Koinonia Gennaio 2018


Dalla relazione di Giuseppe Ruggieri

all’assemblea di Roma del 2 dicembre

 

MA ADESSO È L’ORA DI MANIFESTARE LA FORZA DEL VANGELO

 

<...> 4 - Il vangelo non è rivolto solo ai cristiani, ma a ogni uomo e a ogni donna che si vogliono caricare del peso della storia vissuta

 

La mia conclusione vuole infine semplicemente dire che l’invito di papa Francesco è rivolto non a un gruppo di cattolici progressisti, non alla sola Chiesa cattolica, ma a tutte le Chiese e a tutti gli uomini e a tutte le donne che si vogliono caricare del peso della storia attuale, con tutte le contraddizioni e i drammi che la caratterizzano. Di fatto la predicazione di papa Francesco sta valicando i confini del cattolicesimo e trova un ascolto universale accanto a rifiuti altrettanto forti. Essa è veramente una pietra d’inciampo.

 

Non è il momento per valutare appieno questo fenomeno. Gli storici lo potranno fare solo col tempo. Ma basta visitare in internet i siti del cattolicesimo americano conservatore, oltre ai siti dei tradizionalisti, per capire già qualcosa. La lettura che Michael Novak fece a suo tempo del messaggio della Evangelii Gaudium ci dice ad esempio quale sia la vera pietra d’inciampo costituita dal messaggio di papa Francesco. Riprendo l’articolo di Novak dal quindicinale conservatore National Review di New York del 7 dicembre 2013. Michael Novak era un fedele cattolico americano, fautore a suo tempo della politica economica di Reagan e autore di un libro famoso su Lo spirito del capitalismo democratico e il cristianesimo dove cerca di mostrare la compatibilità tra la dottrina sociale della Chiesa e il capitalismo. Nel suo commento all’esortazione papale Evangelii Gaudium, pur non volendo rifiutare in blocco l’insegnamento del papa, egli voleva tuttavia drasticamente ridimensionarlo. Il papa infatti, a suo avviso, ha ragione nella sua condanna del capitalismo, ma solo perché guarda la realtà con gli occhi di un argentino. La verità sarebbe invece un’altra: nei paesi di tradizione anglosassone, soprattutto l’America, che si sono presto liberati dall’economia feudale, in regime di libertà e con interventi minimali dello Stato, si registra una crescita verso un regime di benessere diffuso.

Senza voler entrare nel merito della netta distinzione che Novak fa tra i poveri argentini e i ricchi liberali americani, con il silenzio sul fatto che furono gli americani a finanziare le dittature sudamericane volte a mantenere la dipendenza economica di quel continente, ciò che mi colpì nella lettura del suo articolo fu la chiara individuazione di coloro ai quali il papa dava voce: i poveri. Ma se ci pensiamo bene erano i poveri, gli esclusi, gli assetati di giustizia, ai quali Gesù diede voce nel suo tempo.

Le Chiese oggi debbono decidere se ciò che le unisce e le divide sia in primo luogo la loro comprensione del vangelo come evento sempre attuale, come voce data ai poveri e ai sofferenti di ogni volta, o le peculiarità dottrinali dovute alla loro storia, alla diversa collocazione geografica, alla diversa sensibilità culturale.

Niente illustra meglio questa alternativa del documento sudafricano che va sotto il nome di Kairos. Il documento, pubblicato il 25 settembre 1985, quando la  politica dell’apartheid esplose in una serie di misure particolarmente oppressive, non fu redatto da teologi di professione, ma fu un esempio di teologia dal basso, redatto collettivamente da pastori delle varie denominazione ecclesiali del Sudafrica, anche se alcune parti del documento stesso (come l’esegesi di Rom 13) furono affidate a studiosi competenti. I problemi che questi pastori dovettero fronteggiare erano particolarmente gravi e urgenti al tempo stesso. Essi erano particolarmente sconvolti da quanto vedevano. Non erano coinvolti in azioni politiche, ma si chiedevano quale fosse la volontà di Dio e cosa fosse richiesto loro.

La repressione infatti era giustificata anche religiosamente con il rimando ad una vera e propria teologia dello Stato che traeva legittimità soprattutto dalle affermazioni paoline sull’autorità in Rom 13. Per altro verso i pronunciamenti ufficiali delle varie Chiese, anche quelle che prendevano le distanze dalla repressione, si limitavano ad affermazioni generiche che non testimoniavano tutta la forza e la sfida contenute nel vangelo di Cristo. Erano cioè enunciazione di principi, ma non vangelo concreto. La tentazione era infatti quella di stare a guardare, non essendo la politica un problema della Chiesa. Di fatto la Chiesa (al singolare!) era divisa al suo interno, con una divisione che si riproponeva cioè all’interno di ogni denominazione, tra chi stava dalla parte dei bianchi e chi stava dalla parte dei neri. I pastori avvertivano che in questo modo la Chiesa non era portatrice di speranza e sentivano quindi l’urgenza di andare oltre le parole. Il tempo di parlare era passato, la gente chiedeva azioni coerenti con il vangelo.

Il documento costatava con amarezza: «Ciò che l’attuale crisi mostra, sebbene molti di noi lo sapessero già prima, è che la Chiesa è divisa. Sempre più gente afferma che esistono due Chiese in Sudafrica, una Chiesa bianca e una Chiesa nera. Persino all’interno della stessa denominazione ci sono in realtà due Chiese. Nel conflitto tra la vita e la morte fra le diverse forze sociali che oggi dominano in Sudafrica, ci sono cristiani (o perlomeno persone che professano di essere cristiane) da entrambe le parti del conflitto, e alcuni che cercano di rimanere neutrali. … Sia l’oppressore che l’oppresso dichiarano lealtà alla stessa Chiesa. Entrambi sono battezzati nello stesso battesimo e partecipano insieme allo spezzare del medesimo pane, allo stesso corpo e sangue di Cristo. Ci sediamo nella stessa Chiesa, mentre fuori poliziotti cristiani e soldati stanno picchiando e uccidendo bambini cristiani o torturando a morte prigionieri cristiani, mentre altri cristiani stanno a guardare e debolmente chiedono la pace». Senza una posizione precisa contro l’oppressione, la Chiesa continuerà a restare divisa. Occorre invece partecipare alla lotta contro l’oppressione, sostenendo le campagne di massa per boicottaggi e astensionismi; trasformando le attività ecclesiali, atti di culto, scuola domenicale etc., perché siano coerenti con la fede profetica connessa al kairos che la Chiesa vive adesso; organizzando campagne speciali connesse alle lotte necessarie per la liberazione dall’oppressione; sostenendo la disobbedienza civile che implica una disobbedienza allo stato contrario a Dio; assumendo la guida morale del popolo aiutando la gente a capire i suoi diritti e i suoi doveri.

Ritengo che la provocazione che il documento Kairos pose allora quando fu scritto e che pone ancora a noi, allo stesso modo della predicazione e della testimonianza di Papa Francesco, sia un chiaro esempio del vangelo comandamento, vincolante per tutti, che pone un vincolo alla coscienza di ognuno e va oltre le formule e le dottrine delle varie Chiese e per questo parla a tutti. Questo è infatti quanto sperimentiamo adesso con papa Francesco, così come i più vecchi di noi sperimentarono con papa Giovanni XXIII. Allora le formule dentro cui le Chiese riassumono la loro dottrina e la loro disciplina, nella misura in cui esse pretendono di trasmettere il vangelo, devono diventare anche prese di posizione, comandamento concretissimo avrebbe detto Bonhoeffer. Sta qui il senso ultimo dell’invito di papa Francesco: puzzare di pecora, in maniera tale che le pecore perdute sentano e riconoscano la voce del vangelo.


Giuseppe Ruggieri

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