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Il mistero della Pasqua vogliamo riviverlo attraverso le poche parole del Beato Pierre Claverie. Ed è in questa luce che si presenta ai nostri occhi la chiesa nel suo cammino storico. Il disegno di Giovanni Michelucci, che prefigura la “chiesa dell’autostrada”, ci ricorda che non si tratta di spazi da occupare, ma di processi da sviluppare: siamo proiettati nel futuro prima che essere proiezione del passato. In questo senso andrebbe colto come segnale di marcia il numero 4/18 di Concilium, dedicato appunto a “La Chiesa del futuro”, purché non sia un nuovo capitolo nel libro dei sogni, ma diventi motivo di discernimento e movente di impegno per uscire dal guado in cui ci stiamo attardando o annaspando ed uscire allo scoperto.
Indicazioni di orientamento in tal senso le offre soprattutto Massimo Faggioli nel suo articolo “La chiesa del futuro: prospettive storiche e sociologiche”. Egli infatti si chiede “se il concilio Vaticano II ha soltanto chiuso il periodo tridentino precedente, inaugurando non un’epoca nuova ma solo una transizione verso un nuovo periodo non ancora realizzatosi”. E ci ricorda che da paradigmi di chiesa unitaria e uniforme siamo passati a modelli di “pluriformità teologica, culturale e sociale non solo de facto, ma anche de iure”. E così apre la prospettiva di “un diverso post-concilio o di un secondo ‘post-oconcilio’, che si apre con la transizione dei leader conciliari alla generazione dei cattolici nati e cresciuti nel post-concilio”.
Sono queste le direttrici che animano questo numero di Koinonia, ma che soprattutto orientano il cammino per il nostro domani – se ci è dato -, nel tentativo di passare il testimone della Chiesa del futuro a quanti sono chiamati ad essere nuovo Popolo di Dio: sì, la Chiesa delle genti!


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