IL NATALE LA POLONIA E NOI


Il Natale è sempre stato per noi collegato all'idea di pace: ce lo diceva la maestra quando eravamo bambini, ce lo facevano sentire i nostri genitori con i loro parchi ma preziosi doni, ce lo confermava il periodo di vacanza dalla fatica scolastica; anche gli Stati in guerra tra loro proclamavano la "tregua natalizia", si mandavano ai soldati al fronte dei pacchi speciali, la radio trasmetteva nenie e canti religiosi. Non era quella la festa degli "uomini di buona volontà", come affermava, e afferma ancora, almeno per gli italiani, il "Gloria in excelsis Deo"? Era una visione distorta, molti di noi se ne accorsero in seguito, poiché la "buona volontà" (in greco.eudochìa) non si riferisce nel Vangelo di Luca agli uomini, ma a Dio, per cui la traduzione corretta suona ben diversa da quella che comunemente si recita in chiesa: gli angeli infatti proclamano la pace "per gli uomini amati da Dio". La pace evangelica non è la pace degli uomini, essa la trascende e spesso la contraddice: infatti qualche giorno dopo il Natale si festeggia il martirio degli Innocenti. E' il primo esempio di tale contraddizione: la "pace" degli uomini, quando è volontà di mantenere ad ogni costo il potere e le situazioni acquisite, non può che scontrarsi con la pace di Dio, che esige un perpetuo rinnovamento interiore.
Nella storia umana si ripete incessantemente la tragedia degli innocenti. Quest'anno i martiri sono gli uomini e le donne della Polonia, che hanno osato credere che la pace di Dio, fondata sull'amore, sulla libertà e sulla giustizia, potesse già incominciare a fiorire in terra, come avevano proclamato tanti secoli fa Isaia e Michea. La fiducia nella loro causa essi la traevano da questa profonda convinzione religiosa. Molti occidentali hanno detto, durante i sedici mesi di vita di "Solidarnosc", che i polacchi non erano abbastanza realisti; dopo il dramma polacco altri si sono aggiunti a questo coro. Tutti costoro si proclamano realisti, si dicono più o meno simpatizzanti di "Solidarnosc", ma affermano pure, più o meno esplicitamente, che la politica ha leggi diverse dalle norme morali. Questo neo-machiavellismo antepone la "pace secondo gli uomini" alla "pace di Dio".
Quello che mi angustia di più è che tra questi siano numerosi i cristiani: il pacifismo gioca dunque a senso unico, e non si ricorre ad esso che in funzione anti-americana? Viene da pensarlo. Ma è il pacifismo in sé che è perverso, quando consiste in una esaltazione assoluta della "pace secondo gli uomini": allora esso giustifica tutte le dimissioni e le viltà. Lo aveva ben capito Mounier, che, opponendosi a questa ideologia della paura, aveva fatto l'elogio della forza, o, se si vuole usare il termine ecclesiastico, della fortezza. Io sono convinto che avesse e che abbia ragione il popolo polacco: non si dimentichi che a "Solidarnosc" si diceva di voler anteporre la libertà al pane. I polacchi ci sono stati di esempio, perché noi, popoli sempre più smidollati, siamo disposti a rinunziare alle nostre libertà purché non ci venga diminuita la nostra razione quotidiana non di pane, ma di benessere consumistico. Davvero la civiltà europea si trova ad un tale livello di declino che non le è più possibile risalire dall'abisso, davvero essa è irrimediabilmente condannata?
La nostra è davvero una situazione da Basso Impero? E' un interrogativo che mi angoscia da tempo, e che è reso ancor più assillante a causa delle prudenti, troppo prudenti, reazioni di governi, partiti, sindacati, uomini di cultura nei confronti del dramma polacco.
Se penso ai miei amici che stanno nelle carceri comuniste mi viene da piangere, sapendo che non posso far altro che pregare per loro. Ma se saremo in tanti disposti a venire in loro soccorso, qualcosa potremo fare: che cosa di preciso non so. Saranno gli eventi ad indicarci la via: "l'avvenimento sarà il nostro maestro interiore", diceva Mounier. E saranno i polacchi ad indicarci quali aspetti concreti dovrà assumere la nostra solidarietà. Certo essa dovrà inventare nuovi strumenti di intervento, data la novità della situazione. Si dovrà essere vigilanti, per cogliere il sussurro dei segni dei tempi che si manifesteranno.

Ettore de Giorgis



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