QUANDO SOPRAGGIUNGE L’INATTESO (III)

 

3 - UN NATALE DIVERSO

 

 

Barcellona potrebbe definirsi una "ciudad de la tarde", una città pomeridiana: e questo pomeriggio dura fino a notte. E' cosi in tutte le città mediterranee, a Marsiglia come nell'Italia del Sud, ma qui l'attività deambulatoria è accentuata in modo inverosimile. Lungo il “rambla" che va da piazza Cataluna al monumento di Cristoforo Colombo, in prossimità del mare, e lungo tutti i "paseos" della città, dalla tarda mattinata fino a sera vi è un flusso gigantesco di gente, una fiumana di popolo che passeggia ininterrottamente, che passa il tempo e che prende piacere in questo vagare senza meta. Lungo i bordi delle vie in questo giorno di Natale si incontrano molti mendicanti, ed anch'io come molti altri mi soffermo talora per donar loro qualche moneta. Credo che pure gli altri pensino, come me: "è Natale anche per loro".

Sono ritornato alla cattedrale per la Messa del mattino, e poi ci sono stato anche nel tardo pomeriggio. E' dedicata a sant'Eulalia, martire al tempo di Diocleziano. Per rendersi conto della grandiosità della chiesa, basti pensare che vi sono diciotto cappelle laterali e dieci absidali, alcune delle quali sono dei veri capolavori. Mentre il complesso è quattrocentesco, la maggior parte delle cappelle è di stile barocco, ma questa varietà - che altrove è disarmonica - non guasta la bellezza dell'insieme. Tuttavia c'è il rischio che la visione complessiva sia sacrificata all'osservazione dei particolari, e d'altra parte anche questi non vanno trascurati. Per questo è bene visitare più volte la chiesa, per poter gustare pienamente questo monumento del passato. Questo per i cultori dell'arte. Ma i credenti ci vedono pure, e ci vedono innanzitutto, il memoriale della pietà di un popolo. Mi viene da pensare allo "Shemà Israel" del Deuteronomio: queste pietre e queste decorazioni ci rivolgono un appello non dissimile, poiché nel nostro ricordo e nel nostro impegno vivono le generazioni che ci hanno preceduto nel segno della fede. E' questa la Santa Tradizione che il senso della storia ci permette di cogliere: ma questa storia adesso ci vogliono strappare coloro che presiedono ai nostri destini, perché la reputano un ostacolo per la nostra modernizzazione ...

Ho preso nella mattinata un treno di periferia e mi sono recato a Montcada, nella cintura industriale Nord di Barcellona. Ivi ho incontrato Sebastian Herédia, un prete operaio che vive qui da ventun anni. Da parte di don Carlo Carlevaris gli ho recato un libro sui preti operai italiani. Abita in una casa popolare (qui la chiamano "blocco") di piccole dimensioni: è una edilizia povera e grigia anche questa, ma meno anonima dei nostri grattacieli a condominio. Mi riceve nel suo alloggio minuscolo, mi prepara un caffè, mi parla della sua permanenza da studente a Roma; ove conobbe Mgr Di Liegro, presidente della Caritas italiana. E poi mi dice che in un incidente per strada (è stato investito da un'auto mentre camminava a piedi) è morto pochi giorni prima Francisco, il più giovane prete operaio catalano, trentasette anni, che svolgeva le funzioni di segreteria: nella foto, vestito con la tuta, pare un francescano. Abbiamo fatto il suo ricordo nella Messa celebrata da don Carlo Carlevaris il primo giovedì dopo le vacanze natalizie.

Io però penso già alla partenza. A Barcellona è più freddo che di norma, soffia il vento, e nella mia camera non c'è il riscaldamento, per cui si sta bene solo a letto. E poi la "Huelga", lo sciopero delle ferrovie francesi, continua, ed il ritorno diventa sempre più problematico. E, come se non bastasse, stanotte c'è capitato il guaio.

Per ore, in una camera accanto a quella in cui avrei dovuto dormire (ma chi poteva dormire?), vi è stato un gran fracasso: una porta si apriva e si chiudeva con veemenza, si sentivano dei rumori non definibili ma che indicavano che si stava spaccando qualcosa, c'era un viavai nel corridoio, talora scoppiavano grida e pianti femminili. Poi è venuta altra gente che parlava tedesco, si sono intese altre donne piangere e lamentarsi ed è stata chiamata la polizia. Prima del suo arrivo mi sono affacciato sulla camera incriminata, la cui porta era spalancata: vi era un negro in piedi ed una negra stava seduta sul letto, attenta a non poggiare i piedi per terra, perché il pavimento era un vero campo di battaglia, mezzo allagato, con bottiglie infrante e cocci da ogni lato. Ecco l'origine dei rumori notturni: qualcuno lanciava bottiglie contro la porta o contro il muro. Non ho ben capito che sia successo, perché alla mia timida allusione fatta in tal senso alla ricezione non c'è stata risposta.

Penso che tedeschi e negri abbiano voluto "fraternizzare", ma che poi la festa sia degenerata in orgia. Evidentemente, per loro non è stato Natale, o è stato un ben brutto Natale...

E io all'alba di santo Stefano ho lasciato quella pensione malfamata.

 

Ettore De Giorgis

(3. continua)




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