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L'immagine di Firenze ritrae la "Veduta della Catena" (1472), mentre rimediamo ad una omissione del numero di maggio, dicendo che il disegno di Bruno Antonello in copertina era ripreso da "La strada della croce" di U.Vivarelli (Ed.C.e.n.s. 1984). Ma perché l'idea di tornare al Sinodo di Firenze del 1988-1992? Non perché abbiamo titolo per celebrarlo, ma perché torni ad essere memoria e coscienza viva di chiesa, per la sua innegabile proiezione profetica. Un vero "segno dei tempi" che sembra tramontato nell’universo clericale egemone. Ma non è giusto che venga dimenticato e disatteso da chi vi vede un fondamento e un documento di identità del Popolo di Dio, e quindi un motivo di impegno di “Chiesa sinodale”. Non è questione di grandi numeri e di alti proclami: è solo questione che due o tre decidano di farne il vademecum del servizio del vangelo e della propria vita ecclesiale. Chi lo ha vissuto e sofferto, può ritrovarsi a dire insieme: “Questo è il nostro manifesto”, una piattaforma di confronto e motivo di ripresa della "rivoluzione copernicana", che manca di interpreti e soggetti ecclesiali convinti e decisi.
In questa ottica, abbiamo già ricordato il Card. M.Pellegrino e la sua lettera pastorale "Camminare insieme". Il Sinodo fiorentino si pone come la più rilevante iniziativa organica di ricezione e attuazione del Vaticano II. Lasciarlo cadere nel vuoto vuol dire rassegnarsi a ridurre il Concilio ad una lontana eco o semplice bandiera per battaglie che hanno fatto il loro tempo. C'è bisogno di un sussulto di rinnovata responsabilità, in risposta alla irrinunciabile “conversione pastorale” invocata da Papa Francesco: voi che ci avete creduto e ci credete, unitevi!
Bastano questi accenni per capire che riaprire quel cantiere di 30 anni fa ci fa ritrovare nel vivo delle situazioni attuali, magari sempre più soli, ma con una carta da giocare non più sospetta. Tra le linee progettuali volute dal Card. Silvano Piovanelli e dall’allora segretario generale del Sinodo don Vincenzo Savio non mancava l’intento di investire sulle esperienze marginali o emarginate presenti nella Chiesa di Firenze, che non sembrano mancare: sapranno trovare la convinzione ed avere la disponibilità per riprendere il loro "cammino sinodale" nella linea del Vaticano II?



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