VERSO IL PASSATO
Vi fu un tempo in cui la
poesia mi pareva la più alta, e profonda, forma di espressione. Poi dall'età
del mito volli trasferirmi in quella della ragione. Fu un'epoca anche questa.
Non dico ora addio alla saggistica, affatto, semplicemente non credo più ad una
unidimensionalità della coscienza.
Certo non si tratta di
un ritorno addietro, almeno lo spero:non vorrei essere anch'io contagiato dal
riflusso che ora pare di moda, sebbene il passato - personale e comunitario -
conservi per me un fascino indubbio; d'altra parte esso non è mai nettamente
separabile dal mio, dal nostro presente e futuro.
Riportando qui una
manciata di versi pubblicata tanti anni fa su una rivista pistoiese, mi
ripropongo di riprendere, diversamente, un antico cammino. Alla poesia
“impegnata” che caratterizzò la nostra
giovinezza potrebbe
succedere un tipo diverso di lirica, meno prosastica, più simbolica e forse
anche più interiore. Senza pregiudicare l'avvenire, ambirei far mia la
conclusione di "Pioggia d'agosto" di Guido Gozzano, poeta a me
singolarmente caro: “O mia Musa dolcissima che taci - allo stridìo di facili
seguaci, con altra voce tornerò poeta”.
PACE A TORINO
(da "Tutti gli
uomini", anno V, n.13, aprile-luglio 1967)
La nostra generosa città
è divenuta riparo per le
prostitute
peccatrici mai pentite
paradiso e gloria per
gli omosessuali
Gli operai invece nelle
Fabbriche
e fuori
conoscono il terrore,
l'umiliazione, il disprezzo
Ma si confortino gli
spiriti inquieti
su noi eterni scontenti
veglia
benevola e onnipresente
nostra madre santa FIAT
Ettore De Giorgis