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L’incendio di Notre-Dame avvalora tragicamente il richiamo all’Europa delle cattedrali come scenario storico da cui stiamo uscendo da secoli per andare verso una Europa alla ricerca di se stessa: infatti, mentre un tempo, anche senza volerlo, si poteva parlare di unità europea come civiltà, siamo ormai al punto che, pur volendosi unita, l’Europa sembra andare verso derive laceranti, senza più una vocazione storica condivisa.
Prima ancora di questo triste evento, come emblema della congiuntura che stiamo vivendo avevamo già fatto ricorso alla immagine di una cattedrale, quella di Chartres, dipinta da Bruno Antonello e inserita nel ciclo “L’Europa delle cattedrali” in mostra a Pistoia nel 2003: e se da una parte la scacchiera di base può far pensare che oggi i giochi sono altri, dall’altra noi vogliamo continuare a pensare che tutto sia invece ancora in gioco. L’Europa ci sta davanti come banco di prova di una ritrovata creatività dello spirito. Non è questione di difendere passate eredità e dividersi le spoglie, ma di dimostrare la capacità di generare nuova civiltà, qualcosa che può avvenire solo se prima di tutto si crede nelle potenzialità di cui disponiamo. E se decidiamo di guardare avanti più che indietro!
È qui che entra in gioco il vangelo come “potenza di Dio”, e chiunque è chiamato a farsene strumento.
È questione soltanto di scommetterci, al di là di nostalgici rifacimenti o recuperi di forme rassicuranti, che impediscono la libertà di proiettarsi nel futuro. Questo vorrebbe dire abbandonare ogni volontà di pura sopravvivenza, per farsi liberamente “servi di Gesù Cristo” e del suo vangelo. Dobbiamo ancora trovare il coraggio e il modo di dire “Gesù è il Signore” in maniera credibile e significativa al di fuori di circuiti chiusi. Del resto non si recupera il ritardo di 200 anni tornando alle “radici cristiane” dell’Europa, o riproponendo mondi tramontati, ma solo tentando quel “balzo in avanti” a cui Giovanni XXIII ha invitato un bel giorno tutta la chiesa.


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