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Nel giorno in cui cadeva il 60° anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II - l'11 ottobre scorso - Papa Francesco non ha mancato di esortare la chiesa intera a riprendere in mano l’aratro del Concilio quale risposta di amore per il suo Signore, che “chiede ancora, chiede sempre alla Chiesa, sua sposa: 'Mi ami?'. Il Concilio Vaticano II è stato una grande risposta a questa domanda: è per ravvivare il suo amore che la Chiesa, per la prima volta nella storia, ha dedicato un Concilio a interrogarsi su sé stessa, a riflettere sulla propria natura e sulla propria missione. E si è riscoperta mistero di grazia generato dall’amore: si è riscoperta Popolo di Dio, Corpo di Cristo, tempio vivo dello Spirito Santo!”.
Viene da chiedersi se e a quanti sia arrivata l’esortazione del Papa, e quanto sia stata presa in considerazione da una chiesa sazia di parole ripetitive e di assemblee dimostrative, incurante di riscoprirsi e di volersi “Popolo di Dio, Corpo di Cristo, tempio vivo dello Spirito Santo!”. Se la nostra attenzione si porta a questa scadenza storica non è per pura nostalgia di un tempo di grazia, né per l’illusione che possa esserci finalmente la risposta giusta. È semplicemente perché alla richiesta di Cristo di amarlo e di pascere il suo gregge va data comunque risposta; e se anche non ci fosse stato il Vaticano II che ha iniziato a darla in forma solenne e globale, è più che mai urgente darla noi ora, nello stesso spirito e con la stessa passione. Almeno come prospettiva e necessaria tensione, per non rimanere vittime di assuefazione e neo-conformismo.
Forse si ritiene che dal punto di vista storico, interpretativo, normativo e spirituale il Vaticano II abbia fatto il suo tempo, per lasciarlo cadere in oblio: ma se rimane quella “profezia” che ha voluto essere nella sua stessa origine, il suo significato è intatto e tutto da compiersi, se c’è chi se ne fa carico come della stessa necessità di annunciare il vangelo. È finito il tempo di girarci intorno ed è necessario entrare nel vivo di questo evento di grazia. Quello che P. Chenu scriveva nel 1985 - “Un Concilio profetico” - è più che mai una lezione di metodo e una direzione di marcia per chi ha messo mano all’aratro.



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