IL PARADOSSO DELLA FEDE

 

La fede ha innanzitutto un aspetto mistico, è un abbandono al mistero che ci avvolge e ci sostiene. In seguito essa si  riconosce come  presenza dello Spirito in noi, ed è essa che ci fa  riconoscere Gesù come Signore, come unica via che conduce al Padre. Come conseguenza essa comporta la facoltà di riconoscere il  Cristo nel  volto di ogni uomo, e la consapevolezza della  sua  dignità, per cui chi offende l’umanità di un nostro simile deturpa l’immagine divina che in lui è stata impressa.

 

Qui il mistero si collega alla storia, il che vuol dire che certi "brandelli"  di mistero si lasciano cogliere nella vita  e  nella storia  degli uomini. Pertanto la fede significa anche vedere  la realtà con occhi diversi, non "carnali" ma "spirituali", per  riprendere  il frasario di Paolo. Gli Israeliti, a  differenza  dei Greci e degli altri popoli orientali, avevano della fede una concezione  storica e non filosofica, dal momento che  leggevano  la storia  dal punto di vista della fede. Per i cristiani si  tratta di confrontarsi con il Gesù storico, per riconoscere nella  vita, propria e altrui, il Cristo risorto.

 

Il paradosso della   fede consiste  nel   fatto  che  essa è  indicibile (è  la "mia" fede);   d’altra  parte deve essere proclamata, perché è un dono che deve essere contagioso, che deve "bruciare" il mondo, depurandolo dai suoi idoli. La fede quindi si  fa carne del  mondo  (o,  meglio,  nel mondo).   E’ questa consapevolezza che  motiva  la scelta  dei preti operai   (come le altre scelte o  "vocazioni",  è ovvio):   ma la fede non si identifica mai con un impegno, essa  lo trascende e lo sostiene.   Se infatti essa, privilegiando l’aspetto storico,  tralascia quello misterico, può essere  generatrice  di crisi e sfociare anche nell’ateismo.

 

Poiché la fede si esprime nei dogmi ma non è contenuta dai dogmi, dal momento che il suo "oggetto" va più in profondità di qualsiasi formulazione umana, essa non è mai sicurezza: non si  possiede mai la fede. Essa è rischio ed avventura, e nel suo cammino  sull’orlo degli abissi ha bisogno di forti sostegni. Un impegno  che non  sia sorretto dalla preghiera, dalla meditazione,  dall’aiuto di una comunità credente corre seri pericoli.

 

Ettore De Giorgis




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