Koinonia Gennaio 2018


Assemblea “Chiesa dei poveri chiesa di tutti” - Roma 2 dicembre

                     

MA VIENE UN TEMPO, ED È QUESTO....

 

Non ci poteva essere incipit migliore per l’Assemblea di “Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri”, associazione di associazioni, che si è riunita sabato 2 dicembre a Roma. Tutti gli oratori infatti hanno sottolineato l’importanza di questo ‘tempo’ che, dice Raniero La Valle, si trova fra due epoche, “una fine che incorpora un principio”, principio che va aiutato a venire alla luce, una vera Pasqua, un passaggio epocale in cui è necessario individuare i veri cambiamenti. Poiché Gesù diceva  alla samaritana che i veri adoratori del Padre l’avrebbero adorato ‘in Spirito e Verità’, l’assemblea ha iniziato con una preghiera allo Spirito, perché possiamo avere più fiducia nella sua azione, una speranza attiva, forte e operosa e un amore che agisce in solidarietà con tutta l’umanità, in dialogo e collaborazione con tutte le religioni e spiritualità umane.

Per La Valle, quattro sono gli ambiti in cui si gioca il passaggio fine/principio:

- la guerra, che dopo la II guerra mondiale era stata messa al bando, oggi è diventata pandemica, di tutti contro tutti, in cui i corpi stessi sono diventati armi; solo abolire la produzione e il commercio delle armi potrebbe avviarci a una soluzione;

- le migrazioni. È necessario ristabilire lo jus migrandi instaurato nel ‘500 ad uso e consumo dei colonizzatori, oggi negato a coloro che, prima sfruttati e depauperati, cercano una vita migliore, o semplicemente una vita;

- problema ecologico. È saltato il ‘chiavistello’ biblico che separava le acque dall’asciutto. L’unica alternativa all’ecocidio è un nuovo ordine mondiale: invece del diritto di appropriazione, la condivisione, la tutela, la libera fruizione;

- fine del regime di cristianità. Secondo uno storico tedesco siamo alla fine di un arco che va da Costantino a Hitler. Dopo la II guerra mondiale è iniziata questa presa di coscienza, proseguita nel Concilio e solo oggi formalizzata da papa Francesco. Per passare dalla cristianità al cristianesimo dobbiamo finalmente imparare ad adorare il Padre in Spirito e Verità.

Anche se molte sono le cose che devono cambiare, e che si oppongono al cambiamento, dobbiamo aprire la strada con parole e azioni.

 

Daniele Menozzi esordisce spiegando come papa Francesco stia cercando di ri-orientare la Chiesa alla luce di un principio fondamentale, il Vangelo, e la misericordia che ne è il nucleo essenziale e costitutivo. Con lui si può cominciare a parlare di ‘libertà d’indagine’ anche nella Chiesa; con lui il giudizio morale e quello storico hanno riacquistato i loro rispettivi ambiti. È finito il tempo del tridentino anathema sit; il richiamo di Francesco non va alla ‘legge naturale’ (ma quale natura poi?), ma al Vangelo della misericordia, come risposta ai problemi e alle sofferenze della società odierna. Egli non solo sottolinea che  “la diversità fra cristiani non è un limite, ma una ricchezza, ma aggiunge anche che tutte le chiese sono chiamate a un continuo processo di riforma alla luce di una migliore comprensione del messaggio di Cristo”.

 

Per Giuseppe Ruggieri, la novità di papa Francesco non sta tanto nel rinnovamento della curia, che oggi ha tutti i poteri che il papa ha avocato a sé nel secondo millennio della sua storia, quanto invece nell’invito a far festa con quanti erano esclusi; il Vangelo così può riacquistare calore, il calore che aveva perduto perché identificato troppo spesso con la dottrina e la disciplina. Francesco ha riscoperto con l’Evangeli gaudium la gioia del Vangelo. La riconciliazione che Gesù operò fra il Padre e gli uomini, secondo Paolo, è in realtà uno scambio: Gesù non venne a purificare l’uomo dal peccato, ma Dio lo ‘fece’ peccato, fino a una morte da peccatore, quando il peccato escludeva dalla vita sociale. Come Gesù, dobbiamo caricarci del peso degli esclusi, del peso dell’altro, anche del suo peccato. Il Vangelo opera nel cuore umano quando diventa  cosa vivente, quando viene “arrischiato nella libertà e nella storia concreta vissuta dai credenti”. Per questo, Bonhoeffer sostiene che è necessaria la conoscenza della realtà attraverso la lettura dei segni dei tempi. Le Chiese devono decidere se dare voce al Vangelo o alle loro dottrine, sempre legate a storie nazionali e culture deperibili.

 

Nell’appello “Per un mondo non genocida, patria di tutti, patria dei poveri”, firmato già da quattro premi Nobel per la pace e da molti altri, si dice tra l’altro: “Una tale situazione sembra evocare e rendere di attualità quello che agli albori del cristianesimo l’apostolo Paolo descriveva come “il mistero dell’anomia”....In quella stessa intuizione delle origini cristiane si annunciava però anche un “katécon”, una resistenza, una volontà antagonista che avrebbe trattenuto e raffrenato le forze della distruzione....”.  La teologa Rosanna Virgili approfondisce per l’assemblea il tema misterioso del katékon di cui Paolo parla nel capitolo 2 della II ai Tessalonicesi. L’interesse per questa intuizione di Paolo si è risvegliata con il papato di Francesco che da alcuni viene identificato con questa forza che trattiene la venuta dell’avversario, ma anche della parusia. Il concetto viene introdotto da Paolo nella sua lettera per sfatare l’idea che il ritorno di Cristo fosse imminente, tanto che i tessalonicesi avevano addirittura smesso di lavorare. Comunque si tratta di una forza, qualcosa che trattiene, che impedisce che l’avversario si riveli. In un certo senso è positivo, ma è anche ambiguo perché ritarda la parusia. La Virgili accenna alle numerose interpretazioni date del katekon nella storia della teologia, ma, secondo me, è più interessante la distinzione che lei fa tra schema escatologico e schema apocalittico, definendo il primo tempo di attesa e il secondo tempo che cristallizza l’attesa  della fine. Nel primo, l’escatologia come tempo sapienziale e di profezia  c’è spazio per l’atteggiamento di Francesco. Nello spazio escatologico si riapre il futuro, cosa che non avviene in quello apocalittico.  Francesco utilizza due anime del Vangelo, l’incarnazione e il riscatto; il suo è un umanesimo cristiano più che un cristianesimo umano, in cui  l’antropologia è fortemente coinvolta. La salvezza non è più definibile in modo preciso, ma declinata come misericordia.

 

Prima di aprire il dibattito, conclude la giornata il giurista Luigi Ferrajoli che si dichiara non credente, ma dice di sentirsi incluso nella Chiesa di Francesco, in quanto l’alternativa cristiana del papa è anche quella della ragione laica. Dopo la seconda guerra mondiale, c’era stato un cambiamento di paradigma per quanto riguardava la democrazia e i diritti umani, paradigma illustrato in tutte le carte costituzionali, nazionali e internazionali, anche se in seguito è rimasto spesso solo su queste carte. Oggi è saltata anche l’ipocrisia per cui si affermavano principi che poi non venivano rispettati nei fatti; si assiste cioè ad un ribaltamento di priorità tra società e politica, politica e economia, parlamenti e governi che si sentono responsabili più verso i mercati che nei confronti dei propri elettorati. E questo spiega perché la classe politica non si dimostra minimamente preoccupata della crescita dell’astensione, segno inequivocabile di sfiducia nella classe politica stessa. L’Unione Europea è diventata (se pure è mai stata altro se non nella mente dei suoi fondatori) il tramite fra i governi e i poteri globali; non esiste il concetto di bene comune europeo. È completamente ignorato il pensiero kantiano secondo il quale “ciò che ha dignità non ha prezzo e ciò che ha prezzo non ha dignità”. Ferrajoli, rispondendo a La Valle, parla di quattro genocidi:

-quello della miseria e della disuguaglianza in crescita esponenziale. L’accettazione della disuguaglianza come cosa normale è  alla base del razzismo crescente che oggi inquina l’identità democratica dell’Europa;

- quello dei migranti. Il diritto di migrazione che, come diceva La Valle, è stato alla base della colonizzazione e del capitalismo, oggi si è trasformato in un reato. La discriminazione, anche giuridica, per la prima volta, si basa sulla stessa identità del migrante;

- il genocidio nucleare che sta diventando sempre più una possibilità reale, in una spirale di paura alimentata da molti media;

- il genocidio ecologico di cui sempre più, anche grazie a Francesco, si diffonde la consapevolezza e, si spera, possa portare a un interesse comune per la sopravvivenza della specie umana, unitamente a quella di tutto il creato.

 

Di fronte a queste minacce, l’alternativa è un nuovo patto di convivenza civile fondata sull’uguaglianza, cioè sul concetto per cui gli esseri umani, tutti diversi fra loro, sono nello stesso tempo fondamentalmente uguali, se non per una comune fratellanza, almeno come specie. Bisogna riavviare un processo costituente delle nostre democrazie che sottoponga a vincoli il diritto privato, legittimo se limitato, unitamente a un costituzionalismo di diritto internazionale. Altrimenti, se non ci sarà un cambiamento in questo senso, le politiche genocide sono destinate ad aggravarsi.

 

In fine di giornata, ampio spazio è stato lasciato al dibattito da cui sono emerse interessanti proposte. Tra le altre quella di Peyretti di un sinodo permanente dei discepoli nelle chiese locali dove, dice un altro intervenuto, dobbiamo essere un ‘tormento’ continuo per  i parroci e per i vescovi, affinché si guarisca dal clericalismo e i laici vengano esortati a svolgere la loro funzione nella Chiesa. Angela spinge a riflettere sul fatto che noi non vogliamo essere tutti fratelli, alla pari, ma preferiamo avere dei ‘padri’, che si prendano cura di noi e ci esonerino dalle responsabilità. Bernadetta, di Roma, vorrebbe che, a proposito del miracolo evangelico, non si parlasse più di “moltiplicazione” dei pani, ma di “condivisione” perché Gesù dice: “date voi stessi a loro da mangiare”.  Il rappresentante di “Noi siamo Chiesa” dice che “Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri” può avere un futuro solo a tre condizioni:

che sia utile ai gruppi che ne fanno parte

che sia utile alla Chiesa italiana con cui deve maggiormente interloquire

che si mettano insieme riflessioni e proposte concrete

e, di queste ultime, elenca:

azioni per la pace

azioni contro la nomina di Giovanni XXIII a patrono dell’esercito

azioni contro l’accorpamento delle parrocchie per ovviare alla mancanza di sacerdoti

portare avanti dal basso la questione del posto delle donne nella chiesa.

Di fronte alla dolente riflessione, certamente non nuova, che a queste assemblee sono assenti i giovani, Raniero La Valle propone di fare un’assemblea in cui a parlare siano solo loro e noi, frequentatori abituali, ascoltiamo soltanto.

Alla fine, in quanto assemblea di “Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri” si aderisce all’Appello a cui si è accennato sopra  il cui testo viene distribuito a tutti i presenti

 

Donatella Coppi

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