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Ci stiamo ripetendo che il nostro modo di intendere e mettere in atto il Concilio Vaticano II ha fatto il suo tempo: non fa che portarlo alla estinzione in un cortocircuito senza scampo. C’è stato lo sdoppiamento di due poli, quello della fede e quello della storia, che invece di diventare dialettici tra di loro si sono come sovrapposti in un gioco delle parti che porta ad una involuzione interna senza uscite. Mentre da questo blocco sarebbe necessario uscire per riaprire la strada al futuro. Perché questo avvenga pensiamo ci sia da tornare alla fonte (alla fontana del villaggio), e cioè alla ispirazione e alla prospettazione del Concilio come frutto dello spirito di Giovanni XXIII, là dove ancora è viva e forte una spinta propulsiva che possa riaprire il futuro al là di tutti i muri o i vuoti che si sono interposti. Nel suo linguaggio classico egli la indica come “senso del soprannaturale” che assume e vivifica la vita naturale dell’uomo e delle società nella loro distinzione reale.
Se la prospettiva di partenza era questa, essa si è improvvisamente ampliata con l’arrivo in omaggio del nuovo libro di Vannino Chiti “Il destino di un’idea e il futuro della sinistra. PCI e cattolici una radice della diversità”: un volume che dall’altra sponda avanza le stesse istanze di futuro in prospettiva socio-politica e culturale, non senza riferimenti religiosi e al cattolicesimo, sulla scia di Antonio Gramsci. Ecco la ragione dell’accostamento della sua immagine a quella di Papa Giovanni come ritorno alla comune radice della diversità interattiva verso una umanità più giusta, solidale e fraterna. È come se da versanti opposti si volesse aprire un tunnel in una montagna per poi incontrarsi in corso d'opera!
Senza alcuna pretesa di rigore, possiamo cogliere le assonanze di spirito tra questi due personaggi e relativi mondi: e se in Giovanni XXIII il massimo di fede spinge alla ricerca umana di laicità, in A.Gramsci il massimo della tensione politica e laica porta a sbocchi e ad agganci spirituali a dispetto di tanti luoghi comuni che parlano di mondi incomunicabili e contrapposti. Senza facili irenismi e concordismi, è il movimento reale delle cose e della storia il luogo di incontro e di impegno comune: le risposte possono essere diverse, purché siano risposte agli stessi interrogativi di fondo!



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