PENSANDO AI POLACCHI CHE DIGIUNANO

 

Cari amici polacchi

e cari amici non-polacchi che amate la Polonia,

 

oggi è il primo giorno di Quaresima e sono appena rientrato dalla funzione religiosa che si è svolta nella chiesa di Saint-Sévérin, come in molte altre chiese di Parigi (e non solo di Parigi...): io preferisco recarmi qui, sia perché la chiesa è bella e raccolta, sia perché essa fa all'avanguardia della riforma liturgica, ancor prima del Concilio, sia perché la partecipazione mi pare particolarmente intensa. Questa sera eravamo poco più di 200 persone alla funzione penitenziale: abbiamo ricevuto le Ceneri ma ci siamo astenuti dall'Eucarestia, appunto per dare un segno esplicito, una volta tanto, alla necessità che l'Eucarestia sia preceduta dalla riconciliazione. E poi, nel chiostro della chiesa, abbiamo cenato con un piatto di riso, ed abbiamo versato l’equivalente del prezzo di un pranzo a favore di una micro-realizzazione agricola nel Mali per l'invio di medicinali nell'Africa centrale.

Tutto ciò sta bene. Ma perché vi scrivo questo? Perché tra i Paesi sotto-alimentati oggi c'è anche la vostra, la nostra Polonia. Oggi da noi il digiuno di un pasto, o di un giorno, è una semplice norma dietetica, che si impone.ai signori e alle signore che normalmente consumano troppe calorie e troppe proteine animali. Non fu sempre così: nel Medio Evo, sia perché si era più poveri e sia soprattutto perché si era più religiosi, si digiunava venti giorni prima di Natale e quaranta prima di Pasqua. Poi si facevano grandi festini, nelle case dei ricchi come in quelle dei poveri. Tutto ciò aveva un senso.

Ma ora in Polonia si digiuna da più di due mesi, e non c’è nessuna prospettiva che a Pasqua si faccia un banchetto, perché non si può far festa quando il salario mensile di un operaio è appena sufficiente ad acquistare un chilo di prosciutto, e quando la gente mangia soltanto pane, e soltanto una volta al giorno. In tali condizioni, nemmeno ci sarà Pasqua, perché Gesù Cristo non può risorgere in Polonia quest'anno, perché la Risurrezione porta con sé la luce e la gioia, e quale luce e gioia potranno avete nel loro cuore i polacchi il giorno di Pasqua, quando manca il cibo, quando ogni libertà è calpestata, quando alcuni tra i figli migliori di questa eroica nazione sono in carcere, calunniati con impudenza, e non possono replicare alle accuse che si.fabbricano nei loro confronti? Se la situazione non muterà (ma lo si può ancora sperare?), Gesù Cristo non risorgerà quest'anno in Polonia, attenderà un altro anno, o forse. più di un anno, per uscire dalla tomba.

Ma egli risorgerà almeno per noi, che viviamo in un Paese libero? Sì, se al nostro cammino penitenziale, iniziato con l'odierno digiuno, sapremo dare un senso e una coerenza. Noi dobbiamo digiunare con i polacchi, e ciò significa avere nel cuore gli stessi sentimenti, la stessa delusione, la stessa amarezza, la stessa rabbia, la stessa speranza: essere polacchi con i polacchi, insomma (e salvadoregni con gli abitanti.del Salvador, è ovvio), come Paolo seppe essere Gentile con i Gentili. Se la Polonia non continua ad essere una spina nel nostro cuore, se tutti i giorni non ci desoliamo pensando alla sua sorte, allora Gesù Cristo quest'anno non risorgerà neppure per noi, perché il nostro cammino penitenziale sarà stato soltanto formalistico e ritualistico. senza mettere a nudo il fondo del nostro peccato, del nostro egoismo cinico e ben pasciuto.

Dio salvi la Polonia e assista noi, perché siamo degni delle sofferenze che i polacchi sostengono anche per noi.

 

Ettore De Giorgis

Parigi, 24 febbraio 1982.




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