LA SANTITA’ E’ CLERICALE?
Un comunicato
dell'”Ansa”, riportato sulla "Stampa" di Torino il 26 aprile,
informava che il 2 maggio il Papa avrebbe proclamato sette nuovi santi.
Non sono d'accordo con
certi settori del protestantesimo (ed anche del cattolicesimo) secondo i quali
tali atti non andrebbero in direzione ecumenica. Anche gli ortodossi praticano
il culto dei santi, e quest'anno pare che, in occasione del Millenario
dell'evangelizzazione della Russia, se ne proclamino altri, tra cui il celebre
iconografo Andrea Rublev. Basta intendersi sulla funzione dei santi, che sono
“intermediari ma non mediatori". Piuttosto è vero che negli ultimi anni si
assiste ad un'inflazione di canonizzazioni.
Ma forse il problema è
mal posto, forse la questione non è da ricondursi alla inflazione. In tal caso
potrebbero esserci tanti santi locali - com'era nel Medioevo e nella tradizione
premedievale - riconosciuti come tali soltanto dalla diocesi o dalla nazione o
dalla congregazione.
In tal caso la
proclamazione dovrebbe avvenire ad opera del vescovo (solo i più importanti ed
universali sarebbero allora canonizzati dal Papa), ma dopo che il popolo
cristiano si sia pronunciato esplicitamente al riguardo. Il detto “vox populi
vox Dei" sarebbe così davvero un'applicazione concreta del motto
evangelico: “li riconoscerete dai loro frutti".
E' quello che dimostra
in maniera esauriente Régine Pernoud in un suo libro recente, "Santi del
Medioevo". La celebre studiosa francese ricorda come certe persone di vita
esemplare, la cui esistenza appariva davvero situate nella sequela del Cristo,
fossero considerati santi dalla gente mentre erano ancora viventi. E'
illuminante tra tutti il caso di san Luigi re di Francia, modello di monarca
cristiano, vero pastore del suo popolo. E’ ovvio che tale esempio, molto
significativo in un'epoca di cristianità (ma ciò non vuol dire affatto che
tutti i re e i principi fossero dei cristiani esemplari... ), non avrebbe più
senso in un'epoca di monarchia costituzionale, di governo repubblicano, di
civiltà secolarizzata...
Ma un altro aspetto mi
pare più interessante, o meglio discutibile. Tra i sette santi di recente
canonizzazione quattro sono religiosi (e fra questi tre gesuiti) e tre
religiose: sono tutti fondatori di una congregazione o appartenenti ad una già
esistente. Ora, nel periodo di cristianità i religiosi, tra uomini e donne,
potevano essere il tre o anche il cinque per cento della popolazione (non ho
dati statistici a disposizione, mi riferisco solo al fatto singolo di Napoli,
ove nel Settecento vi era un prete ogni sessanta abitanti); oggi la percentuale
è di molto inferiore. E' vero che essa va rapportata non più alla popolazione
nel suo insieme, ma al numero dei credenti (difficile da stabilire) o meglio
dei praticanti, che in Occidente sono una minoranza. Tuttavia anche fra questa
minoranza cristiana vi è, oggi come ieri, un numero non indifferente di persone
che vivono una vita esemplare dal punto di vista evangelico. Ma fra questo
laicato cristiano - ieri massicciamente ed oggi minoritariamente
rappresentativo rispetto all'insieme della popolazione - sono poche le
“eccezioni" additate come esempio di santità. Mi viene in mente un caso,
quello di Teresio Olivelli, autore della "Preghiera del ribelle”, che
combatté contro i nazi-fascisti mosso da un'ispirazione cristiana, perché
convinto che calpestando gli uomini si calpestasse il volto di Dio. E di
questi, o simili, esempi ve ne sono tanti. Eppure chi parla di loro come
possibili santi? E chi pensa alle donne ed agli uomini dell'America Latina, cui
la fede fornisce una forza altrimenti inspiegabile per lottare contro chi
soffoca la dignità umana, e che spesso pagano questa loro dedizione con il
martirio?
Quale può essere la conclusione di queste considerazioni?
Che il clericalismo, anche quando l'oggetto riguarda la santità, è duro a
morire.
Ettore De Giorgis