IL SIONISMO
DALLE RADICI BIBLICHE ALL’ATTUAZIONE POLITICA ODIERNA

 

 

"Chi confida nel Signore è come il monte Sion: non vacilla, è stabile per sempre. I monti cingono Gerusalemme: il Signore è intorno al suo popolo, ora e sempre" (Salmo 124).

Sion è il nome della rocca di Gerusalemme, la parte più alta e più antica della città, il luogo fortificato ove si, adunava il popolo durante gli assedi; è la città nella (della) città, come Ilio rispetto a Troia, e spesso la parte sta ad indicare il tutto. Durante il periodo dell'esilio babilonese, il ricordo di Sion-Gerusalemme fu un costante motivo di nostalgia, di speranza, di coesione religiosa e nazionale per gli Ebrei; ritornati nelle loro t.erre dopo la vittoria di Ciro, essi celebrarono, sotto la spinta del rinnovamento religioso apportato dal giudaismo, l'epopea di Jahvè, che li aveva tratti dalla miseria e li aveva riportati nella sua santa città. I salmi 119-133, detti anche "salmi della salita" o "salmi del pellegrinaggio", sono inni di esultanza che i pellegrini ogni anno cantavano nella loro ascesa al Tempio. Sono brevi poemi, di grande valore letterario, in cui il tono epico si alterna con quello elegiaco. Meglio di ogni commento, varrà riportare per intero il salmo 125:

 

“Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,

ci sembrava di sognare.

Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,

la nostra lingua si sciolse in.canti di gioia.

Allora si diceva tra i popoli:

‘Il Signore ha fatto grandi cose per loro’.

Grandi cose ha fatto il Signore per noi,

ci ha colmati di gioia.

Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,

come i torrenti del Negheb.

Chi semina nelle lacrime

mieterà con giubilo.

Nell'andare se ne va e piange,

portando la semente da gettare,

ma nel tornare viene con giubilo

portando i suoi covoni".

 

Dopo la prima distruzione di Gerusalemme ad opera di Tito, nel 70 della nostra era, e soprattutto dopo la seconda, definitiva, del 134 quando le truppe di Adriano ebbero ragione della rivolta di Bar Kokeba (cioè di Simone Ben Koseba), il popolo ebraico residente a Gerusalemme e nelle regioni circostanti fu disperso in tutto l’impero: ma per lunghi secoli, per poco meno di due millenni, le comunità israelitiche conservano, al.di là di una straordinaria gamma di diversità culturali, la stessa memoria storica, la stessa ansia di ascendere al monte santo del Signore. Il sionismo è innanzi tutto l'angoscia e la speranza di un popolo, che è un popolo in quanto è unito dalla stessa fede, la quale a sua volta è legata al ritorno nella terra ove sorge Gerusalemme.

Nel secolo scorso il movimento romantico elabora ed esalta il concetto di nazione e di Stato nazionale, il cui influsso è vivo soprattutto ove le minoranze etniche sono oppresse e divise (in Grecia e in Italia) e dove esiste, come in Germania, una pluralità di Stati che hanno in comune la stessa cultura. E' in tale contesto che nasce, verso la metà del secolo, il movimento culturale e politico del sionismo, il cui obiettivo diventa quello della riappropriazione della terra di Israele, giudicata elemento indispensabile per la definizione di un'identità ebraica; ed è significativo che esso germogli e prosperi nell'Europa centro-orientale, ove le comunità ebraiche erano sottoposte alle più inique discriminazioni. Bisogna tuttavia attendere il primo Congresso sionistico di Basilea, nel 1897, perché il movimento si concretizzi in un progetto, sotto la spinta di Teodoro Herzl (1860-1904), il fondatore del sionismo politico. Diviso in diverse tendenze, alla fine si afferma la concezione "sintetica", che unisce all'azione pratica dei pionieri (inizia la grande immigrazione in Palestina) la mediazione politica, onde ottenere dalle grandi potenze il beneplacito per la costituzione di un “focolaio ebraico” che non si pensa sia contrastante con la presenza nella stessa terra di forti impiantazioni di arabi, musulmani e cristiani.

Due forti correnti dell'ebraismo si oppongono al progetto sionista: da una parte gli ebrei assimilati ed assimilazionisti che hanno raggiunto la parità dei diritti in vari Stati dell'Europa Occidentale e del Nordamerica e che hanno poca simpatia per questa sorta di pionierismo; dall'altra parte gli ebrei ortodossi, secondo i quali la diaspora è un elemento essenziale della. condizione ebraica.

Dopo la costituzione nel 1948 dello Stato di Israele e dopo gli eventi che hanno marcato nei decenni successivi questa parte martoriata del Medio Oriente, l'ideologia sionista si è evoluta, estendendosi, approfondendosi, ed anche deformandosi, e ponendo in primo piano alcuni aspetti un tempo trascurati: in primo luogo vi è il problema dei rapporti tra gli “utopisti” del sionismo ed uno Stato sempre meno “profetico", sempre più sottoposto, come la maggior parte delle potenze del mondo, alla logica niente affatto biblica della ragion di Stato; ed inoltre, si accresce all'interno degli "utopisti” - che qui identifico un po' troppo sommariamente con gli abitanti dei Kibbutz - la  differenza..di impostazione tra "religiosi" (in genere intransigenti, spesso fanatici) e "laici" (che costituiscono una tendenza, di tipo socialisteggiante, del sionismo liberale). Di fronte a questa notevole complessità del problema, gli avversari della politica, passata ed attuale, dello Stato di Israele si rivelano troppo spesso incapaci di una analisi e di un giudizio sereni: non è certo identificando il sionismo con il colonialismo, il capitalismo, l'imperialismo, il razzismo, etc. che si serve la causa della distensione e dell'intesa fra i popoli. Questi slogan infantili denotano un conformismo isterico e dogmatico, e spiace che esso contamini anche molti uomini di cultura.

Al di là di ogni polemica, interna ed esterna, resta un fatto da cui non si può assolutamente prescindere, vi è un nesso essenziale, ed irrinunciabile per l’ebraismo, tra la religione e la terra di Israele. Sia gli ebrei che i palestinesi devono confrontarsi su questo dato di fatto: l'accordo diventa più difficile, certo, ma soltanto a questa condizione potrà verificarsi. Qualunque cosa ne abbia pensato Alessandro, non è tagliando il nodo di Gordio che lo si scioglie.

 

Ettore De Giorgis

 




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