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Con tutte le cautele possibili e senza eccessive attese, vogliamo rallegrarci del semplice fatto che un Sinodo sia stato varato, comunque lo si voglia intendere. Potersi interrogare su di esso e i suoi possibili percorsi è la garanzia che ci muoviamo in campo aperto, per fare le nostre scelte e prendere le nostre decisioni. È un'opportunità da non sprecare, perché potrebbe essere l’ultima spiaggia per un salto di qualità del Vaticano II.
Tutto nasce in maniera sofferta dietro un reiterato invito del Papa, che peraltro non ha fatto mancare le sue indicazioni sugli orientamenti da prendere, sollecitando la partecipazione dal basso, non come concessione o a chiamata, ma come assunzione ed esercizio di una propria responsabilità e iniziativa. Proprio su questo si giocherà il senso del cammino intrapreso: se sia un'operazione interna di autoregolazione pastorale, o voglia essere uno scatto di “conversione pastorale” nella linea della “rivoluzione copernicana” del Vaticano II, di cui farsi carico!
È una questione di convinzione e di decisione, stando a quanto Papa Francesco suggerisce e soprattutto a quanto ci ha lasciato in eredità Papa Giovanni XXIII: non è bastato un Concilio ecumenico per dare vita ad una chiesa che sia primariamente veicolo di vangelo nel suo stesso modo di essere prima che come magistero.
I simboli evangelici degli otri e del vino nuovo aiutano a decifrare la situazione. Sono il criterio di discernimento per il cammino da fare: il vino nuovo prodotto dal Vaticano II non possiamo continuare a versarlo in otri vecchi di mentalità, stili di vita cristiana e prassi pastorali datati. Così come, del resto, non possiamo presumere di far passare per vino nuovo quanto mettiamo di vecchio in otri aggiornati. Ci vuole un equilibrio dinamico. Bisogna che sia nuovo il vino, ma al tempo stesso guardare di procurare anche otri nuovi!



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