermiera volontaria per la Francia, l’anno successivo finanzia la costituzione di un ospedale mobile di cui sarà la Directrice e si getta senza esitazione in una impresa assai rischiosa e non facile da gestire per una donna del suo tempo. Certamente la sua scelta avviene sull’onda dell’emozione, essa è affascinata dall’avventura che si accinge a sperimentare, stimolata dalla propaganda bellica che tende ad enfatizzare l’avvenimento ed ad esaltarne l’eroicità. Ben presto però Mary Borden prende coscienza dell’incubo dei combattimenti, della disumanità della vita in trincea, dell’orrore degli assalti all’arma bianca e soprattutto delle atroci sofferenze a cui sono esposti i soldati: ferite, menomazioni, fame, sporcizia, freddo, solitudine, disperazione rassegnata, infinita stanchezza e paura. La scrittrice scopre il volto bieco e livido della guerra vista e vissuta senza gli orpelli della retorica, ma in tutta la sua drammaticità e brutalità. Di tutto questo parla il suo libro il cui titolo sta ad indicare quella striscia di terra situata vicino alla prima linea e vietata a tutti coloro che non appartengono al personale militare e medico. Ma l’Autrice con queste due parole vuole anche indicare un’area preclusa alle donne, dunque dalla connotazione assolutamente maschile, una specie di spartiacque che tende ad evidenziare ciò che a quel tempo era esclusiva competenza degli uomini e qui affiora la Borden che avverte le limitazioni imposte alle donne e si ribella al ruolo che l’identità femminile assegna loro nel contesto sociale dell’epoca. Sarà proprio la I  Guerra Mondiale a capovolgere questa condizione di svantaggio ed a ridurre la linea di separazione fin quasi ad annullarla poiché, con il prolungarsi del conflitto, sarà proprio compito delle donne rimettere in moto gli ingranaggi del sistema lavorativo  il quale rischia la paralisi per l’assenza degli uomini prestando la loro opera preziosa nelle fabbriche, negli uffici, nei campi ed in ogni settore ove se ne presenti la necessità. Sempre durante la grande guerra si assiste alla presenza delle donne al fronte in qualità di infermiere volontarie le quali con dedizione si prodigano a soccorrere ed a curare i feriti presso gli ospedali ed i centri di raccolta esponendosi  quotidianamente ed accettando una vita di disagi e di pericolo. Tuttavia “la zona proibita” cioè la discriminazione persisterà nel campo letterario poiché è impensabile e innaturale che una donna scriva libri il cui argomento è la guerra, infatti una letteratura di guerra al femminile tarderà ad essere accettata, valorizzata e soprattutto pubblicata. In Inghilterra solo dopo il 1981 sono uscite le prime opere che raccolgono le riflessioni  e le impressioni di alcune scrittrici inglesi. Mary Borden, forse per il prestigio acquisito con il suo ospedale mobile, ha il privilegio di vedere pubblicata la sua raccolta già nel 1929.

Questo libro mantiene ancora oggi tutto il suo pathos ed è possibile coglierne, a distanza di quasi un secolo, l’attualità poiché evidenzia e sottolinea l’inutilità ed al tempo stesso la tragicità della guerra con tutto il suo carico di ferocia, di violenza, di sofferenza e di morte. I bozzetti, composti dall’Autrice durante il periodo trascorso al fronte, descrivono lo scenario bellico con l’atmosfera grigia, cupa, greve che lo sovrasta e lo domina. I cinque racconti sono invece la rielaborazione postuma di scene d’ospedale in cui spiccano alcuni personaggi protagonisti di episodi legati al dolore fisico e psichico e sono narrati in prima persona. Infine, le liriche che danno voce al dubbio ed allo sdegno della scrittrice la quale in alcune denuncia la guerra come negazione di Dio e dei suoi simboli, in altre invece polemizza sul tema dell’ingiustizia umana come nell’ultima lirica Non identificato.

Fin dalle prime pagine Mary Borden manifesta la sua simpatia per i poilus cioè la truppa costituita da uomini semplici, perlopiù contadini ed è a loro che dedica il libro. Nel bozzetto Il reggimento parla con una nota di tenerezza e di pietà di questi soldati, molti dei quali sono stati inviati al fronte per sostituire i figli morti in combattimento, sono dei vecchi non solo per l’età, ma soprattutto nello spirito. Non sembrano uomini né si comportano come tali, ma la Scrittrice scorge un bagliore di vita e di umanità nei loro occhi che rivela la consapevolezza di andare incontro alla morte. Essi vorrebbero tornare a casa per riprendere il lavoro interrotto, ma sanno che non ci sarà alcun ritorno per loro. Ogni pagina del libro è un j’accuse alla guerra vista come un immane macello ed una grande ingiustizia. Nel racconto Chiaro di luna l’Autrice confessa che durante l’esperienza vissuta nell’ospedale mobile tre sono state le sue “compagne” più intime: Sofferenza, Vita, Morte. Mentre le prime due si contendevano i feriti dai corpi dilaniati e martoriati, Morte al contrario era una guaritrice, una benefica dispensatrice di pace.

 

Sara Rivedi Pasqui

 

*Mary Borden, La zona proibita, Interlinea, 2006, pp.221, € 14,00

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