RIFLESSIONI SUL MAGNIFICAT (II)
(Testo base: il commento di Lutero)
Maria ha dapprima lodato
Dio per lo sguardo che ha posato su di lei, poi lo loda per i doni ricevuti. E’
un'esaltazione della grazia che non prende affatto in considerazione il
“merito”: l'annuncio delle grandi cose che Dio avrebbe operato in lei la colse
impreparata, mentre chi sa, o presume, di meritare qualcosa si prepara a
ricevere ciò che pensa gli sia dovuto (p.56-57).
In Maria si deve
pertanto onorare prima Dio e poi le sue opere. Dobbiamo infatti invocare lei -
e tutti i santi - perché Dio per amor suo faccia quanto gli chiediamo, che è
poi ciò che Dio vuole, se sappiamo come lei adeguare la nostra volontà a quella
di Dio. Ed è per questo che il suo vanto - se così si può chiamare - consiste
nel proclamare il nome di Dio. La sua umiltà, ossia la sua consapevolezza
del ruolo di creatura, non deve
tuttavia indurre a credere che non si possa condurre una vita dignitosa ed
onorevole, purché si abbia ben presente che tale situazione non deriva da un
nostro merito, ma è un dono gratuito di Dio.
Tuttavia Maria si è
comportata dopo l’annuncio come si comportava prima di esso, e continua ad
essere considerata secondo la sua condizione sociale. che è quella di una donna
del popolo. La sua semplicità e la sua innocenza sono evidenti anche nel suo
modo di pregare: ella è sobria nelle sue parole, che sono tuttavia di
un’eccezionale profondità. E non può non essere così: ella è chiamata a
divenire la Madre del Signore, e questa prerogativa fa sì che nessuna creatura
sia simile a lei, è un evento troppo grande perché possa esprimersi con delle
paro le, che essendo una creazione umana non riescono a significare il divino.
E' quello che si nota in tutti i mistici, che ci comunicano soltanto la parte più
esterna della loro esperienza di Dio e che, quando cercano di approfondire il
discorso, sono in genere di difficíle comprensione.
Dopo aver lodato le
opere che Dio compie in lei stessa, Maria esalta quelle che avvengono negli
altri. In precedenza si è detto che prima si loda Dio perché è buono, quindi si
esaltano le opere della sua bontà, ma anche vero che chi conosca le opere di.
Dio ne conosco la natura, per cui i suoi interventi dettati dall’amore ci
confermano nella convinzione che Dio è amore. Nel “Magnificat” si rivelano sei
opere di Dio in risposta a sei categorie di persone: in tre casi Dio si rivela
giudice amorevole, in tre casi giudice severo (cfr. le beatitudini di Luca,
seguite dalle maledizioni). Alla sapienza, alla potenza ed alla ricchezza egli
contrappone la misericordia, il giudizio e la giustizia che riguardano
rispettivamente i poveri in spirito, gli oppressi e i bisognosi (p. 63). Questi
argomenti verranno trattati più diffusamente nella prossima riflessione, ma qui
se ne fa già un accenno.
Chi crede di aver sempre
ragione non ascolta la voce di Dio: è quello che capitò a molti giudei, che
rifiutarono la buona novella di Gesù; lo Spirito non può quindi penetrare nei
cuori di queste persone, ed è solo lo Spirito, come dice Paolo, che ci fa
riconoscere in Gesù il Signore. Lutero pensa che il Papa appartenga a tale
categoria di persone: il suo giudizio, condizionato dalla polemica e
dall'intolleranza del tempo, appare oggi non soltanto ingiustificato ma anche
ingiusto, ed anche tra i protestanti solo i più fanatici antipapisti sarebbero
disposti attualmente a sottoscriverlo.
L'autorità deve fondarsi sul diritto, e questo è buono in
sé, ma non è certo che Dio voglia farci usufruire di esso o non piuttosto
provare la nostra fiducia in lui facendoci subire l'ingiustizia, come avvenne
per Gesù. Sta di fatto che, sebbene il popolo debba essere disposto a tollerare
alquanto l’arbitrio dei potenti, Lutero non consente che l'autorità del
principe travalichi certi limiti: i danni che essa provoca non debbono essere
superiori ai benefici che arreca; e questo perché l'autorità deve badare al
bene comune più che a quello del singolo cittadino, come già affermava la
Scolastica. Infine, per quanto riguarda l'avere, occorre essere disposti a fare
sino in fondo la volontà di Dio, a rimettersi a lui anche quando ci vengono
tolti i beni che reputiamo legittimi, ma che sono sempre un dono di lui: a
questo proposito è illuminante l’esempio di Giobbe. Per Lutero, insomma,
l’attitudine dei cristiani verso i beni terreni dovrebbe essere quella
dell’indifferenza: Dio ha dato, Dio ha tolto, sia fatta la sua volontà e sia
benedetto il nome del Signore.
Ettore De Giorgis
(2. continua)