DIARIO DI UN VIAGGIO IN TANZANIA (I)

 

In memoria di padre Silvio Lorenzini,

missionario della Consolata,

che ci accompagnò in questo viaggio.

 

 

6 agosto 1991

La prima cosa che noto, arrivando all’aeroporto di Dar es Salaam, è il ritmo lento di lavoro degli inservienti. Sarà così  ovunque. Se  gli occidentali procedono a passo di walzer,  l’andatura  del tango è più congeniale agli africani...

 

Le  strade  nella città e anche fuori sono pessime,  l’asfalto  è sparito in larghe zone, e talora vi sono pure delle grandi  buche che  l’autista cerca di evitare. Anche il pullman - che  sarà  il nostro per quasi tutto il viaggio - ha l’aspetto estenuato di  un reduce di molte battaglie. Approdiamo al Bahari Beach Hotel, originale  complesso formato da diversi bungalows modellati su  eleganti tucul: qui il mare è bello ma la pensione cara, per cui gli ospiti sono turisti o tecnici bianchi, oppure dignitari civili  e militari del governo. Anche qui, tuttavia, il servizio è lento  e confuso.

 

Ritorniamo  a  Dar es Sallam, il cui nome significa  "baia  della salvezza" e che non è altro che un gran paesone di un milione  di abitanti, pieno di bancarelle e di venditori ambulanti, nonché di una marea di oziosi. Ma è gente che si contenta di poco e che  ha un gusto spiccato di vivere (eppure non c’è televisione, e le poche antenne captano quella di Zanzibar: si può farne a meno, dunque...).  Inoltre questa gente ha un portamento estremamente  dignitoso, e tale è pure la foggia di vestire. Molti sono  musulmani,  lo si nota dal berretto caratteristico che fascia loro  l’estremità del capo.

 

Vediamo una chiesa luterana (in stile neo-gotico tedesco) ed  una anglicana;  poi assisto a parte della messa, in kiswahili,  nella cattedrale di S.Giuseppe; e poi partecipiamo alla messa (in  italiano...) alla Procura della Consolata. La Congregazione torinese gestisce in Tanzania 22 missioni; i missionari sono 72 (di cui  7 fratelli), e le suore all’incirca lo stesso numero: parte di questo personale è inabile per l’età, per cui vi è stata in  passato una situazione di stallo, mentre attualmente pare vi sia una leggera ripresa. Nel complesso operano in Tanzania una quindicina di Congregazioni  religiose maschili: in tutto sono 400  missionari, che  insieme ai 1.100 preti locali devono provvedere alle  necessità dei cattolici, che dovrebbero essere tra i quattro e i  cinque milioni nel Paese, un po’ meno del 20% degli oltre 25 milioni di abitanti.

 

7 agosto

Andiamo  verso Bagamoyo, località legata alla tratta dei neri.  A poca  distanza dall’hotel si entra nella savana. Dove poche  case sono raggruppate lungo la via, ivi proliferano le bancarelle; e a intervalli  si sentono pure sciamare i bambini, che qui stanno  a scuola  all’aperto. Un bellissimo palmeto ci viene incontro e  mi ricorda  un caro paesaggio, quello di Recife nel Nordeste  brasiliano. Le biciclette sono il mezzo di trasporto più usuale, e nel tubolare  o sulla parte posteriore della sella c’è posto  per  un altro  passeggero: come da noi, poco prima o poco dopo  la  guerra...

 

Nel  pomeriggio ritorno a Dar es Salaam e subito  sono  derubato, per  fortuna  senza conseguenze: mi accorgo cioè a tempo  che  mi manca il borsello che ho deposto accanto a me sul sedile dell’auto  mentre attendo un missionario, discendo e mi metto a  urlare. Forse impauriti, i ladruncoli gettano la refurtiva. Per  fortuna, poiché nel borsello c’era il passaporto...

 

Il mercato cittadino è qualcosa di incredibile, ed esercita su di me un vero fascino: occupa un intero quartiere, si svolge non solo  nei negozi ma anche nelle vie (ove si vende "à la criée"),  e qui  in  mezzo a una marea di gente passano  macchine  e  pullman sgangherati, e la gente non si muove più del necessario, c’è come  una connivenza tra gli autisti e questa massa multicolore e vociferante.  Eh sì, perché nessuno crede qui che il tempo sia  moneta...

 

A sera c’è uno spettacolo all’hotel. Si esibiscono in danze delle specie  di gruppi folkloristici e poi è la volta di  esercizi  di acrobazia. E poi si gioca con i serpenti: il regista dello  spettacolo  me ne pone uno intorno al collo e lo lascia lì forse  per un  minuto. Io non do segni di emozione, ma tranquillo del  tutto proprio non lo ero...

 

8 agosto

Le  strade  di raccordo, asfaltate o sterrate, sono  migliori  di quelle vicine ai centri cittadini, poiché sopportano un  traffico minore.  Procedendo verso occidente si incontrano molte  coltivazioni di banani e di manghi, un po’ meno di papaye; ai lati della via  si  vendono agrumi e noi beviamo anche un gustoso  latte  di cocco (altro ricordo del Nordeste brasiliano). Le coltivazioni di agavi  da  sisal sono molto frequenti nella  piana  di  Morogoro, città  industriale in espansione, capoluogo di  regione,  servita dalla  TAN-ZAM, la ferrovia costruita dai cinesi che  collega  la Tanzania  allo  Zambia. Il clima è fresco:  infatti  ci  troviamo sull’altipiano, a circa 1.600 metri.

 

Entriamo nel parco di Mikumi, uno dei più piccoli della Tanzania. E’  un bellissimo spettacolo quello del sole che tramonta in  pochissimo tempo, dopo essere diventato sopportabile allo sguardo e mutando colore, da giallo freddo a rossiccio; poi si immerge  entro nubi luminose, come se andasse a bagno.

 

Dopo un giro per il parco, si va a cena e poi si chiacchiera  con i missionari che sono con noi della situazione del Paese. Si  approva Nyerere per le nazionalizzazioni, ma si accusano i capi  di nepotismo  (io  credo che il relativo fallimento  del  socialismo tanzaniano sia dovuto anche a motivi strutturali). La gente ha un reddito medio di 130 dollari, per cui il Paese è, con  l’Etiopia, il più povero del mondo (anche qui mi pare si esageri). Chi lavora  guadagna in media 5.000 scellini al mese, ossia 27.500  lire. Lo sviluppo non è riuscito, i migliori emigrano in città, si  richiamano gli stranieri, gli investimenti sono ora effettuati  dai Paesi arabi petroliferi (e non più dagli scandinavi). Sono questi i  motivi che inducono molti missionari ad essere pessimisti  per il futuro.

 

Passando  al discorso religioso, ci si dice che è carente una  evangelizzazione generalizzata, per cui le sètte - in grande  fermento  anche se non ancora molto popolari - e l’Islam  aggressivo costituiscono  una minaccia per tale religione  superficiale,  in cui  vige ancora la poligamia, anche fra i cattolici, e  pertanto vi  sono dei missionari che rimpiangono il proselitismo di  altri periodi.  Resta una constatazione, comunque, su cui  l’accordo  è unanime:  non  bastano le parole ma occorre l’esempio,  ossia  la  predicazione deve essere accompagnata dall’impegno di vita.

 

9 agosto

Non sono venuto in Tanzania per fare un viaggio turistico, ma talora  una giornata rilassata è la benvenuta. Nel parco di  Mikumi si  incontrano animali di vario tipo, ma i gitanti vanno  soprattutto  in  cerca di leoni - che, accucciati al  fresco,  appaiono straordinariamente  indolenti - e di elefanti, numerosi anche  ai bordi delle strade. C’è da augurarsi che i safari e la caccia dei bracconieri  non causino la quasi totale estinzione di tali  specie.

 

Nel pomeriggio prosegue il cammino verso oVest, e ci si ferma  ad Iringa; la città è anch’essa capoluogo di provincia, a 1.600  metri, e al mattino e alla sera il clima è fresco; è dotata di  una zona industriale e pertanto prosegue l’urbanizzazione.

 

L’Hotel  Isimila è bello all’apparenza, in uno stile tra arabo  e indiano.  Ma all’interno è abbastanza dissestato, parecchie  cose non  funzionano, il servizio è lento. Ragionando da  europei,  il nostro parere è che gli autoctoni sono carenti del senso di  come si gestiscano tali attività.

 

10 agosto

Facciamo visita alla casa delle suore anziane della Consolata,  e notiamo  fra queste suor Redenta, una vispa e simpatica  torinese di 99 anni, che ha ancora la nostalgia della sua città. Le  religiose  più giovani svolgono attività di animazione  catechistica, di  igiene e di profilassi. E’ lo spirito dell’"ora  et  labora", vissuto nel contesto africano del Duemila.

 

Visitiamo il sito archeologico di Isimila, risalente a 60.000 anni  or sono; la guida ci porta ad una specie di  minuscolo  museo all’aperto,  che sorge ove era un laboratorio per la  lavorazione delle pietre dell’uomo preistorico: si ottenevano coltelli, asce, lance, sassi levigati per le fionde.

 

Dopo una lunga camminata in mezzo a una brughiera spinosa  intervallata da campi coltivati a mais, ortaggi e ricino, arriviamo ad una specie di canon molto suggestivo: l’acqua ha eroso la  pietra tenera e il frutto più interessante di questo lavorio sono le colonne  naturali che ci sovrastano, e che danno  l’impressione  di far parte di un tempio o di un porticato greco.

 

Nel  pomeriggio visitiamo Tosamanga, località dalle  molte  opere religiose: vi è il seminario minore diocesano; vi è una casa  dei Fratelli  del Cuore Immacolato di Maria; qui sorse la prima  missione  della Consolata, oggi trasformata in parrocchia. E poi  vi sono  le suore Teresine, congregazione fondata dalle suore  della Consolata  e formata esclusivamente da indigene, la quale  ora  è autonoma. Sono all’incirca 300 religiose in tutto, e si  dedicano in  modo particolare all’insegnamento, per cui il 60% di  loro  è composto da maestre.

 

Le suore Teresine hanno qui un collegio per bambini di scuola materna  ed elementare, i quali effettuano in nostro onore canti  e danze con musica di tamburi. C’è anche un orfanotrofio per bambini  fino ai quattro anni, che accoglie anche i figlioletti  delle  famiglie  in  difficoltà. Infine c’è l’ospedale, con  170  posti-letto, dotato di un reparto maternità (avvengono da 10 a 15 parti al giorno). Qui incontriamo la moglie di un medico italiano,  che sta per finire il secondo ciclo biennale finanziato da "Mani  Tese" e che fra poco rientrerà in Italia.

 

Ettore De Giorgis

(1.continua)




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