DIARIO DI UN VIAGGIO IN TANZANIA (II)


11 agosto
Oggi, domenica, siamo invitati a partecipare al battesimo e alla cresima dei catecumeni che si svolge a Nyabula. La funzione, in kiswahili, si protrae per due ore. All'offertorio i giovani e le ragazze che portano i doni all'altare avanzano a passo di danza. Tutta la gente, che gremisce la chiesa, partecipa alla funzione, specie per quanto riguarda i canti. E sono davvero molti quelli che si accostano all'eucarestia. Dopo la funzione religiosa la festa prosegue all'esterno con danze di bambini, di giovani e di adulti.
Questa zona ha una forte percentuale di cattolici (forse la metà della popolazione), mentre è scarsa la presenza dei musulmani. La parrocchia è gestita da due missionari della Consolata, coadiuvati da un confratello e da quattro religiose. Intorno vi è un gran complesso, comprendente una quindicina di costruzioni: mentre la scuola elementare è stata nazionalizzata, gli altri servizi sociali sono retti dai missionari (dispensario, maternità, scuola materna, scuola di cucito e di falegnameria).
Queste note positive sono però affiancate da altre negative. Le chiese sono brutte, di foggia europea, ed ancora peggiori sono le sculture, del più languido stile ottocentesco (un S.Giuseppe con in braccio il bambino e con un giglio in mano; un angelo custode con atteggiamento didattico indica il cielo ad un bimbo...bianco; etc.). A prima vista, viene da pensare che qui non vi sia stata inculturazione della fede, come avviene invece in varie parti dell'Africa francofona: probabilmente perché manca in questi luoghi uno sviluppo teologico autoctono.

12 agosto
Salendo a Kibao, che si trova su un falsopiano a 2.100 metri, si attraversano boschi di pinacee e di eucaliptus. La giornata è tetra, fredda e piovigginosa (è la fine dell'inverno tropicale), la nebbia si addensa nelle convalli. A Iringa abbiamo lasciato la più giovane del nostro gruppo, Mariangela, in custodia dalle suore: è stata colpita dalla malaria, dopo pochi giorni di incubazione, caso che si verifica assai di rado. Siamo pertanto restati in undici.
La zona è celebre per le piantagioni di tè (si doveva visitare la fabbrica, ma di lunedì è chiusa). Pranziamo in parrocchia, poi visitiamo i settori gestiti dalle suore, che hanno un dispensario, accolgono bambini denutriti e svolgono animazione catechistica nelle scuole.
Ci trasferiamo a Makambako, la cui parrocchia conta 80.000 abitanti, di cui 15.000 cattolici; anche qui le suore dirigono un dispensario, una maternità e una scuola di cucito. Siamo discesi di 400 metri, ma fa freddo anche qui, e soffia un gran vento. Di notte nelle nostre stanze si insinua un soffio lugubre, e al sentirlo, chissà perché, mi viene da pensare ad una celebre canzone partigiana, che Nuto Revelli compose sul modulo di una nenia russa: "Urla il vento, fischia la bufera...".

13 agosto
Nella mattinata lunga discesa a Chozi (1.150 metri sul mare), situata in una zona calda e relativamente prospera perché tale clima ha permesso lo sviluppo della coltivazione del riso, che sta in parte sostituendo l'alimentazione tradizionale a base di cereali "poveri" (mais, miglio e sorgo); inoltre è un centro commerciale in espansione, da quando vi passa la ferrovia TAN-ZAM, che normalmente fa servizio per le merci ma che due volte la settimana trasporta anche i passeggeri.
E' sede di una parrocchia con 4.000 cattolici su 50.000 abitanti, una percentuale bassa rispetto ad altre zone del Paese; ma qui siamo in zona luterana, secondo una suddivisione stabilita dai tedeschi e poi continuata dagli inglesi, i quali divisero il Paese in aree missionarie, assegnandone parte ai cattolici, parte ai luterani e parte agli anglicani.
Nel pomeriggio gran salita a Matamba, su una campagnola guidata dal parroco del luogo, con a bordo quattordici persone. La strada è una vera pista, con buche e fossati, come fosse il letto di un fiume, una specie di wadi in salita, e nella stagione delle piogge deve essere difficilmente agibile. Al ritorno, vedendo lo strapiombo, ci si rese conto che quest'impresa è stata per lo meno arrischiata, se non proprio folle.
Il missionario, che sta lassù solitario e che ha cura dei duemila cattolici della parrocchia (che conta 25.000 abitanti), deve essere davvero di tempra eroica per vivere in un luogo simile, appartato dal mondo "civile". Eppure la zona non è povera, poiché vi sono coltivazioni di piretro, dalla cui lavorazione si ricava il DDT. Ma gli indigeni non hanno il senso del risparmio, non sanno economizzare.

14 agosto
Padre Camillo Calliari è parroco di Kipengere, a 2.200 metri, ed è aiutato da un altro sacerdote e da quattro suore. Dotato di grande senso imprenditoriale, "Baba Camillo" - la cui opera è stata pubblicizzata da un libro recente e che gode pure di un'organizzazione di sostegno in Italia, specie tra gli alpini del Trentino - dispone di mezzi meccanici e di officine, di magazzini per la meccanica ed anche per la falegnameria e l'idraulica, che egli anno dopo anno ha impiantato nei pressi della chiesa; ha pure aperto una scuola biennale di falegnameria.
Visitiamo con lui le proprietà della diocesi, situate a 2.400 metri, affidate alla sua gestione: sono costituite da vasti campi di grano e da estesi pascoli per l'allevamento di bovini e ovini.

15 agosto
Dopo una breve visita alla stalla e ai campi della missione (molti frutti e ortaggi sono importati dall'Europa e crescono bene; inoltre vi sono i pomodori del Perù, specie di prugne acidule, ricche di vitamina C), si sale per Ikonda. Fin verso i 2.500 metri si incontrano campi, poi il paesaggio si fa simile a quello dei nostri alpeggi, intervallato qua e là da boschi di pinacee.
A Ikonda è situato un grande ospedale, con quattro dottori italiani (di cui due obiettori di coscienza) e uno negro, con ottanta addetti ai servizi dei malati (fra cui sette suore). I posti-letto sono 150, ma i malati sono quasi sempre in numero eccedente e... si arrangiano (in questi mesi di inverno tropicale il loro numero è tuttavia inferiore). Vi è un'ampia specializzazione, il personale è ben preparato: ce n'è bisogno, perché l'etnia locale (gli Ikunga) è di piccola statura, le donne sono malformate per cui sono numerosi i tagli cesarei (che spesso si fanno senza anestesia... e le pazienti non si lamentano...). Notiamo anche che molti di loro sono sdentati o con i denti rovinati, e ci dicono che ciò è causato dal fatto di succhiare la canna da zucchero. Ma ciò che è ben altrimenti grave, è l'alto numero dei sieropositivi: una metà dei malati, ci dicono. Anche se la cifra fosse superiore alla realtà, anche se essa riguarda i malati e non l'insieme della popolazione, è pur sempre vero che una minaccia terribile - confermata purtroppo da tante parti - sovrasta l'Africa, e che se non si troverà un rimedio nei prossimi anni l'avvenire del continente potrebbe esserne seriamente pregiudicato.
Sui 20.000 abitanti della parrocchia, 7.000 sono cattolici, e poi vi sono - come in tutta la zona - molti luterani: il parroco-missionario ha uno spirito ecumenico, cosa che finora mi è apparsa piuttosto rara restando alle conversazioni che ho avuto. Anche da lui pranziamo all'italiana, con pane, pasta, minestra di pasta e verdura, insalata, pomodori, burro, maionese, olio di oliva, formaggio, etc., e beviamo un ottimo vino. Gli amici italiani si ricordano dei missionari, e inviano tali alimenti, o addirittura li portano loro quando vengono qui. E lo stesso è capitato e capiterà in altre missioni.

Ettore De Giorgis
(2.continua)



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