IN CAMMINO VERSO L’UNITA’ DELLA CHIESA

 

 

Dopo un lungo periodo di separazione e di lotte fratricide, i cristiani delle varie Chiese hanno progressivamente preso consapevolezza che essi devono adoperarsi con tutte le loro forze per raggiungere l'unità, anche se questa non sarà dovuta ai loro sforzi, ma sarà un dono concesso da Dio: pertanto occorre credere che Dio vuole che ì cristiani siano uniti, quindi si deve pregare Dio affinché conceda il dono dell'unità. Ciò non deve portare ad un'attitudine passiva, al contrario: bisogna impegnarsi per l'unità dei cristiani con una "fede attiva", sapendo però che quest'unità è un dono della grazia, e non un risultato dei nostri sforzi. Come dicono i Vangeli sinottici, all'uomo è impossibile salvarsi, ma ciò che è impossibile all'uomo è possibile a Dio: "I discepoli si meravigliarono più di prima e cominciarono a domandarsi l'un l'altro: 'Ma allora chi potrà mai salvarsi?'. Gesù li guardò e disse: 'Per gli uomini è una cosa impossibile, ma per Dio no! Infatti tutto è possibile a Dio” (Mc 10,26-27; cfr.Mt 19,25-26 e Lc 18,26-27).

Il primo livello di unità si ha nella carità: sotto questo aspetto i cristiani hanno compiuto notevoli progressi. Molte infatti sono le opere che cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti compiono in comune, specialmente nel Terzo mondo, ove la tradizione di divisione è meno avvertita, ma anche nei Paesi Occidentali, soprattutto la coesistenza di diverse Chiese ha portato ad una situazione di tolleranza e di rispetto. Occorre procedere ancora per questa via, valida in sé e preludio ad una futura unità nella fede, che speriamo prossima.

Non si deve, tuttavia, per troppa impazienza di unità, rischiare di rompere la comunione all'interno di una Chiesa con atti avventati, poiché l'unità si fa in Cristo e non attorno ad una Chiesa, come ben videro i pionieri dell'ecumenismo, e quindi occorre che i cattolici siano sempre più genuinamente cattolici, i protestanti più profondamente protestanti, ecc. Invece certi cattolici e protestanti dell'area del cosiddetto "dissenso" appaiono poco dotati della virtù cristiana della pazienza, ed ancor meno di quella della prudenza. Ad esempio l'intercomunione generalizzata (e non tra piccoli gruppi di cristiani particolarmente preparati e con una profonda esperienza di ecumenismo) può generare contrasti e diffidenze non solo da parte delle gerarchie, ma anche tra i fedeli medi delle diverse Chiese. D'altra parte, i responsabili ecclesiastici non dovrebbero prendere decisioni troppo unilaterali, che rischiano di annullare i risultati positivi ottenuti nei colloqui tra i delegati delle varie Chiese: nelle presenti circostanze, il sacerdozio femminile presso gli anglicani o l'obbligo del celibato ecclesiastico presso i cattolici - senza consultazioni con le altre Chiese - sono misure di disciplina ecclesiastica alquanto discutibili dal punto di vista ecumenico.

Un buon esempio di collaborazione nella fede (e quindi ad alto livello ecumenico) si è avuto con la traduzione interconfessionale della Bibbia: in tal modo si è data ai fedeli l'opportunità di riferirsi ad una Scrittura interpretata nello stesso modo, cosa che non avveniva nei secoli passati. E la Parola di Dio è prioritaria rispetto ad ogni teologia, che altro non è se non un'interpretazione della Bibbia, una sua lettura secondo le esigenze di ogni epoca e di ogni cultura. Tale collaborazione nella fede può essere un ottimo preludio per l'unità nella fede.

Tuttavia ciò che più vale, per conseguire l'unità, resta sempre la preghiera, e per questo l'Ottavario di supplica per l'unità dei cristiani conserva sempre la sua validità, anche se per molti è divenuto un'abitudine e una pia devozione, mentre altri lo reputano inutile perché non abbastanza  "rivoluzionario". Occorre infatti tener sempre presente che sarà Dio a donarci tale unità, ed egli ce la offrirà malgrado il nostro peccato, che ci ha divisi e continua a dividerci. Egli ci darà l'unità non soltanto quando vorrà, ma anche come vorrà: e quest'unità sarà certo diversa da quella che noi attendiamo e ci immaginiamo, ed anche più profonda e più salda.

Malgrado certe delusioni, inevitabili, nel nostro cammino ecumenico, malgrado un riflusso pre-conciliare di una parte della gerarchia e di diversi "movimenti di spiritualità" (veri "partiti" nella Chiesa, direbbe Hans Kung), malgrado tutto, questa rimane la nostra speranza.

E per concludere si riporta, a modo di preghiera, un passo dell'anafora (ossia del canone) di san Marco, composta nella sede di Alessandria d'Egitto nel V secolo. Si tratta dell'epiclesi (ossia dell’invocazione allo Spirito Santo), che precede il memoriale e l'istituzione eucaristica:

 

"Riempi

anche noi della tua gloria

e manda il tuo Spirito Santo

su questa offerta da te voluta e creata

questo pane diventi il corpo del nostro Signore

Gesù Cristo

e questo vino diventi il sangue

della nuova alleanza.

Come questo pane, disperso nei campi

è stato riunito ed è diventato un solo corpo

come questo vino, raggranellato dalla vite di Davide

e quest'acqua, scaturita dall'Agnello senza macchia

sono diventati un solo mistero

così riunisci la Chiesa

da un'estremità all'altra della terra".

 

Ettore De Giorgis

 




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