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Per mettere a fuoco pensieri e sentimenti in una fase nuova di Koinonia, ma soprattutto per rimanere aperti al futuro, valgono forse queste parole di Paolo in 2Cor 11,28: “Oltre a tutto questo (pericoli, disagi, fatiche...), il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese”. Proprio grazie ai cambiamenti, infatti, cadono barriere territoriali, appartenenze giuridiche, competenze di ministero, mentre riemerge l’originaria destinazione del vangelo ai “poveri” - e quindi ad ogni creatura - come asse portante della evangelizzazione tout-court. L’apostolo delle genti farebbe davvero scuola se non lo addomesticassimo ai nostri modelli derivati di “pastorale” conservativa.
Solo dopo aver recuperato e valorizzato questo ampio orizzonte - al di là di strutture esistenti e oltre ogni sfumatura di clericalismo – siamo portati a guardare con nuova intelligenza alle situazioni storiche in una prospettiva di “esistenza teologica” e non più di “esistenza giuridica”. Così si esprime Bonhoeffer e così testimonia Albert Nolan. Si tratta di ritrovare l’originario rapporto Vangelo-Paese, mettendo tra parentesi tutte le molteplici mediazioni storiche, culturali, religiose attraverso le quali il vangelo è glossa e non più “potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede”; è più reminiscenza che memoria viva; più notizia risaputa che “kairòs”.
Eccoci allora a ricordare che simile prospettiva di impegno e di ricerca era stata ipotizzata come “Kairos-Italia”, con le motivazioni che sappiamo. Ora è il momento favorevole di riprenderla come quadro di riferimento e come compito comune, di cui farsi liberamente interpreti senza frontiere. Don Milani ci ricorda che “il problema degli altri è uguale al mio”. Se il problema Vangelo-Italia ci coinvolge globalmente e non a settori, è proprio il caso di “sortirne tutti insieme”, almeno come tentativo!


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