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L’immagine di M.Chagall rappresenta la vocazione di Ezechiele ma al tempo stesso è emblematica della Parola di Dio rivolta all’uomo. Per noi vuole esprimere quella riscoperta del Vangelo a cui Papa Francesco invitava in un discorso alla delegazione ecumenica della Finlandia il 19 gennaio 2017.
Il vangelo in effetti rimane quel fatto assolutamente inedito che va sempre riscoperto e compreso, senza poterlo mai esaurire. In realtà si tratta del tesoro nascosto nel campo o della dramma perduta e ritrovata: possiamo provare a rallegrarcene prima ancora di qualunque uso se ne voglia fare?
La spinta propulsiva che ci fa andare avanti ci porta a ripetere: “Guai a me se non annuncio il vangelo”. All’origine della nostra avventura c’è come una chiamata a “predicare il vangelo” come motivo di vita, e dopo tante disavventure questa volontà è sempre più vincolante, per quanto si presenti come “stoltezza” tutta in perdita. Rimane il fatto che proprio il vangelo – che non può essere disgiunto dal “credere” e dal “predicare” – è e deve ridiventare la perla preziosa per acquistare la quale tutto il resto va venduto. Si capisce allora Paolo quando dice: “Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo” (Fil 3,8). “Predicare il vangelo” è una spiritualità e uno stile di vita prima ancora che prassi pastorale!
Ma proprio per la sua irriducibile centralità, il vangelo rimane “segno di contraddizione” , tutt’altro che principio di omologazione e di buonismo, tanto è vero che solo chi si fa violenza lo può fare proprio ed entrare per questa porta stretta. Se ripartiamo da qui, tutto il resto va messo tra parentesi, in attesa di venire recuperato in maniera più viva. Altrimenti non facciamo altro che manipolare il materiale di sempre e di riporto.


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