RIFLESSIONI SUL “MAGNIFICAT” (IV)

(testo base: il commento di Lutero)

 

 

Gli ultimi versetti del cantico vedono un ritorno da parte di Maria ai motivi iniziali. Ella, serva del Signore, avverte che l'Incarnazione è la più grande delle opere di Dio, e che essa non è avvenuta soltanto per il bene suo, ma che è un dono che riguarda la totalità di Israele, o meglio, quella parte di  Israele che accetta il Signore come suo Dio e che, di conseguenza, permette che egli compia in lui le sue opere. All'accoglienza di Israele da parte di Dio fa quindi seguito l'accoglienza di Dio da parte  di Israele, perché, come è stato detto con audace espressione moderna, “Dio ha bisogno degli  uomini”. Il “resto d’Israele” si configura perciò come servitore del Signore, e Lutero paragona quest'attitudine di fondo con il “servizio divino” come generalmente si intendeva al suo tempo, che è tutt’altra cosa, egli dice,  perché consiste in tante devozioni inutili, non comandare da Dio.  Questo è anche vero, ma egli non pare  tener conto della tradizione e della religiosità popolare,  manifestazioni esteriori ma ineliminabili della fede, a meno di ridurre questa ad intellettualismo freddo e dogmatico.

La misericordia che Dio aveva promesso ad Abramo e che più volte in seguito aveva rinnovato, egli  l'ha attuata con l'Incarnazione del Cristo: chi ha occhi per vedere - ossia chi ha gli “occhi della fede” -   può rendersi conto che egli non si è dimenticato della promessa, che egli ha preparato la pienezza della sua attuazione con cura e con amore (pp. 91-92).

Lutero si esibisce a questo punto in un esercizio di esegesi allegorica e spirituale: Giacobbe,  padre di figli secondo la carne, lotta con l'angelo, ed in seguito  il suo nome gli viene mutato,  egli diventa Israele, signore di Dio,  ed al mutamento di nome corrisponde un cambiamento spirituale, perché Israele è ormai il padre di figli spirituali. Si può quasi dire - con umiltà ed insieme con audacia - che Dio faccia ciò che vuole l'uomo (in realtà è l’uomo che ha adeguato talmente la sua volontà a quella di Dio da pensare che si compia la sua volontà, quella dell'uomo). Avviene ciò che capita in un rapporto coniugale fondato sull’amore: lo sposo fa ciò che vuole la sposa, e viceversa. E siccome il discorso non riguarda soltanto l’Israele secondo la carne, questo indica che l’insieme delle nozze  (frequente nella Bibbia e soprattutto nei profeti) si estende alle relazioni di Dio con tutti gli uomini e con tutti i popoli.

Israele (e il mondo>) è  indegno e bisognoso di misericordia:  Dio lo ha accolto non per i suoi meriti, ma per pura grazia. Senza la promessa di Dio nessuno può salvarsi: ma a causa di tale promessa vi è benedizione per tutti. Tuttavia il mondo è nel peccato, per cui la maledizione è innata nell' uomo, come evidenziano in modo particolare i profeti. Ora, se ogni uomo è immerso nel male e se nello stesso tempo tutti gli uomini sono benedetti in Abramo, ciò significa che vi è una contraddizione tra la maledizione e la benedizione per la progenie secondo la carne, ossia per la razza umana nel suo insieme. La ragione non esce da questo dilemma, ma la fede, come dice Hans Kueng, non è razionale, ma ragionevole (ossia non si dimostra con la ragione ma non va contro la ragione,  semplicemente va al di là di essa). La logica di Dio non è quella degli uomini, ecco tutto: per questo in lui può esservi  la “coincidentia oppositorum”, come ben aveva avvertito San Tommaso.

Da Maria nasce un figlio secondo lo Spirito: egli è progenie naturale, concepito però senza la partecipazione dell'uomo; mentre i giudei attendevano un Messia che nascesse da un loro figlio, da. un discendente di David, ecco che il “gioco” di Dio si sviluppa in modo diverso, e la progenie nasce da una figlia di Giuda. E' una logica che sconvolge ogni ragionamento umano quella che fa sì che ogni uomo sia benedetto attraverso questa progenie di Spirito e di donna, e che al di fuori di lui non vi sia possibilità di salvezza (p.95). La maternità verginale di Maria è affermata indiscutibilmente e vigorosamente da Lutero.

 

Ettore De Giorgis

(4. fine)              

 

 

 




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