Koinonia Febbraio 2018


PERSONAGGI E VICENDE a cura di Sara Rivedi Pasqui

 

UN PASTORE DONNA IN PRIMA LINEA

 

Rola Sleiman ha circa 40 anni, un’espressione del volto cordiale e un rapporto caloroso con le persone con cui viene a contatto. Di famiglia protestante presbiteriana, il padre siriano e la madre libanese, nonostante sia nata e cresciuta in Libano e si consideri Libanese non ha la nazionalità Libanese perché le madri Libanesi non possono trasmettere la loro nazionalità ai figli e quindi Rola deve periodicamente rinnovare il suo passaporto Siriano e il permesso di residenza per mantenere il proprio stato legale in Libano. In piena adolescenza si è posta la questione religiosa e così frequenta prima la chiesa cattolica, poi l’ortodossa. Leggendo regolarmente il Primo Testamento si interessa al Corano ma, dopo tutto questo girovagare tra le varie religioni, confessa di aver subito il fascino dell’uomo proveniente da Nazareth che ha vissuto l’amore per il prossimo nella sua carne, così ha preso la decisione di mettersi alla sequela del Cristo.

La pastora racconta volentieri il percorso del suo ministero quando gli inviati di Réforme la incontrano in occasione di un’assemblea di chiese svoltasi nei Paesi Bassi.

Iscritta alla Facoltà di Teologia a Beirut, per quattro anni, si laurea nel 1998, molto presto viene inviata a Tripoli per servire nella comunità presbiteriana dove era cresciuta, assai minoritaria in terra islamica nel nord del paese del Cedro, vicino alla frontiera Siriana. Questa è una zona del Libano altamente in fermento, un bastione dell’Islam sunnita da dove sono partiti i partigiani dello Stato Islamico, sovente vittima di violenze interreligiose settarie. In un primo momento Rola vi insegna religione, poi nel 2008 il pastore in carica abbandona la chiesa, situata proprio nel cuore dei quartieri caldi della città, per trasferirsi con la famiglia negli Stati Uniti. La nostra pastora non si è sentita di lasciare la piccola comunità ed ha sostituito il collega perché i parrocchiani l’hanno ufficialmente accettata, orgogliosi che una donna avesse fatto una scelta così rischiosa. Le viene affidata la conduzione ad interim della chiesa, cosa assai rara in un paese dove la religione è una prerogativa maschile ed in un luogo dove coesistono 17 comunità religiose. Per diversi anni officia nella sua chiesa, ma non può amministrare i sacramenti in quanto non ancora ordinata (occorre la supervisione di un pastore uomo ordinato dal Sinodo) ma si occupa di tutti gli altri incarichi legati all’attività pastorale.

Finalmente dopo molti anni la sua ordinazione per la National Evangelist Presbyterian Church passa con 23 voti favorevoli ed uno solo contrario ed è ufficialmente ordinata pastore il 26 febbraio 2017. Ne resta stupita perché in quelle terre si fa ancora molta differenza tra una donna ed un uomo, è convinta che il suo successo derivi dalla sua costante presenza presso i parrocchiani, li visita sovente, va a pregare per loro, ogni domenica al suono di un piccolo organo percorre il corridoio tra le file dei banchi e saluta cordialmente i fedeli che entrano in chiesa. Oggi i suoi parrocchiani la rispettano e la amano perché è sempre pronta ad aiutarli.

La parrocchia comprende 33 famiglie ma Rola trova difficoltà a convincere i suoi membri a celebrare il culto infatti dallo scoppio della guerra in Siria la città è diventata teatro di violenze tra le comunità musulmane sciite che sostengo il regime di Bachar al Assad ed i sunniti favorevoli alla rivolta. Una parrocchiana di origine palestinese confessa di avere paura di andare in chiesa perché durante il culto può accadere di tutto. Ma gli orrori della guerra secondo la pastora hanno suscitato nei suoi colleghi e presso i loro parrocchiani gesti d’accoglienza, di condivisione ed al tempo stesso un profondo senso di umiltà, di incapacità di fronte al male che distrugge non solamente l’esistenza fisica ma anche l’immagine divina dell’uomo.

È in questa atmosfera che dal 2011 la chiesa della nostra pastora è stata chiamata a confortare e soccorrere circa due milioni di rifugiati nel Libano. Chi fa correre Rola in questo angolo di terra dove il sangue versato non secca mai? Lei serenamente risponde che se si è dedicata al pastorato è per esercitare una professione che ha senso, che esce dall’ordinario nella società libanese dalla religiosità così complessa.

Dimostrare che una donna può essere una buona guida di anime, una buona madre di famiglia, una donna dalla forte personalità, tutto questo la incoraggia, ma spiega che occorre dare molto di sé il che richiede dei momenti di ricarica personale. Questi li ottiene stando a contatto continuo con le persone che ha attorno, che apprezzano il suo lavoro quotidiano, insomma la loro vicinanza le infonde fiducia e forza per continuare nel suo ministero malgrado i pericoli e le difficoltà da affrontare ogni giorno. Spiegando come si sente nel ruolo di primo pastore donna nel mondo Arabo, ricorda le circostanze iniziali che l’hanno portata a questo punto: “Il modo in cui tutto si è svolto, guardando indietro, penso sia stata la volontà di Dio a fare questo”

 

Sara Rivedi Pasqui

 

 

 

 

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