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Il modo più semplice di ricordare Bruno Segre, che ci ha lasciato il 21 agosto scorso, è dedicargli questa copertina, anche per dire tutta la gratitudine che merita per la sua vicinanza a Koinonia, ma soprattutto per la sua testimonianza di operatore di pace instancabile ed esempio di un ecumenismo vissuto. Pensando a lui, viene spontaneo ricordare le parole di Giacomo 3,18: “Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace”. Sì, si è adoperato per la pace ma come uomo di pace, di cui è buona cosa fare memoria! Qualcosa che va al di là della stessa morte e ci fa ritrovare come “figli di Dio”.
Questo ci dice ancora una volta che la koinonia reale a cui tendiamo si sviluppa nelle circostanze e con gli strumenti più vari, ma nella sostanza essa è rete di relazioni vere, comunione di spiriti aperti. Ed è quanto avviene prima di tutto tra persone a prescindere dai mezzi, dalle qualifiche e dalle stesse connotazioni religiose di facciata. Anche il dialogo ebraico-cristiano di cui Bruno è testimone, è sì un fatto culturale e istituzionale a vasto raggio, ma in lui era prima di tutto espressione di amicizia e di dialogo fraterno.
Siamo messi ancora una volta davanti alla morte da vincere e da superare come “ultima soglia”, perché la morte non basta cancellarla o occultarla, come sembra avvenga nella nostra civiltà, ma è necessario riuscire a vincerla liberandoci via via delle "opere morte" (cfr. Ebrei 6,1;9,14). A questo proposito possiamo fare tesoro di un corposo studio di Anna Marina Storoni Piazza (L’ultima soglia), dove si evince che proprio il mistero della morte è stato il motivo ispiratore e il principio genetico delle civiltà, delle culture, delle religioni in epoca classica. Del libro viene riportata l'introduzione, che ci fa capire che non si tratta soltanto di un lavoro da specialisti, ma di un problema più che mai aperto.



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