Koinonia Febbraio 2018


OMELIA DELLA PASTORA DANIELA SANTORO

su Marco 1,14-20

 

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il re­gno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pe­scatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

 

Sorelle e fratelli, ecco la prima predicazione di Gesù: Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete nel Vangelo.

Ma da che cosa si capisce che il regno è vicino? Noi ce ne eravamo accorti? Perché guardandoci attorno, direi che il Regno sembra molto lontano… quel regno di pace, giustizia, amore, verità… basta pensare alle noti­zie degli ultimi giorni: tanti problemi, tanta violenza, rapporti in­terpersonali sempre più labili e pericolosi, tanta indifferenza, forse causata dalla paura, e poi tanta solitudine, tanta intolleranza, tanta diffidenza. A tutti capita di cercare qualcosa che ci renda un po’ più ottimisti, positivi, nei confronti del nostro mon­do, della nostra vita, e così cerchiamo attorno a noi i segni di que­sto Regno che ormai dovrebbe essere alle porte… e non ne troviamo.

 

Eppure siamo bravi a riconoscere i segni di ciò che si avvicina. Se siamo in treno, riconosciamo che stiamo arrivando in stazione perché la vegetazione lascia il posto alle case, la campagna alle strade, la velocità si riduce… sappiamo che arriva l’autunno perché cadono le fo­glie dagli alberi, la temperatura si abbassa, le ore di luce diminui­scono… Ma da che cosa capiamo che il Regno è vicino?

La risposta ce la dà lo stesso Gesù. Ci sembra quasi di vederlo mentre cammina lungo il mare di Galilea, fra le barche e i pescatori sulla riva che riparano le reti e preparano il necessario per la prossima uscita. Riusciamo anche a visualizzare il momento in cui si avvicina al primo gruppo di pescatori e inizia a parlare, ma le parole pronunciate… quelle no, non riusciamo proprio a prevederle, non sono quelle che ci aspetteremmo.

 

“Venite dietro a me, e vi farò diventare pescatori di uomini”. E perché mai dovremmo andare dietro ad uno sconosciuto? E che cosa ha di così attrattivo il diventare pescatori… di uomini?Eppure Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni non hanno alcun dubbio. La­sciano tutto e lo seguono. Senza fare alcuna domanda, senza chiedere spiegazioni, né garanzie. Gesù chiama e loro vanno. In effetti non accade nient’altro che que­sto. Eppure è proprio questo il tutto che stavano aspettando; è questo incontro che fa loro capire che il regno è veramente vicino, Dio è pronto a compiere le sue promesse.

Che cosa accade quel giorno? Fra i tanti abitanti della Giudea, un gruppo di pescatori viene notato  e scelto da Gesù. Il figlio di Dio non si rivolge a ricchi possidenti, uomini forti e valorosi, sacerdoti esperti… sono le persone più umili, povere ed emarginate ad essere scelte.

 

Queste persone vengono chiamate non per essere trasformate, cambiate, rese perfette  e irreprensibili: Gesù chiama Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni così come sono, accogliendoli in tutta la loro umanità, con tutti i loro limiti, ma anche con tutto quello che sanno fare: sono pescatori, sa­ranno pescatori. Gesù riesce a vedere in loro quello che tanti rifiu­tano di riconoscere e valorizza il loro sapere, le loro capacità. Gesù non chiama dei pescatori ad essere dei fabbri, né dei cuochi ad essere sarti, né dei contadini ad essere muratori. Gesù invita i 4 pescatori a mettere a disposizione quello che sono, quello che sanno, e chiede loro di andare dietro di lui, di collaborare con lui.

 

Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni saranno accompagnati, preceduti, sostenuti, Gesù non dice andate, ma seguitemi. E forse è proprio per questo che loro accettano l’invito senza neanche pensarci: qualcuno si è accorto di loro, qualcuno ha proposto loro qualcosa di importante, qualcuno si è offerto di accompagnarli, di es­sere loro maestro non solo per qualche tempo per aumentare le loro co­noscenze, perché Gesù vuole essere la loro risorsa, il loro punto di riferi­mento per sempre… e senza chiedere niente in cambio.

 

I 4 accettano perché si rendono conto che in quel momento la loro vita sta cambiando, nell’incontro con quello sconosciuto, in quelle poche parole che fino ad allora non erano mai state pronunciate nei loro confronti.

Sorelle e fratelli, è nella quotidianità che Dio incontra gli esseri umani ed è nella quotidianità che vuole accompagnarli per sostenerli. È nelle azioni di ogni giorno, negli incontri di ogni giorno, nelle difficoltà, nelle paure, nella stanchezza, nei dubbi di ogni giorno che lui vuole essere presente; sono le gioie, le soddisfazioni, le me­raviglie di ogni giorno che lui vuole condividere con noi. Nella nor­malità, nella routine di ogni giorno, Dio porta la certezza della sua vicinanza, della verità della sua promessa, del suo amore: è lui che fa la differenza nella nostra vita e ci fa riconoscere di essere in viaggio verso il pieno compimento delle sue promesse.

 

Ancora oggi Dio ci vede, ci sceglie, ci incontra, ci parla e ci invita a seguirlo rendendoci in grado di riconoscere e indicare agli altri i segni del Regno che viene, quei segni di speranza che sono presenti, ma spesso ci sfuggono, perché attaccati dalla violenza, dall’egoismo, dal potere che vorrebbero convincerci di esse­re soli, di non essere abbastanza, di non essere in grado, di non va­lere niente. Gesù ancora oggi ci invita a seguirlo e a condividere con gli altri la nostra vita e la nostra fede in lui: accogliamo con gioia il suo invito e te­stimoniamo, andando dietro a ui, la realtà del suo amore per noi. Amen.

 

Daniela Santoro

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