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Nella vignetta di Renato Scianò abbiamo sotto gli occhi un'Italia smarrita, che si interroga sull’esito della partita che sta giocando; ma che è anche interrogativo a se stessa. Interrogativo a cui tutti siamo chiamati a dare risposta, al di là di palliativi populisti, nazionalisti o autoritari propinati da curatori politici interessati più a vendere i propri rimedi che a prendersi cura del malato. C'è una provocazione di Massimo Cacciari che chiama in causa direttamente Chiesa e cristiani: "I cattolici hanno rappresentato per il Paese un valore determinante di vita civile. È sparito tutto questo?".
Se nel passato la Chiesa ha esercitato un ruolo politico perfino eccessivo, volersene ora emendare non può diventare il pretesto per dispensare i credenti da una responsabilità storica e per riportare la fede in ambito puramente sacrale. Il nodo da sciogliere dunque rimane quello della laicità del credere come nuova coscienza dell'intero Popolo di Dio: l'impegno nel mondo e per il mondo, prima d'essere carisma e compito specifico di alcuni, è prerogativa e responsabilità di tutti i credenti.
Per essi, una coscienza politica non può essere appendice o surrogato di una fede vissuta altrove, ma ne è una dimensione vitale. E se per secoli questo compito è stato assolto nella forma di potere regale e imperiale - il cesaropapismo o simili - ora deve trovare le vie della partecipazione e del servizio: non sarebbe il caso di riprendere in mano la Pacem in terris, e magari proclamare un anno di studio e di riflessione politica per le comunità ecclesiali?
Se abbiamo osato lanciare la proposta Kairòs-Italia non è perché abbiamo una ricetta da applicare e neanche per aumentare le numerose soluzioni ideali in circolazione. È per lasciarci interpellare dal "caso-Italia" e favorire dal basso quella maturazione della fede in Cristo che sappia cogliere le opportunità che il Paese offre e sia rilevante ed orientativa per il suo destino storico. Che è poi il nostro!


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